Bengalöne

L’aggettivo designa una persona di corporatura magrissima e molto alta. Scherzosamente si diceva una volta, “alto e fesso”…

L’amico Sebastiano Granatiero mi suggerisce testualmente che il termine, bengalöne o bangalöne «deriverebbe da “bangalore” che è un congegno esplosivo di forma cilindrica montata all’estremità di un tubo allungabile, utile per provocare un’esplosione a distanza, specie in caso di attacco sotto il tiro del nemico».

Il singolo tubo in questione è dotato di filettatura maschio-femmina. Si univano più elementi fino a formare una canna di alcuni metri, che dà l’aspetto di alto e magro attribuito figuratamente alle persone allampanate.

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Quanne ‘u grasse arrüve ‘nganne, u pùrche völ’èsse acciüse.

Quanne ‘u grasse arrüve ‘nganne, u pùrche völ’èsse acciüse = Quando il grasso arriva alla gola, il porco vuole/deve essere ucciso.

Si cita questo proverbio per esecrare l’atteggiamento di taluni che non badano a spese, o fanno i gradassi ostentando ricchezze o che vogliono apparire superiori agli altri.

Alberto Sordi ne “Il Marchese del Grillo” in modo altero si rivolge ai popolani dicendo: «Io so’ io, e voi nun siete un cazzo!» Ecco, il Marchese a questo punto meriterebbe in risposta la citazione del grasso alla gola…


A volte lo dicevano le nostre mamme quando facevamo gli schizzinosi davanti al cibo.

Mia madre diceva: «La mangiatöre jì vasce!» = la magiatoia è bassa, facilmente raggiungibile.
Mio padre invece era più diretto: «La grascia putténe!»

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Stringetüre

Stringetüre s.m. = Torchio, strettoio

Va bene anche scritto strengetüre.

Torchio per spremere le olive o le vinacce, lo stesso che strettoio.
È formato da tante doghe di legno saldamente inchiavardate, e da una pressa idraulica che spreme le vinacce per far colare attraverso gli interstizi il mosto in esse contenuto. 

In senso figurato arrevé au stringetüre vuole significare la finale resa dei conti, la messa alle strette. Come dire: tutti i nodi vengono al pettine. Non si sfugge.

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Accucchjàrece

Accucchjàrece v.i. = accoppiarsi, saldarsi, aggregarsi.

Riferito a due o più persone che si associano o si riuniscono per compiere insieme una qualsiasi azione.

A volte il verbo ha valore di scherno o di invidia.
Ce sò accucchjéte ‘na bèlla famigghje! = Si è aggregata una bella famiglia.

Si usa anche la forma transitiva accucchjé = unire, legare, saldare.
Per estensione significa anche articolare un discorso secondo una linea logica.

Nota fonetica:
Fate attenzione alla pronuncia. Il primo gruppo di doppia ccu dal punto di vista fonetico viene definito “occlusivo posteriore velare”, mentre l’altro cchj è detto “sonante anteriore alveolare”.
Lo so che la fonologia è materia prettamente scientifica, che voglio tener fuori da questo sito che è divulgativo e non didattico, ma ci tenevo a far notare la differenza fra i due suoni.
Non lo farò più.

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Ràcquele

Ràcquele s.m. = Razza.

Vengono definite “razza” alcuni pesci cartilaginei dell’ordine dei raiformi.

Diffuse in Adriatico la Razza bianca (Raja alba), la Razza chiodata (Raja clavata).

“Sono caratterizzati dal corpo piatto romboidale, grandi pinne pettorali a forma di ali, coda sottile e lunga, occhi posti sul dorso, bocca ventrale.

Hanno in genere carni commestibili, non particolarmente apprezzate.”

Fin qui quello che dice Wikipedia. Ma che volete farci, questi infelici non sanno che significa ‘u ràcquele ammulechéte, perché evidentemente non sono mai stati a Manfredonia.

Noi mangiamo anche quelli piccoli. detti racquelìcchje, in umido.

Nei paesi costieri dell’alto Adriatico la razza è chiamata “Aquila di mare”. Forse il nome “ràcquele“, proviene dalla fusione di “raja” e “aquila”.

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Sté mègghje ‘u sòrge mmocc’alla jatte…

St é mègghje ‘u sòrge mmocc’alla jatte
ca ‘u cliènde mméne all’avvuchéte.

È chiarissimo questo proverbio citato, con diversa cadenza, anche in altre zone del Gargano, e come quasi tutti i proverbi invita alla prudenza.

Guai a colui che si affida ad un avvocato per salvaguardare i propri interessi. Nessuna certezza.

Insomma “Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie” (Ungaretti)

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Nnariàrece

Nnariàrece v.i. = innalzarsi, levarsi verso l’alto

Il verbo comprende la parola “aria” che rivela immediatamente l’azione di qualcosa che vola in alto, in aria.

Calza benissimo quando parliamo di aquiloni che ce sò nnariéte = si sono innalzati.
O di palloncini sfuggiti di mano ai bambini.

O di persone che si autoincensano…..
Uhé nen e jènne ‘nnariànne! =Ehi, non ti vantare troppo!
I Romani dicono: Ahó, nun t’allargà!

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Sàveze

Sàveze s.f. e agg. = Salsa; salmastro

1 – Sàveze – s.f. Nel significato comune è la polpa di pomodoro privata dei semi e della buccia e opportunamente trattata, ossia la classica passata di pomodoro industriale.
Generalmente quella fatta in casa – priva di conservanti e di altre sostanze – serve come riserva invernale, previa bollitura a “bagno-maria” in bottiglie o recipienti a chiusura ermetica.

2 – Sàveze – agg. Riferito specificamente al sapore salmastro delle acque sorgive che sgorgano lungo la scogliera. Cito una per tutte l’acqua sàveze della sorgente Acqua di Cristo.

Talvolta dai pozzi artesiani, perforati nei campi allo scopo di intercettare polle d’acqua sotterranee, emerge acqua sàveze = acqua salmastra, se non addirittura salata.

I ragazzi di oggi, avendo frequentati tutti la scuola dell’obbligo, tendono a italianizzare i termini dialettali, e perciò pronunciano salse anziché l’antica dizione sàveze.

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Savezarjille

Savezarjille s.m. = Salicornia

Questa pianta (Salicornia europæa) ha un’ampia diffusione nella regione mediterranea, ed è  anche ben distribuita in Europa, Asia e America settentrionale, presso acquitrini salmastri o in prossimità di acque stagnanti.
È conosciuta anche col nome di “asparago di mare” ed è dotata di adattamenti peculiari che ne permettono l’insediamento su terreni salini. Viene detta pianta alofita, cioè capace di vivere in presenza di cloruro di sodio (sale marino).
Mentre le altre piante non resistono oltre la concentrazione salina dell’1%, questa sopporta benissimo anche il 2%.  Il che le conferisce un sapore gradevole anche se consumato cruda in insalata.
Per me è stata una sorprendente novità. Pare sia ottima anche lessata o addirittura in frittata. Per questo è degnamente paragonata all’asparago.

Il nome deriva da sàveze nel significato di salmastro.

In alcuni paesi del Gargano è chiamato  savezute.

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