A chi völe dé prïme de la morte, pìgghje ‘na mazze e dàlle forte

A chi völe dé prïme de la morte, pìgghje ‘na mazze e dàlle forte 

A colui vuole dare (donare i suoi beni) prima della morte, prendi un bastone e menagli forte.

Un consiglio disinteressato affinché il donatore, nella sua vecchiezza (vi piace questa parola leopardesca?), potrebbe trovarsi in uno stato di bisogno.  Raramente potrà contare sulla disponibilità dei suoi beneficiati.  La riconoscenza è una merce molto rara in questo mondo.

Occorre prudenza, come suggerito da quasi tutti i proverbi tramandati dai nostri avi.

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Nen tenì manghe ‘na magghje

Nen tenì manghe ‘na magghje loc.id. = Essere in bolletta

Alla lettera questa locuzione si traduce in: “non avere nemmeno una maglia”.  Ma non parliamo della maglia della biancheria intima, né di maglie di rete, né di anelli di catenine….
Parliamo di una moneta antica di infimo valore.

Fino a pochi anni fa, prima dell’avvento dell’Euro, si diceva : Nen tènghe manghe ‘na Lïre = Non ho nemmeno una lira.

ll dott. Sandro Mondelli (che qui ringrazio pubblicamente), dandomi lo spunto per questo articolo, ha detto testualmente: «Significa essere in bolletta. La “maille“, parola franco-provenzale, era la più piccola moneta angioina, di valore bassissimo.»

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Cetrüle de mére 

Cetrüle de mére s.m.  = Oloturia, cetriolo di mare, cetriolo marino

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È un mollusco (Holothuria poli) comune nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Esistono 377 specie diverse di questo strano animale.

In Oriente una di queste specie, la Olothuria edulis, è considerata una vera leccornia col nome di Trepang.      Mi fa venire in mente il titolo di un libro di Salgari letto nella mia adolescenza  “I pescatori di Trepang“….  Non voglio nemmeno immaginare se sono davvero buoni da mangiare:  ce li mangiàssere löre!

«Mostra un corpo cilindrico allungato e rigido cosparso da tubercoli. Può raggiungere circa 22 cm di lunghezza. La colorazione dorsale è scura, di norma bruno-rossiccia o bruno-nerastra (mai totalmente nera), ma le papille hanno sempre l’apice bianco. Questa specie è spesso avvolta in uno strato di muco e ama cospargersi totalmente di sabbia e sedimenti. La parte ventrale è scura quanto quella dorsale ed è munita di corti pedicelli di colore bianco.»   (da Wikipedia foto e testo)

Il nome Oloturia è noto solo ai Biologi.

Localmente invece è conosciuto con appellativi fantasiosi:
Minchia di mare  (Sicilia ionica);
Sorci di mare (Sicilia occ.);
Cazzo di Mare (Puglia, Toscana, )
Stronzo di mare, ecc.

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Ciócce de mére

Ciócce de mére s.m. = Lepre di mare

Alla lettera significa ciuco, asino di mare.

«La lepre di mare (Aplysia depilans) e’ un mollusco gasteropode che vive in zone ricche di vegetazione come il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico. Solitamente di colore nero, puo’ anche avere tinte di colorazione che vanno dal bianco al rosso. La lepre di mare possiede una conchiglia trasparente, fragilissima. Solitamente vivono attaccate tra le rocce dove brucano il fondale (alla ricerca di alghe verdi e fanerogame) appallottolandosi per non farsi predare.

Le Lepri di mare, se disturbate o se si sentono in qualche modo minacciate, emettono una secrezione violacea che si credeva fortemente tossica e che causasse la caduta permanente di peli e capelli. Tanto che il nome scientifico della più comune Lepre dei nostri mari è in tal senso più che esplicativo: Aplysia depilans… In realtà si tratta di una sostanza totalmente innocua per l’uomo, ma utilissima per confondere le capacità olfattive di potenziali predatori».

(Descrizione e foto attinte dalla rete)

In Sicilia è detta sceccu (asino, ciuco) di mare, equivalente al nostro ciócce de mére.
Altri la chiamano Ballerina spagnola per l’eleganza con cui fa le sue evoluzioni.Ma forse la confondono con altri abitatori dei fondali, simiili a questa.

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Apparazziöne

Apparazziöne s.f. = Luminarie

Addobbo luminoso con cui si orna un luogo pubblico per una ricorrenza, una festa ecc.(Sabatini-Coletti).

Tecnicamente in italiano sono dette luminarie anche le luci di Natale. In dialetto l’apparazziöne è solo quella della Festa Madonne = Festa della Madonna, festa patronale.

Deriva dallo spagnolo aparar con il significato di “aggiustare; rendere uniforme, lineare; rendere più piacevole alla vista; togliere quello che è diseguale”.

Le ho sentite chiamare così da sempre. Attenti a non confondere  apparazziöne con  “apparizione”, visione.

Hanne accumenzéte a mètte l’apparazziöne = Stanno montando le luminarie.   Si approssima la Festa grande

(Foto di Chiara Piemontese-2017)

 

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Fé cchjó sóbbete la fèmmene a trué ‘na scüse, ca ‘u sòrge a trué lu pertüse

Fé cchjó sóbbete la fèmmene a trué ‘na scüse, ca ‘u sòrge a trué lu pertüse 

Un divertente Detto che esalta l’abilità, la prontezza femminile di trovare una giustificazione ad una sua qualsiasi sbadataggine.

Il topo trova la sua tana molto velocemente, ma la donna è ancora più rapida!

Dello stesso tema, ma forse un po’ più usato, è quello che imputa, specie alla donna, la capacità di trovare (figuratamente) la pèzze a chelöre (←clicca) per scusarsi.

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Ammurechéte

Ammurechéte  agg. = rauco, roco

Colpito da raucedine, alterazione della normale voce, ove appare aspra e stridula o bassa e cavernosa, tremolante, oppure con un tono più alto o basso (da Wikipedia).

Alcune volte è causata da raffreddori stagionali. Con le bevande calde e con la permanenza in ambiente caldo si risolve in poco tempo.

Altre volte è la  conseguenza di grida incontrollate lanciate al campo sportivo per incitare i propri favoriti o …. per inveire contro le sviste dell’arbitro, notoriamente cornuto!!!

il Prof. Raffaele Stranieri, calabrese, asserisce che il termine deriva dal greco bragcos, bran’cos oppure brekhòs.  Difatti nel suo dialetto si dice abbraghatu.

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Gelèppe

Gelèppe s.m. = Glassa

La glassa è una preparazione di cucina, soprattutto di pasticceria, con cui si rivestono, in tutto o in parte, alcuni dolci con lo scopo di abbellirli o di esaltarne il gusto.

Generalmente si prepara adoperando zucchero e albumi montati a neve. Altre preparazioni richiedono solo zucchero e poca acqua.

Questo termine, come molti prodotti dolciari, proviene dall’arabo gulab. I dolci ricoperti di glassa, cioè glassati. diconsi ‘ngeleppéte, 

Da noi serve per ricoprire scarielle  e tarallini alle uova (vedi foto), tipici dolci pasquali fatti in casa, detti anche simpaticamente ‘cchjalètte = occhialini.

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