Abbelì

Abbelì  v.t. = stremare, abbattere, stancare, svilire

Accettabile anche la versione abbelìsce = affaticare.

Esiste la forma riflessiva abbelìrece = stancarsi, abbattersi
Me sò abbelüte = mi sono spossato, sfibrato.

Come sinonimo si usa anche dire: me sò arrennüte = mi sono arreso, non ho più forza di proseguire.

Probabile origine del verbo avvilire, nel senso di abbattere, estenuare,  con la solita influenza spagnola della “v” che diventa “b” o viceversa (barbiere/varvjire, braccio/vrazze, carbone/carvöne, ecc.).

Mi ha divertito recentemente sentire una signora che, evidentemente stanca della vivacità del suo frugoletto, ha esclamato in italiano: «E basta! Oggi  mi hai abbilita bella bella

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Nghjüde

’Nghiüde v.t. = Rinchiudere,
Deriuva dal latino in+cluder.
Specificamente, ricoverare in manicomio; mettere in collegio o in convento.

Accettabile, anche se più rara, la versione ‘nchjüdì

Puverèlle, l’anne ‘nchjüse pecchè nun putöve sté cchjó alla chése = Poverina l’hanno rinchiusa (in manicomio) perché non poteva rimanere più in casa (violenta per schizofrenia).

Da uagnöne so stéte trìste assé, e m’anne ‘nghjüse jìnd’u collègge. = Da ragazzino sono stato troppo irrequieto e mi hanno messo in collegio.

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La növa marzajöle düre quande l’amöre tra la sògre e la nöre

La növa marzajöle düre quande l’amöre tra la sògre e la nöre proverbio

La neve di marzo dura poco, quanto dura l’amore fra la suocera e la nuora, praticamente un tempo brevissimo.

Ovviamente sulla durata dell’affetto tra suocera e nuora permettetemi di evidenziare le splendide eccezioni a questo luogo comune che le vedrebbe sempre in contrasto tra di loro, come la lima e la raspa.

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Ngreddàrece

Ngreddàrece v.intr. = Indirizzirsi, prendere freddo

Un verbo che viene usato ormai solo dagli anziani, perché sta andando in disuso, come il sinonimo chjetràrece, soppiantato dal più sbrigativo gelàrece,

C’è un secondo significato. Il verbo transitivo ngreddé ad uso dei cacciatori per indicare l’atto di sollevare il cane (percussore) prima di premere il grilletto dello schioppo.
Allora le armi da fuoco, compresi i fucili da caccia, non erano automatiche, e bisognava, prima di sparare, sollevare manualmente il percussore.
Penso che proprio il grilletto abbia dato il nome al meccanismo grilletto-cane e al verbo ngreddé che corrisponde al verbo ingrillare ormai in disuso (cfr. Grande Dizionario della lingua italiana)

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Sfelamé

Sfelamé v.t. Bramare

Il significato principale è: bramare, desiderare ardentemente, smaniare, struggersi.

Viene usato anche nella forma sfalamàrece. In questo caso significa: affliggersi, crucciarsi, dispiacersi, dolersi. affannarsi in una ricerca infruttuosa.

Insomma in ogni caso non si è potuto calmare la “fame” di qualcosa, non c’è alcun soddisfacimento, né per la mente, né per i sensi.

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Arrunzé

Arrunzé v.tr. = Arrangiare

Il verbo arrunzé credo che sia una corruzione di arrangiare.
Il “Caratù-Rinaldi” dice che ha tre significati.
Cito testualmente: 
«1 – rimproverare duramente; 
2 – rimediare, rubacchiare qualcosa per sopravvivere, arraffare tutto ciò che si ha a portata di mano;
 3 – abborracciare»    ossia raffazzonare, rabberciare, arrangiare, accomodare alla meglio, ecc.

Il “Treccani” accetta anche la voce regionale “arronzare” col significato di fare qualcosa male e in fretta.

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Criócce

Criócce s.m. = Nidiata di fanciulli

Ho spiegato meglio nell’altro articolo, quando ho illustrato il termine criatüre.
Vi rimando su quello, pregandovi di cliccare qui

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Rózzene

Rózzene s.f. = Ruggine, ossido

Deriva dal latino aerūgo -gĭnis, propriammente nel significato di: dare origine.

L’ossido si crea quando il ferro è a contatto con l’ossigeno, sia quello dell’aria, sia quello dell’acqua.

Difatti i natanti con lo scafo metallico sono protetti da strati di vernici al minio (antiruggine) per evitarne il contatto con l’acqua marina.

Una nostra locuzione descrive l’avaro come chi sté attacchéte alla rózzene = sta attaccato alla (maniera della) ruggine, nel senso che è radicato ai suoi beni da cui non vuole staccarsi.

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Menuzzagghje

Menuzzagghje s.f. = minuzzaglia

Il nome collettivo minuzzaglia generalmente ha valenza dispregiativa, e descrive una quantità di frammenti, frantumi, minuzzoli di sostanze omogenee o anche eterogenee.

Nel primo caso (omogenee) sono frantumi di una stessa sostanza. Cito ad esempio i frammenti di maccheroni misti, talvolta usati come “pasta corta” nei piatti a base di legumi.

Nel secondo caso (eterogenee) si tratta di minutaglia di sostanze diverse. Vi presento il mio banco da lavoro, sul quale un recipiente contiene ammassati: viti a legno di tutte le misure, dadi e perni, chiodi, puntine da disegno, graffette, fisher, rondelle, punti per cucitrici, guarnizioni, fil di ferro, connettori elettrici, mammut, tubetto semi essiccato di Attak, una lampadina dell’albero di Natale, una matassina di stagno per saldature, ecc.. Un ammasso indescrivibile nel quale però riesco sempre a trovare qualcosa che mi necessita in quel momento.

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