Razzètte

Razzètte s.f. = Capezzale, immagine sacra

Sulla parete a testa del letto, generalmente nei Paesi di tradizione cattolica, si appendeva un Crocifisso oppure un’icona sacra, come per impetrare dal Cielo la protezione sulla famiglia.

In questo caso (ossia parlando di immagine), a volte il quadretto era retroilluminato, oppure a bassorilievo, e rappresentava la Sacra Famiglia, o una Madonnina, o un Santo protettore.

Il nome razzètte, è il diminutivo di razze, che facilmente è una corruzione del sostantivo arazze = arazzo, la cui iniziale era intesa come l’articolo femminile (arazze = ‘a razze).

Nei tempi antichi in alternativa alla razzètte si usava appendere ‘u scaravatte, più impegnativo come peso e come dimensione. Per saperne di più cliccate qui).

Ai nostri giorni il capezzale è adornato con immagini astratte o con gigantografie di paesaggi esotici. No comment.

Nota fonetica:
La doppia zeta di razzètte si pronuncia “sorda” (come mazze, pèzze, puzzètte).
Da non confondere con rezzètte = ricetta, dove la doppia zeta si pronuncia “sonora” come in ‘nzèrte, ‘nzunne, lenzöle

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U ciócce de düje patrüne…

Ecco il proverbio completo:

‘U ciócce de düje patrüne
nen jì guvernéte da nescjüne
!

Ossia il ciuco di due padroni, non viene governato da nessuno (dei due).

È la classica storia dello scaricabarile.
Quando per svolgere una mansione ci sono più addetti, il risultato è scarso o addirittura nullo, perché ognuno pensa che debba essere l’altro a compierla.

Vi rimando al verbo specifico guverné cliccando qui.

Un Detto simile, diffuso nel nostro Tavoliere, recita: “Chiù sagresténe stanne e chiù la chjise sté a lu scüre” = Più sagrestani stanno, più la chiesa sta al buio.

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Guverné

Guverné v.t. = accudire (gli equini)

Il verbo deriva direttamente dal latino gubernare.
Curare cavalli e simili col pulirli, abbeverarli, abbiadarli, spazzolarli, ecc.

Una volta questi animali, da soma o da tiro, erano utilissimi sia nei lavori campestri, sia per il trasporto di derrate o di persone.

Rappresentavano un vero capitale, una grande risorsa per i campagnoli e per questo erano accuratamente e quotidianamente ben trattati, specie quelli da tiro.

I cavalli da carrozza per il trasporto di persone erano particolarmente ben governati, tanto che avevano la bardatura luccicante e gli zoccoli lustri e spazzolati come le scarpe dell’impeccabile cocchiere.

Il trattamento migliore era riservato ai cavalli adibiti ai carri funebri.

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Sparte recchèzze, addevènte puvertà.

Sparte recchèzze, addevènte puvertà.

Esiste la forma più completa: Spartisce recchèzze ca addevènte puvertà:

Il significato è chiaro. Se tu frazioni la tua ricchezza, essa si tramuta in povertà. Meglio preservarla con ogni mezzo.

Era anche un monito a usare prudenza nel gestire il proprio patrimonio.

Il Detto è uno strascico del medievale “Diritto di maggiorasco”, il quale, nell’antico sistema successorio, allo scopo di preservare il patrimonio familiare, dava al solo figlio primogenito il diritto di attribuirsi l’intero asse ereditario.
Gli altri figli esclusi dall’eredità venivano destinati alla carriera militare o ecclesiastica.

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Péne

Péne s.m. = Pane

L’indispensabile alimento di ogni giorno a base di farina, acqua, sale e lievito.

La pronuncia nostrana deriva da quella francese di pain.

In tutto il mondo esistono infinite forme di pane, ma uno solo è il modo di prepararlo, che si svolge in tre fasi: impastare acqua e farina, lasciar lievitare, passare in forno.

Noi Pugliesi siamo probabilmente i più abili forse perché disponiamo di materia prima eccellente.

La foto (tratta dal web) mostra il pane di Monte S.Angelo in forme da 3 e 4 kg.  Le nostre mamme lo facevano in casa, col lievito madre (‘u crescènte) ed una pagnotta durava un’intera settimana.  Col passare dei giorni  si induriva sempre di più, e veniva usato abbrustolito, bagnato e condito, e infine a pancotto.

Anticamente in alcune famiglie il pane fresco veniva chiuso a chiave nello “stipone” per evitare che finisse prima, perché più appetitoso.
In sostanza colà si mangiava solo pane raffermo, ugualmente buono, ma decisamente meno invitante di quello fragrante di forno.
Non era questione di dieta ma di tasca, per farlo durare più a lungo.

Vi rimando ad un Detto scherzoso.  Cliccate qui.

Ricordo che quando mi cadeva sul pavimento un pezzo di pane, mia madre mi obbligava a raccoglierlo, baciarlo (sì, baciarlo, perché sacro!) e poi a mangiarlo ugualmente.
Credo che anche in altre famiglie vigeva questa procedura. Per questo siamo cresciuti pieni di anticorpi. E chi ci ammazza, a noi?

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Cutelìzze

Cutelìzze s.m. = piccolo movimento, oscillazione.

Deriva dal verbo cutelé a sua volta proveniente dal latino cutere e cutulare col significato di muovere, scuotere, dondolare.

Vatte cùlche e nen te cutelanne = Vai a coricarti e non ti muovere!

Nel nostro cutelìzze si individua specificamente una lieve scossa tellurica.

Assemègghje ca ho fatto ‘nu cutelìzze! = Sembra che abbia fatto una lieve scossa di terremoto!

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Adèrge

Adèrge v.t. = Ergere, alzare, rizzare, elevare

Verbo derivato dal latino ad-ergere con gli stesi significati attuali.

Ricordo che mia nonna, quando sollevava i materassi usava questo verbo.
Mò àmm’adèrge ‘u litte = Ora dobbiamo alzare il letto.

Ricordo che il letto di mia nonna era un monumento altissimo, sostenuto da 4 trespoli, vari tavoloni, 1 unico saccone con foglie di mais e infine 2  materassi di lana (velli tosati interi, detti mante) .

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Addòbbje

Addobbje s.f. = Narcosi, anestesia

Il termine deriva dal latino, ad-opium.  In italiano antico si usava il sostantivo “alloppio” (chiaro riferimento all’oppio) per indicare il sonnifero.

Qualcuno la chiama ‘a ddobbje, come se la ‘a’ iniziale fosse l’articolo

Da addòbbje deriva il verbo addubbjé = narcotizzare, anestesizzare. verbi usati ovviamente negli interventi chirurgici, piccoli o grandi. 
Addubbjé ‘na parte = anestesia locale.
Addubbjé tutte quante = anestesia totale. 

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Annuvelé l’ucchje

Annuvelé l’ucchje loc.id. = Confondere, sconcertare, agire freneticamente.


È una perifrasi tipica nostrana. Significa confondere qualcuno a causa del proprio comportamento frenetico.

Ad esempio il gioco movimentato fatto dai bimbi sotto gli occhi dei genitori creando confusione. Un po’ come dire annebbiare la vista per l’assenza di quiete.

Ovviamente il verbo della perifrasi può coniugarsi in modo passivo.

Basta! Me stéte facènne annuvelé l’ucchje! = Basta! Mi state creando una gran confusione!

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Muffardarüje

Muffardarüje s.f. = Sozzeria, sporcizia


Principalmente riferito alla sporcizia domestica che si accumula trascurando la pulizia quotidiana specie nella cucina e nel bagno.
Deriva da (clicca→) Muffarde.

Jì cchjù mmègghje ca fé a ‘a pòlve tutt’i jurne, ca se no ‘a muffardarüje crèsce sèmpe de cchjó! = È meglio che spolveri tutti i giorni, altrimenti la sporcizia cresce sempre di più.

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