Vuchéle

Vuchéle s.m. = Boccale

Grosso recipiente di vetro o terracotta, provvisto di manico usato per contenere e per versare bibite varie: birra, vino, spremute di agrumi, tè e succhi di frutta, magari rinfrescate con dei frammenti di ghiacio. Capacità media di circa un litro.

Esistono dei sinonimi: brocche e caraffe
= brocca e caraffa.

Quest’ultima fino all’Unità d’Italia era una misura di capacità usata nel Regno delle due Sicilie.

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Vuccjire 

Vuccjire s.m. = Beccaio, macellaio

Chi vende la carne delle bestie macellate in una macelleria e anche chi macella le bestie.

Ero convinto che il termine derivasse da vicce = tacchino, e invece ho scoperto che viene dal francese boucher (leggi buscé)= macellaio.

Al femminile, l’addetta al banco di vendita o la moglie del macellaio è detta ‘ a vuccjöre = Macellaia.

Ricordo che la moglie di Pasqualüne ‘u vuccjìre (Pasquale Arena), era chiamata semplicemente Chelüne ‘a vuccjöre = Michelina la macellaia.

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Vucciarüje

Vucciarüje s.f.= Macelleria, beccheria.

Negozio, bottega o reparto di un mercato o di un supermercato adibito alla vendita di carni macellate.

Viene dal francese boucherie (leggi: buscerì)= Macelleria.

Dentro il negozio opera ovviamente ‘u vuccjire detto anche chjanghjire.

Ribadisco. Non mi piace sentire termini  simil-italiano, come l’orribile macèllèrüje.

Se parliamo italiano va bene, ma noi   “parliamomanfredoniano.it” capisci a me!

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Vrüte

Vrüte s.m. = Vetro

Generalmente con vrüte si intende una scheggia di vetro che accidentalmente ha procurato un taglio o si è conficcato sotto pelle.

Infatti per dire il vetro usato per gli infissi, per le bacheche, per le vetrinette, per i quadretti, diciamo ‘u lastre s.m. = la lastra di vetro.

Caramèlle a vrüte
 = Zucchero caramellato. Non si usa più. Le nostre nonne per tenerci buoni ci promettevano questa delizia: facevano sciogliere nella scodellina sul fuoco un pugno di zucchero , e si lo si scolava su un marmo. Raffreddandosi lo zucchero solidificava. Allora le nonne sminuzzavano quasta lastra, ricavandone schegge semitrasparenti, scure, come di vetro, e le distribuivano alla marmaglia.

Oggi si tende ad usare un termine ibrido, italianizzante, ‘u vètre = il vetro.

P’u vüne jì megghje ‘a buttìgghje de vètre = Per (conservare) il vino è meglio (usare) la bottiglia di vetro.

Il vecchiuo vrüte tende a sparire dalla bocca dei giovani.

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Vrùcchele

Vrùcchele s.m. = Broccolo

Broccolo (Brassica oleracea botrytis italica) è una varietà di cavolo con infiorescenza verde meno compatta di quella del cavolfiore.

La parte commestibile è costituita da una grossa infiorescenza centrale (composta da un fascio di ramoscelli con boccioli fiorali) e da germogli secondari di dimensioni più ridotte.

In dialetto non è mai usato al singolare: si dice i vrùcchele. Ora le signore moderne dicono ‘i broccolètte….bah.

In Tedesco si scrive ‘broccoli’, una delle poche parole di provenienza italiana adottate da quella lingua.
Le altre, per curiosità, sono: spaghetti, zucchini, prosciutto, espresso, cappuccino, pizza, e ….mafia.
Tutte specialità italiane!

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Urte ‘i vrìcce 

Urte ‘i vrìcce  toponimo

Il toponimo è stato tradotto un po’ frettolosamente in “Orto delle brecce”.

Siccome non c’è alcuna spaccatura o rottura che giustificherebbe il nome di “breccia”, a mio parere, forse, avrebbe reso meglio il significato se fosse stato indicato come “Orto del brecciame”.
Pare che laggiù il mare depositasse della ghiaia.

Ora la zona  dalle “Case narinare” verso Siponto è stata completamente stravolta. È rimasto solo il nome nella memoria degli anziani.

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Vrìcce

Vrìcce s.f. = pietrisco, brecciame, ghiaia

Etimo: dal latino imbrex imbricis.
Va bene anche la versione vrìccele.; ho sentito dire anche vreccéme= brecciame. a anche vrecciöle = brecciòla

Generalmente è usato al plurale (‘i vrìcce) per indicare genericamente la roccia ridotta in frantumi.

Il brecciame naturale, la ghiaia, (vedi foto) ha forma arrotondata per l’azione erosiva causata dal secolare movimento dell’acqua dei fiumi o del mare.

Quello artificiale, il cosiddetto pietrisco, è spigoloso, perché si ottiene sbriciolando la roccia con un potente frantoio (‘u frandöje). La roccia frantumata viene passata attraverso  grossi vagli rotanti, e viene separata in diverse pezzature.

Gli ingegneri generalmente usano i termini di “finissimo”, “fino”, “sabbione”, “risotto”, “graniglia”, secondo il diametro del granulato.
Una scientifica “curva granulometrica” o “Curva di Füller” determina la percentuale di ingresso delle varie pezzature di aggregato che debbono entrare nella miscela ideale impastare con  acqua per ottenere un buon calcestruzzo.

Il pietrisco così come esce dal frantoio, è detto tecnicamente tout venant. Esso veniva usato, costipato e rullato, quale pavimentazione stradale detta Macadam, in cui le parti fini della stessa roccia fanno da collante. Per le strade di grande traffico si usa in Macadam bitumato.

Il toponimo locale ‘Urte ‘i vrìcce , tradotto un po’ frettolosamente in “Orto delle brecce”, forse avrebbe reso meglio il significato se fosse stato indicato come “Orto del brecciame”

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Vrejògne

Vrejògne s.f.= Vergogna


Accettabile anche la grafia vrjògne.

Sentimento di colpa o di umiliante mortificazione che si prova per un atto o un comportamento, propri o altrui.

Per usare il verbo vergognarsi si usa la locuzione mettìrece a vrjogne

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Vréche 

Vréche s.m. = Mutande

Si intende sempre al plurale = ‘i vréche.

Capo di biancheria intima, indossato a nudo sulla pelle per coprire la parte inferiore del corpo, perlopiù sgambato o a calzoncino o addirittura lungo fino alle caviglie..

Modo di dire: scappé p’i vréche ‘mméne = fuggire precipitosamente.

Ossia scappare in situazione di imminente pericolo, senza avere il tempo nemmeno di sollevarsi le brache.

Ricordo il tragi-comico racconto di un reduce della Grande Guerra:

Ce ne süme scappéte dalla trenciöje p’i vréche mméne, pecchè stèvene arrevànne l’Astr’ungàreche = Ci siamo buttati fuori dalla tricea con le brache in mano perché stavano giungendo gli Austro-ungarici.

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Vràzze

Vràzze s.m. = Braccio

Ciascuno dei due arti superiori dell’essere umano.

Me dòlene ‘i vràzze = Mi dolgono le braccia.

Mìtte ‘u vràzze pe sòtte = Poni il tuo braccio sotto (l’oggetto da trasportare, così lo reggi meglio)

In spagnolo è brazo, con la ‘b’ che si pronuncia uguale alla ‘v’, ossia come se si soffiasse lievemente per spegnere la candelina.

Però i derivati di vràzze (abbrazzé, braccialètte, ‘mbràzze) hanno la bella ‘b’ sonora.

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