Assendéte

Assendéte agg. = Attillato, aderente

Nel linguaggio di sartoria questo aggettivo indica un abito, un indumento che volutamente viene confezionate aderente al corpo per esaltarne le forme.

Talora quando un abito è troppo aderente, lo si portava in sartoria per farlo allargare e adattarlo al proprio fisico, facendo eliminare le “riprese”.

Gli artigiani di sartoria di una volta erano bravissimi. Oltre a tagliare e confezionare i vestiti, erano abili anche a rivoltarli, cioè scucirli completamente e riciclare la stoffa rivoltando all’esterno il verso interno (perché meno logoro). L’indumento veniva come nuovo.

Ora in tempi di usa e getta, quasi tutti i sarti hanno chiuso bottega perché nessuno richiede questi lavori impegnativi. In ambito domestico nessuno sa ricucire nemmeno un bottone staccato.

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A bböne cónte

A bböne cónte loc.id. = infine, comunque

Si potrebbe tradurre con “ad ogni buon conto”. Ma ritengo che questa locuzione sia troppo letteraria.

Preferisco, nel parlare semplice, tradurre con:
insomma,
alla fin-fine,
tutto sommato,
concludendo,
finalmente, e simili.


A bböne cónte, se nen arrevöve jìsse, nen ce putöve accumenzé = Alla fine, se non arrivava lui, non si poteva cominciare.

A bböne cónte, döpe tanta concorse, ho truéte ‘na fatüje = Finalmente, dopo tanti concorsi, ha trovato un lavoro(*).

(*)Fino agli anni ’60 il termine lavoro era tradotto con fatüje = fatica, perché veniva associato ad attività che richiedevano sforzo fisico, con termine moderno detti “lavori logoranti” (quelli di fabbro, cavamonti, facchino, muratore, mietitore, zappatore, camionista, boscaiolo, ecc.).
Il lavoro intellettuale era ritenuto di second’ordine, perché non richiedeva l’uso di muscoli, quantunque sappiamo quanto sia sfiancante anch’esso.

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Besugne (avì a)

Besugne (avì a) loc.id = necessitare, occorrere, abbisognare

A volte viene pronunciata avì de besùgne = avere bisogno di

La locuzione descrive la necessità o il desiderio di avere qualcosa, di materiale (cibo, vestiti, ecc.) o immateriale (affetto, comprensione, compatimento, ecc.).

Mattöje ne jève a besugne de nesciüne perché ce le sépe sbrugghjé da süle. = Matteo non necessita di nessun aiuto perché sa vedersela da sé.

‘Mbàrete ‘nu mestjire, ca po’ quanne jéve a besùgne te pöte sèrve. = impara un mestiere, perché dopo, quando sarà necessario, ti può servire. Insomma, come dicevano gli antichi: “impara l’arte e mettila da parte”.

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Renacce

Renacce s.m. = Rinaccio


Si tratta di un lavoro donnesco consistente in un rammendo invisibile su un tessuto strappato o logorato.

Praticamente si ricostruiva mediante intrecci vari con ago e filo dello stesso colore la parte danneggiata di una camicia, un lenzuolo o di un tessuto qualsiasi.

Il rinaccio richiede molta abilità nell’esecuzione. Per ottenere un risultato apprezzabile occorre molta pazienza e lunga esperienza.

Mia madre, per lavori particolarmente impegnativi, si rivolgeva alla suore della Stella, le quali erano espertissime nell’eseguire – dietro un modesto compenso – i ricami su lenzuola, federe e tourne-lit, il rinaccio e anche il “punto a giorno”.

Il consumismo ha passato nel dimenticatoio questo antica attività domestica. Ora se un indumento mostra tracce di logorio semplicemente viene buttato nell’indifferenziato.

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Sciulé (o sciuvelé)

Sciulé (o sciuvelé) v.i.= scivolare, sdrucciolare

Il verbo sciuvelé, derivato dall’italiano scivolare, per comodità spesso viene pronunciato sciulé, e significa scorrere, slittare agevolmente su una superficie liscia e uniforme.

Si può scivolare sulla fanghiglia, sullo strato di ghiaccio che d’inverno copre le strade di montagna, o su certe alghe che crescono su taluni scogli affioranti e nei pressi di sorgenti di acqua salmastra.

Se si tratta di persone, o di veicoli lo scivolone può causare seri danni e lesioni.
Se si tratta di slitte, pattini da ghiaccio, bob o sci da neve lo scorrimento è ben accetto!
Se si tratta di giochi (acquapark, parco giochi) è addirittura cercato.

Da questo verbo deriva l’aggettivo sciuvelènte o sciulènte, cioè scivoloso, sdrucciolevole, come può essere un sentiero in salita.

Se si tratta di “due” spaghetti sciulente-sciulènte ve li raccomando caldamente, perché sono preparati al momento, quasi a sorpresa, conditi con aglio, olio e peperoncino, o con sugo lento, senza formaggio, a conclusione di una serata invernale in casa fra amici.

E mò, stàteve attìnte angöre scìuléte = Ed ora state attenti a non scivolare!

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Séne-séne (jèsse)

Séne-séne (jèsse) loc.id. =(Essere) totalmente schietto, senza malizia

Alla lettera vuol dire “sano-sano”. Come per dire ci sei cascato tutto intero alle fandonie che ti hanno propinato. Al femminile fa séna-sene.

Insomma chi è “sano-sano” è uno sprovveduto, candido, senza furbizia.

Ma sì pròpje ‘nu séne-séne! = ma sei proprio un ingenuo!
È un bonario rimprovero che si rivolge a qualcuno che per la sua schiettezza viene spesso raggirato da scaltri furbacchioni.

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Screscendàrece

Screscendàrece v.i. = Lievitare oltre misura

Verbo riferito all’impasto del pane che, non infornato al tempo giusto, per effetto dell’azione continua del lievito, cresce oltre misura.
Se si cuoce una pasta screscendéte (aggettivo) il pane, al contrario di quello azzimo, può risultare troppo alto e probabilmente di sapore alterato.

Il verbo deriva dal latino extra-criscitare dal significato intuibile.

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A friške a friške

A friške a friške loc. id. = poco per volta

Acquistare generi alimentari di frequente ma in quantità ridotta, poco per volta, secondo la necessità, allo scopo di consumare sempre un prodotto fresco ed evitare gli sprechi..

Anticamente, in mancanza di frigoriferi, era prassi normale non fare grandi scorte di viveri perché si rischiava che andassero a male (guai!)

Oggi mettiamo tanto di quel cibo in frigo che talora ce ne dimentichiamo!

Mègghje accatté a friške a friške = meglio comprare un poco alla volta

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Avedènze

Avedènze s.f. = Retta, udienza, ascolto, credito

Ber brevità a volte viene pronunciata adènze più aderente al latino audentiam da cui sicuramente deriva.

Infatti nel Sud Italia, con tutte le sua varianti e inflessioni (adenze, arenze, addenza, addenzia) si diffuse la locuzione  audentiam orationi facio, ovvero “gestire l’attenzione degli uditori a un discorso”, dalla quale si pensa derivi nel suo senso principale di attenzione.

Generalmente si usa nella locuzione negativa nen dé avedènze = non dar retta, non dar ascolto.

Nota linguistica.
Voglio evidenziare una particolarità del nostro dialetto: nel coniugare un verbo all’imperativo negativo, si usa una costruzione molto particolare. Cioè si usa la negazione + il verbo al participio passato.

FORMA POSITIVA FORMA NEGATIVO
Parle = parla nen parlanne =non parlare
Mange = mangia nen mangianne = non mangiare
Dà avedènze = dai retta nen danne avedènze = Non dar retta

Insomma quel non parlanne, alla lettera si tradurrebbe «non (essere) parlante» Infatti i Baresi dicono nen si parlanne.

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Affaréte

Affaréte agg. = indaffarato, affaccendato

L’aggettivo deriva direttamente dal francese affairé, ed è usato in gran parte della Daunia.
L’italiano “indaffarato” rende meglio l’idea della persona che ha sempre poco tempo da dedicare agli altri.
Fa tutto di fretta e sembra che le sue attenzioni siano rivolte ad eventi molto più importanti dello scambiare due chiacchiere con gli amici.

Si ritiene unico titolare del ruolo di salvatore del mondo, perché senza di lui tutto andrebbe in malora.

Viene un po’ deriso dai conoscenti che lo individuano senza nemmeno nominarlo:
Sté affaréte ‘na persöne! = Qualcuno è oltremodo affaccendato…



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