Vìtte, allògge, lavatüre e steratüre

Vìtte, allògge, lavatüre e steratüre

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Alla lettera il significato è comprensibile anche dai non manfredoniani: vitto, alloggio, lavatura e stiratura.

Diciamo che il “servizio completo”  sottintende anche (eventuali) prestazioni extra.

Questa Detto viene pronunciato quando qualcuno approfitta della nostra disponibilità fino a chiedere l’impossibile.

Se si parla di terze persone, il passaggio del termine “steratüre“, viene accompagnato dal un gesto della mano serrata a pugno, come se maneggiasse il ferro da stiro sopra l’asse, scorrendo a destra e sinistra

Se poi l’allusione è esplicitamente di carattere sessuale, il termine stiratüre, pronunciato dopo una sapiente e significativa pausa dopo lavatüre, il pugno fa un altro movimento, come se si dovesse grattugiare il formaggio. Spero di non essere sfociato nella volgarità. Ma questo è l’uso che si fa della locuzione dialettale.

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Vìste e nen vìste

Vìste e nen vìste loc.avv. = Fugacemente, velocemente, rapidamente.

Quiesta locuzione avverbiale spesso è riferita a una persona che si intrattiene per poco tempo e poi sparisce dalla cerchia.

Mattöje jì’ venüte a lecènze: viste e nen viste = Mattera è venuto in licenza: si è solo intravisto un momento, e poi è ripartito.

Si riferisce anche anche a certe sparizioni prodigiose: ad esempio, ai dolcetti posti su un vassoio in mezzo al tavolo e letteralmente presi d’assalto dai convitati, i pasticcini vengono divorati da quei bontemponi in un lampo: ora li vedi e ora non più. Visti e spariti.

Agghje mìsse ‘na guandjire de pàste söpe ‘a tavele: ànne fatte viste e nen viste. = Ho posto un vassoio di dolcetti supra il tavolo: in un attimo si sono volatilizzati

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Vìrze

Vìrze s.m. = Verro

Maiale, robusto, sano, destinato alla riproduzione.

Con lo stesso termine i cacciatori indicano il maschio del cinghiale.

Figuratamente vìrze è detto il giovanotto aitante (“aiutante”, come direbbe Totò), ben dotato, e molto sensibile verso l’altro sesso. Talora è definito vìrze anche solo la sua appendice anatomica, efficiente come quella del porco da monta.

Sono i bollenti spiriti della verde età, gli ormoni in sovrannumero, che causano questa naturale eccitabilità giovanile.

Altri soggetti, avanti con gli anni, ricorrono ad artifici (pillolette blu o a polverine bianche) ed ingaggiano le escort per i loro incontri bungheschi. Scusate il neologismo.

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Vìnghje

Vìnghje s.m. = Vinco, virgulto, vimine, vermena.

Si può chiamare anche ‘u vìgne e u vignetjille, o vìnghjetjille.

Ramoscello giovane, flessibile, di ulivo defogliato o di salice, o di altra pianta legnosa. Opportunamente intrecciato dà forma a panieri, canestri, rivestimenti di damigiana. All’occorrenza, anche per dare una scudisciata nelle gambe del cane per scacciarlo, o dell’asino per incitarlo, certi di non arrecare troppo dolore nelle bestie.

Da “vinco” deriva il termine un po’ misterioso di vincastro, ascoltato nel Salmo 23, inteso in senso protettivo riferito al Buon Pastore.
Infattii il vincastro è un ramo di salice da vimini (salix viminalis) utilizzato principalmente dal pastore per guidare il gregge, ma anche per allontanare dalle pecore animali come cani randagi o lupi.

In italiano si può tradurre, quando specificamente ‘u vìnghje è di olivo, anche con succhione o pollone.

Una volta un giovane agronomo di Manfredonia, chiamato per una consulenza, volle mettere alla prova un olivicultore di Macchia, e gli chiese attraversando con lui il suo uliveto:
– Cosa sono questi?
Il brav’uomo li chiamò come aveva sempre fatto: – ‘i lüpe!
-No! – rispose il saputello – questi sono i succhioni!
L’arguto vecchietto rispose: Sì, ma pe’ mè so sèmbe ‘i lüpe!

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Vindezzüle

Vindezzüle s.m. = venticello

In termine era usato dagli artigiani, dai pastori e dai coltivatori, insomma dai terricoli.

Gli uomini di mare invece adoperavano una miriade di nomi per i venti, perché li sapevano classificare dalla direzione e dall’intensità di ognuno di essi.

Dal vento, in epoca di navigazione remo-velica, dipendeva addirittura la loro sopravvivenza.

‘U vindezzüle sulla terraferma spira a velocità moderata ed arreca frescura nei pomeriggi estivi, non importa da quale direzioni spiri. Però è insidioso, specie quando si è sudati.

Allora le premurose mamme ci dicevano: “Statte attjinde a ‘stu vindezzüle” = Sta’ attento a questo venticello (perché può nuocere alla tua salute, visto che sei tutto sudato)

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Vigne

Vìgne s.f.s.m. = Vigna, vimine

1) ‘U vigne, s,m, = Vimine, ramo flessibile di alcune specie di salice, privato della corteccia e adoperato per lavori d’intreccio, spec. artigianali per fare canestri. Dim. vignetjille. Può anche chiamarsi vinghje.(←clicca).

2) ‘A vìgne s.f. = Vigna, terreno coltivato a vite; insieme delle viti che vi sono coltivate.

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Vìcce

Vìcce s.f. = Tacchino

Il tacchino (Meleagris Gallopavo) è un gallinaceo domestico, originario dal nord America.
È caratterizzato da testa e collo nudi, con bargigli rossi che pendono, penne nerastre. I maschi possono allargare la coda a ruota. Infatti Linneo lo chiamò “Gallopavo“, ossia gallo-pavone

Per invitare il piumato animale a mostrare la sua ruota, i bambini gli gridavano, a debita distanza: Vìccja-vi’, fa’ la segnöre, glu glu glu glu! = Tacchino, tacchi’, fa’ la signora, glu glu glu glu!

Ovviamente la ruota la faceva quando piaceva a lui…

I piccoli del tacchino sono chiamati vicciarjille.

Quando qualcuno mangia una minestra, e ama raccogliere fino all’ultima goccia di brodo o di sugo, suscita una domanda spontanea: che, ha da allatté i vicciarjille? = che, devi allattare i tacchinelli?
È un autentico sfottò, specie perché i tacchini non sono mammiferi, e che quindi non allattano i loro piccoli.

Il chiarissimo Prof. Michele Ciliberti – che ringrazio pubblicamente – mi ha gentilmente fornito l’etimologia di questo sostantivo:

«Il nome “vicce” in dialetto è promiscuo, cioè indica sia il maschio sia la femmina.
Prima di dare l’etimologia del nome, occorre fare una considerazione di carattere storico: tale animale è stato importato in Europa dopo la scoperta delle Americhe. 
Nel XVI secolo il latino era la lingua della Scienza e della Chiesa, per cui a livello volgare spesso veniva utilizzato in modo del tutto approssimativo.
Infatti, per indicare questo nuovo animale , ispirati dal suo piumaggio, si è utilizzato il sostantivo latino “bombjcem“. Il nostro dialetto ha utilizzato solo la seconda parte del nome “bjcem” (la “b” si è trasformata in “v” come in tante altre parole tipo barca – varca, bocca-vocca ecc.). Il nome “bombjcem” in latino significa “veste di seta”, infatti così appariva il piumaggio dell’animale.»

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Vianöve

Vianöve s.f. = Carreggiata stradale bitumata.

Alla lettera significa “via nuova”.

Hanne fàtte ‘u scòndre söpe a vianöve de Sepònde = C’è stato un incidente stradale (hanno fatto uno scontro) sulla strada di Siponto.

Agli inizi degli anni ’50 l’unica strada asfaltata era la S.S.89 Garganica che attraversava tutta Manfredonia. Poi vi erano quelle (poche) lastricate con pietra vulcanica: Corso Manfredi, Corso Roma, Via Maddalena e le loro traverse. Tutte le altre vie cittadine erano di terra battuta, irregolari, da cui affioravano sovente rocce calcaree bianche. Lascio immaginare a voi come diventavano queste con la pioggia…

Quindi la ‘via nuova’ cittadina era anche chiamata l’asfàlde = l’asfalto, dal nome della prima sostanza (roccia impregnata naturalmente di bitume) usata per rivestire il manto stradale (detto MacAdam cementato). Successivamente si è usato il catrame (instabile all’aumento termico) e ora il bitume, ricavati dalla distillazione del petrolio greggio.

Penso che il termine vianöve derivi dal fatto che per stendere la carreggiata, la strada dev’essere sbriciolata e rifatta di nuovo.

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Vèvete

Vèvete s.f. = Bevuta

L’azione di bere per dissetarsi.

Tènghe ‘n’ arsüre, fàmme fé ‘na vèveta d’acque = Ho un’arsura! Fammi fare una bevuta d’acqua!

Ora si preferisce dire bevüte.

Ce süme fatte ‘na bevüte de vüne dòlece= Ci siamo fatti una bevuta di vino dolce.

Ma io sono un po’ tradizionalista e quoto per vèvete.

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