Tag: aggettivo

Làrje

Làrje agg. e s.m. = Largo

Làrje, inteso come aggettivo, si riferisce a qlcs di esteso nel senso della larghezza.

Quant’jì làrje ‘stu corridöje = Com’è largo questo corridoio!
Quèsta stréte jì làrje = Questa strada è larga.

Quando è inteso come sostantivo si intende il mare lontano dalla riva o uno spazio esteso.

Ce vedüme ammjizze ‘u làrje d’a chjisa grànne = Ci vedremo in mezzo al largo della Chiesa Grande (Chiesa Madre=Cattedrale). Ossia ci diamo appuntamento in Piazza Duomo, ora Piazza Papa Giovanni XXIII. Bastava anche dire soltanto ammjizze ‘u làrje per capire che, per antonomasia, si intendeva quello della Duomo.

Il concetto “al largo” può essere anche figurato:

Va chéche au làrje = Gira al largo. Sta lontano da me.

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Lardüse

Lardüse agg. e s.m. = Sozzo. Presuntuoso

1) Lardüse = sporco, untuoso, pieno di macchie di grasso.

2) Lardüse = Presuntuoso. Credo che ‘lardo’ possa essere l’origine plausibile anche di lardüse: (pres)untuoso (untuoso come il lardo), quindi non gradevole.

Definizione di lardüse: Chi (sost.), o che (agg.) dà un senso di fastidio per il suo modo di agire da sbruffone, saccente, smargiasso, gradasso.

Lui vuole stare sempre al centro dell’attenzione.
Nen danne avedènze a códdu lardüse = Non dar retta a quello sbruffone.

Si dà delle arie e ritiene che tutti gli altri abitatori della Terra siano suoi inferiori e subalterni.
Códde jì proprje ‘nu lardüse = Costui è proprio uno sbruffone.

In fondo è patetico, perché non si rende conto della sua stronzaggine (la sua prerogativa ad eleggersi “cilindro di merda”, e scusate il neologismo).

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Jurgéte

Jurgéte agg. = Sazio satollo, soddisfatto

Rare volte l’aggettivo viene anche pronunciato urgéte ma solo quando non è preceduto da vocale sonora: tutt’urgétetutta jurgete

Una volta, quando i lavori di aratura non erano meccanizzati, si adoperava il cavallo attaccato all’aratro.

Poiché il lavoro durava tutta la giornata, la povera bestia ad un certo punto si sfiaccava. Allora per ottenerne la prestazione di un certo livello, l’aratore alla solita paglia aggiungeva anche alcune “misure” di orzo.

Quindi da questo orzo = l’ùrge è derivata l’aggettivo jurgéte, come se in italiano si dicesse “orzato”, ossia arricchito di orzo.

Figuratamente, riferito a persone jurgéte, si intende dire che costoro hanno materialmente mangiato a sazietà, oppure che hanno ricevuto bustarelle secondo il diffuso malvezzo italiano, e perciò si aspetta di ottererne i favori e le raccomandazioni.

Ringrazio il lettore Enzo Renato, mio prezioso ed inesauribile suggeritore, per i suoi innumerevoli interventi su FB.

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Jògge

1) Jògge avv.= Oggi, questo stesso giorno; può comprendere anche un tempo più esteso della giornata odierna, per indicare questa nostra epoca, in questi nostri tempi.

Ai tjimbe de jògge = oggidì, oggigiorno.

2) Jògge s.m. = Il pomeriggio. Parte in cui si divide la giornata.

Véche a fatjé ‘a matüne e ‘u jògge = Vado a lavorale la mattina e il pomeriggio.

Per evitare confusioni talora si usa la locuzione döpe mangéte= dopo pranzo.

Jògge tènghe da fatejé ‘a matüne e ‘u döpe mangéte = Oggi ho da lavorare la mattina e il pomeriggio

Qualcuno, sempre per riferirsi al pomeriggio, dice döpe-mangéte o anche döpe-mangéje = dopo il mangiare, dopo pranzo.

 

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Jìndrechése

Jìndrechése agg. = casereccio, genuino

Alla lettera l’aggettivo significa “dentro casa”

Il prodotto “fatto in casa” è generalmente quello alimentare (salame, pane, orecchiette, sottaceti e sottoli, ecc.), ed è sinonimo di genuinità per la cura prestata nella scelta delle materie prime (carni, farina, ortaggi, olio, ecc.).

Vù assapré stu péne jìndrechése? = Vuoi assaggiare questo pane casereccio (fatto in casa)?

Per estensione jìndrechése può anche essere un commercio senza licenza di ortaggi e frutta di produzione propria (cicorie, fichi, scarole, fichidindia, uova, ricotta, ecc.)

Giuannüne vènne i pemedurjille jìndrechése = Giovannina vende i pomodorini di sua produzione.

Sò saprüte ‘sti scavetatjille! Che sò jìndrechése? No, sò accattéte. = Sono gustosi questi biscotti al finocchietto! Sono fatti in casa? No sono di quelli comperati in negozio.

Ecco, i prodotti accattéte = acquistati, già confezionati da altri – per i quali si usa la locuzione belle e fatte – non possono mai competere con quelli caserecci fatti in casa dalle nostre brave massaie.

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Jàsceme

Jàsceme agg. = Azzimo

Il pane è azzimo quando non è lievitato.

Usato dagli Ebrei durante il periodo pasquale. Era una specie di piadina romagnola, cotto sulla piastra, senza sale e senza lievito e senza condimento. Quella almeno contiene un po’ di sugna che le dà morbidezza e fragranza.

Da il pane era ritenuto jàsceme quando la lievitazione non avveniva perfettamente, o perché la temperatura ambiente era troppo bassa, o perché il tempo intercorso fra la lavorazione dell’impasto e l’infornatura era stato troppo breve e non aveva consentito al lievito di agire compiutamente.

Il pane in questo caso, a fine cottura risultava basso, pesante, con pochi buchi e indigesto.

Insomma si mangiava lo stesso proprio per non buttare la grazia di Dio.

Ho parlato al passato perché oggigiorno nessuno più fa il pane in casa (almeno nelle gigantesche pagnotte da 5 kg), nemmeno nei paesini del Sub-Appennino Dauno.

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Jamére

Jamére agg. = Amaro

Amaro, che ha sapore contrario al dolce, come la china, il fiele, il caffé non zuccherato.

Mel Bar Monticchio, entro barcollando un tizio mezzo ubriaco, e per farsi passare i fumi dell’alcol, dietro consiglio di un amico, ordinò in italiano: “Ciccillo, per piacere, fammi un caffé tutto jamaro!”. Beh, non è italiano “jamaro”?

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Grasciüse

Grasciüse agg. = Munifico, abbondante, copioso.

Abbondante, generoso nel dare, non avaro, senza mezze misure.

Al femminile fa grasciöse

Deriva da (clicca→) grasce = abbondanza, generosità.

Jògge ha cucenéte saléte. Si’ grasciöse a séle! = Oggi hai cucinato salato. Sei generosa col sale!

Quando mia madre, con l’ugghjarüle (= oliera), condiva l’insalata o il pesce bollito in bianco, immancabilmente papà esclamava: sì grasciöse jògge! = oggi sei sovrabbondante!

Non so dire se quella frase era un rimprovero per l’eccessivo olio erogato (attenti agli sprechi!), oppure, ironicamente, un invito ad aggiungerne ancora, perché la quantità dispensata era ritenuta troppo esigua.

Lo stesso concetto è espresso dalla locuzione a ggrasce = in abbondanza, senza alcuna restrizione.

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Grannezzüse

Grannezzüse agg. = Borioso, vanaglorioso

Che è arrogante e altezzoso, e mostra accentuata mania di grandezza.

Ostenta spocchia e superbia in ogni circostanza.

Considera con disprezzo gli altri, ritenendosi superiore a loro.

Insomma un antipatico a prima vista.

Deriva da grande, grandezza.

Al femminile fa grannezzöse.

Sinonimo: vandasciòtte

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Giargianöse

Giargianöse agg. = Strambo

Riferito specialmente a un modo di parlare incomprensibile e confuso.

Giargianöse è il corrispondente parlato della brutta grafia, ovvero che denota un modo di parlare orribile.

Probabilmente è un’alterazione  di germanöse, germanico,  settentrionale, straniero.
Il termine si è diffuso in tutta Italia, addirittura nel milanese, ove “giargianese” definiva tutti quelli che venivano da fuori, tipo tamarro.
Un’altra corrente di pensiero fa risalire l’aggettivo ai Viggianesi, cioè ai nativi di Viggiano in Basilicata, molti dei quali erano musicisti girovaghi, noti arpisti che si spingevano molto lontano dalla loro provincia.. L’arpa usata da costoro dalla metà e alla fine del XVIII secolo era di dimensioni ridotte rispetto a quella da concerto e non aveva pedali.
Figuratevi quanto poteva essere comprensibile un dialetto dell’entroterra lucano alle orecchie di un cittadino lombardo o piemontese.

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