Vendelatòrje

Vendelatòrje s.m. = Ventaccio, vento impetuoso.

Accettabile la pronuncia  vindelatòrje, in assonanza con vinde (curiosamente somigliante all’inglese  wind)

Vento intenso. Tempo molto ventilato persistente e duraturo.

Quando l’attività di pesca avveniva con barche a propulsione remo-velica, con queste condizioni i marinai non si avventuravano in mare perché con il vento impetuoso essa diventava molto rischiosa.

Addu jì ca ve ne jéte pe ‘stu sorte de vendelatòrje? = Dov’è che ve ne andate con questo spaventoso ventaccio?

‘U vendelatòrje stanotte ho menéte ‘ndèrre tutte l’àrve abbàsce a mére = Il ventaccio di stanotte ha abbattuto tutti gli alberi del lungomare.

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Vjinde

Vjinde s.m. = Vento

Spostamento di masse d’aria per differenze di temperatura e di pressione che si determinano fra una zona e l’altra dell’atmosfera.

Per dire che il vento soffia, si usano i verbi vutté = spingere, mené = menare, teré = tirare.

Jògge votte ‘u vjinde = Oggi soffia il vento

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Vìtte, allògge, lavatüre e steratüre

Vìtte, allògge, lavatüre e steratüre

Alla lettera il significato è comprensibile anche dai non manfredoniani: vitto, alloggio, lavatura e stiratura.

Diciamo che il “servizio completo”  sottintende anche (eventuali) prestazioni extra.

Questa Detto viene pronunciato quando qualcuno approfitta della nostra disponibilità fino a chiedere l’impossibile.

Se si parla di terze persone, il passaggio del termine “steratüre“, viene accompagnato dal un gesto della mano serrata a pugno, come se maneggiasse il ferro da stiro sopra l’asse, scorrendo a destra e sinistra

Se poi l’allusione è esplicitamente di carattere sessuale, il termine stiratüre, pronunciato dopo una sapiente e significativa pausa dopo lavatüre, il pugno fa un altro movimento, come se si dovesse grattugiare il formaggio. Spero di non essere sfociato nella volgarità. Ma questo è l’uso che si fa della locuzione dialettale.

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Vìste e nen vìste

Vìste e nen vìste loc.avv. = Fugacemente, velocemente, rapidamente.

Quiesta locuzione avverbiale spesso è riferita a una persona che si intrattiene per poco tempo e poi sparisce dalla cerchia.

Mattöje jì’ venüte a lecènze: viste e nen viste = Mattera è venuto in licenza: si è solo intravisto un momento, e poi è ripartito.

Si riferisce anche anche a certe sparizioni prodigiose: ad esempio, ai dolcetti posti su un vassoio in mezzo al tavolo e letteralmente presi d’assalto dai convitati, i pasticcini vengono divorati da quei bontemponi in un lampo: ora li vedi e ora non più. Visti e spariti.

Agghje mìsse ‘na guandjire de pàste söpe ‘a tavele: ànne fatte viste e nen viste. = Ho posto un vassoio di dolcetti supra il tavolo: in un attimo si sono volatilizzati

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Vìrze

Vìrze s.m. = Verro

Maiale, robusto, sano, destinato alla riproduzione.

Con lo stesso termine i cacciatori indicano il maschio del cinghiale.

Figuratamente vìrze è detto il giovanotto aitante (“aiutante”, come direbbe Totò), ben dotato, e molto sensibile verso l’altro sesso. Talora è definito vìrze anche solo la sua appendice anatomica, efficiente come quella del porco da monta.

Sono i bollenti spiriti della verde età, gli ormoni in sovrannumero, che causano questa naturale eccitabilità giovanile.

Altri soggetti, avanti con gli anni, ricorrono ad artifici (pillolette blu o a polverine bianche) ed ingaggiano le escort per i loro incontri bungheschi. Scusate il neologismo.

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Vìnghje

Vìnghje s.m. = Vinco, virgulto, vimine, vermena.

Si può chiamare anche ‘u vìgne e u vignetjille, o vìnghjetjille.

Ramoscello giovane, flessibile, di ulivo defogliato o di salice, o di altra pianta legnosa. Opportunamente intrecciato dà forma a panieri, canestri, rivestimenti di damigiana. All’occorrenza, anche per dare una scudisciata nelle gambe del cane per scacciarlo, o dell’asino per incitarlo, certi di non arrecare troppo dolore nelle bestie.

Da “vinco” deriva il termine un po’ misterioso di vincastro, ascoltato nel Salmo 23, inteso in senso protettivo riferito al Buon Pastore.
Infattii il vincastro è un ramo di salice da vimini (salix viminalis) utilizzato principalmente dal pastore per guidare il gregge, ma anche per allontanare dalle pecore animali come cani randagi o lupi.

In italiano si può tradurre, quando specificamente ‘u vìnghje è di olivo, anche con succhione o pollone.

Una volta un giovane agronomo di Manfredonia, chiamato per una consulenza, volle mettere alla prova un olivicultore di Macchia, e gli chiese attraversando con lui il suo uliveto:
– Cosa sono questi?
Il brav’uomo li chiamò come aveva sempre fatto: – ‘i lüpe!
-No! – rispose il saputello – questi sono i succhioni!
L’arguto vecchietto rispose: Sì, ma pe’ mè so sèmbe ‘i lüpe!

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Vindezzüle

Vindezzüle s.m. = venticello

In termine era usato dagli artigiani, dai pastori e dai coltivatori, insomma dai terricoli.

Gli uomini di mare invece adoperavano una miriade di nomi per i venti, perché li sapevano classificare dalla direzione e dall’intensità di ognuno di essi.

Dal vento, in epoca di navigazione remo-velica, dipendeva addirittura la loro sopravvivenza.

‘U vindezzüle sulla terraferma spira a velocità moderata ed arreca frescura nei pomeriggi estivi, non importa da quale direzioni spiri. Però è insidioso, specie quando si è sudati.

Allora le premurose mamme ci dicevano: “Statte attjinde a ‘stu vindezzüle” = Sta’ attento a questo venticello (perché può nuocere alla tua salute, visto che sei tutto sudato)

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Vigne

Vìgne s.f.s.m. = Vigna, vimine

1) ‘U vigne, s,m, = Vimine, ramo flessibile di alcune specie di salice, privato della corteccia e adoperato per lavori d’intreccio, spec. artigianali per fare canestri. Dim. vignetjille. Può anche chiamarsi vinghje.(←clicca).

2) ‘A vìgne s.f. = Vigna, terreno coltivato a vite; insieme delle viti che vi sono coltivate.

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