Cazze-cazze sopr., loc.id.
Il curioso soprannome fu affibbiato ad una certa Angela-Maria, quindi passata nella memoria collettiva come ‘Ngiamarüje cazze-cazze, la quale usava questo simpatico intercalare, qualsiasi frase uscisse dalla sua bocca.
Rivolgendosi ad un’amica, si lamentava che – era quasi l’ora di pranzo – e suo marito Calogero non tornava a casa. Venne fuori un memorabile florilegio:
«Jogge Calògge, (cazze), c’jì fatte mezzjurne,(cazze) e códde (cazze), angöre nen ci’arretüre, (cazze!)» = Oggi Calogero ***, si è fatto mezzogiorno ***e costui *** non è ancora rincasato***
Una volta il Vescovo andò una Parrocchia in visita pastorale. Il Parroco, conoscendo il suo intercalare, le raccomandò di non avvicinarsi troppo al Presule. Ovviamente il Monsignore a chi si rivolse quando fu attorniato dai fedeli? Alla nostra ‘Ngiamarüje! Non credo che costei si sia fatto scrupolo di mitragliare il Pastore di cazze cazze!
Un altro uso di cazze-cazze si ha quando si vuol dare un po’ di “colore” all’equivalente e più castigata locuzione (clicca qui→) rè-rè, nel senso di mettersi in bella mostra, in evidenza, mostrarsi, intromettersi.
Mò ce ne vöne jìsse, cazze-cazze, e völe avì püre raggiöne = Ora se ne esce lui, bello bello, e vuol aver anche ragione.