“Il fratello del padre o della madre, rispetto ai figli di questi: zio paterno, da parte di padre; zio materno, da parte di madre | ( estens.) marito della zia | gli zii, lo zio e la zia”
Questa descrizione del vocabolario della lingua italiana mi va un po’ stretta…
Ritengo che gli zii, e specialmente le zie, siano per i loro nipoti persone molto più indulgenti e accattivanti dei propri genitori (che devono essere istituzionalmente e giustamente più severi).
Dal punto di vista grammaticale, in dialetto il termine ziène è del tutto invariabile.
Dall’articolo si deduce se è maschile, femminile, singolare o plurale.
Per l’attribuzione della parentela c’è tutta una classifica. Vediamo insieme:
Mio zio = ziàneme, ‘u ziéne müje
mia zia = ziàneme, ‘a ziéna möje
tuo zio = ziànete, ‘u ziéne tüje
tua zia = ziànete, ‘a ziéna töje
suo zio = ‘u ziéne süje
sua zia = ‘a ziéna söje
loro zio = ‘u ziéne löre
loro zia = ‘a zièna löre
i loro zii = ‘i ziéne löre
le loro zie = ‘i ziène löre
Se in forma aggettivale precede il nome proprio (esempio: lo zio Matteo), si usa ‘u zzüjeper il maschile e ‘a zzüja per il femminile.
Famme sapì quanne vöne ‘u zzüje Mattöje = Fammi sapere quando verrà zio Matteo.
‘A zzüja Marüje uà passé giuvedì = La zia Maria deve passare (passerà) giovedì
Rivolgendosi ad una persona avanti con gli anni che non si conosceva, si diceva: Ze-züje= Zio.
Ovviamente era una forma di rispetto per l’età, e poi non era lecito dare del tu agli anziani. Ze-züje, segnerüje add’jì ca jàvete? = Buon uomo, voi dove abitate?
Ultimo avviso di carattere fonetico: mentre in italiano la zeta è sorda (pronuncia di pezzo) in dialetto è sonora (come in azzurro)