Spessedüte agg. = Inefficace
Aggettivo riferito principalmente a farmaci che non posseggono più la loro efficacia, perché scaduti.
Il Prof. Michele Ciliberti mi ha gentilmente fornito l’etimologia del termine. Anche questo è derivato dal latino ex potior, che significa “non avere più potere”, quindi anche “scadere”.
L’aggettivo spessedüte si riferisce anche a cibi, aromi, bevande, gesso, cemento conservati per lunghissimo tempo e che si sospetta che non siano più buoni.
Specificamente per gesso e cemento in italiano si dice “spresato” oppure “snervato”, cioè che non è più in grado di idratarsi, di fare presa, di indurire.
Per gli altri prodotti si possono usare dei sinonimi: inefficace, avariato, guasto, o altro. Ma il nostro “spessedüte” (che ha perduto la sua efficacia) è sicuramente più immediato e universale.
Quando io ero monello, assieme a un a gruppetto di ragazzini vivaci, andavamo a burlare il bravo farmacista don Carlo Giornetti in Corso Roma, gridando dalla strada verso l’interno della Farmacia: -“Don Carlüne, Don Carlüne, vènne i medeciüne spessedüte!” = Don Carlino vendei farmaci scaduti!
Immediatamente poi ce la davamo a gambe, temendo una sua reazione, che in verità non c’è mai stata, perché don Carlino Giornetti era un vero signore d’altri tempi.
Chiunque altro esercente si sarebbe precipitato da dietro il bancone fin sull’uscio del negozio ed avrebbe graziosamente urlato contro di noi fuggiaschi qualche colorito improperio [“ghjachiv’è mùrte e stramurte, ‘sti fij-de-zòcchele!”, ecc.] ma Don Carlino no, per merito della sua indole bonaria e del suo stile di gran signore. Me lo immagino addirittura con un mezzo sorriso in risposta alla nostra bravata…
La signorilità dei Giornetti è prerogativa anche dei suoi nipoti fino ai giorni nostri.
Noi, non meno monelli, entravamo nella farmacia e chiedevamo una cartina di “rumóre carrózze” e pó vattelufrìche,…. di corsa….