Monzegnöre lu töne grusse

Con la stessa soluzione del precedente indovinello sul “Monsignore” (clicca qui) vi propongo questo secondo quiz inviatomi dal lettore Luciano Nicola Casalino, cui va il mio più vivo ringraziamento:
Manzegnöre lu töne grússe
ammizze a püle, carne e jusse.
Quanne vöde i fèmmene bböne,
pí, e ce lu cacce da före!


L’Arcivescovo lo tiene grande in mezzo a peli, carne ed ossa. Quando vede le donzelle graziose, subito lo mette in bella mostra.

La soluzione FALSA è davvero irriverente, ma quando si svela che si tratta del grosso Anello Pastorale si ammette che tutto combacia perfettamente.

Ho notato che ha la metrica e gli accenti giusti per adattarsi alla conosciutissima musica di “Garibaldi fu ferito”

Filed under: Indovinelli

Adduré

Adduré v.intr. e v.tr.= Odorare, emanare un buon profumo, annusare

Nella forma intransitiva assume il significato di olezzare, emanare odore, effondere fragranza.
Quant’addöre ‘a rìnje du Garghéne! = Quanto profuma l’origano del Gargano!

Invece nella forma transitiva significa annusare, percepire un aroma, un odore, aspirare la fragranza.
Addure ‘stu tabbacche, Te piéce? = Annusa questo tabacco. Ti piace?

Proverbio:
Se l’addure ‘ngüle föte püre jìsse = Se gli annusi il culo, puzza anche lui.

È una constatazione della nostra condizione umana. Molti personaggi si ritengono superiori agli altri per carica o ruolo sociale. Anche loro sono uomini, con i propri errori, stranezze e contraddizioni, non esenti dalle miserie umane, fisiche e intellettuali.

Filed under: ATagged with: ,

Sparètte

Sparètte s.f. = emanazione di luce, irraggiamento solare, sprazzo di sole.

Viene definito sparètte un gradevole raggio di sole, specie nella stagione invernale, allorquando fa capolino attraverso uno squarcio di nubi nel cielo coperto.

Trovandosi all’aperto, ci si sofferma volentieri a farsi scaldare sotte ‘a sparette de söle, specie se si incontra qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere.

Ho sentito pronunciare sprètte, probabilmente per influenza di dialetti viciniori.
In Calabria dicono spère ‘i sole
In Romagna sprai ad sol

Filed under: STagged with:

Cascatüre

Cascatüre s.m. = Setaccio, vaglio

U cascatüre è un setaccio usato in edilizia per separare in via umida la malta(*) dagli inerti la cui granulometria non è adatta all’uso cui sarà destinata, ossia per il sottofondo di pavimentazione, il rinzaffo, o per il fino.
Per questo, in base alla larghezza delle maglie viene chiamato rispettivamente “cascatüre grusse”, “cascatüre p’u rìcce” e “cascatüre suttüle”.

Ricordo la sua forma quadrata a bordi alti sostenuta da 4 stanghette. Una volta riempito il “cascatore” due operai afferravano le 4 stanghette e scuotevano il setaccio con movimento sussultorio. La malta passava “filtrata” nel contenitore sottostante (una carriola o una caldarella) e il pietrisco della misura non desiderata che rimaneva nel setaccio veniva ribaltato di lato.
L’immagine riproduce un bel disegno di S. De Biase. Ci sono i vari tipi di vagli. Quello verticale (17) era chiamato cernetüre a rèzze, quello rotondo (18) farnarille (entrami usati a secco) e quello con le stanghe (19) il nostro cascatüre.
Ora abbiamo la nomenclatura completa.

(*) La malta tradizionale (‘a càvece) viene detta tecnicamente “malta bastarda” ed era composta da tufina grossolana e/o sabbia di cava, calce idrata in grassello o in polvere, cemento e impastata con acqua fino alla consistenza voluta.

Ora si vendono miscele a secco di malta preconfezionata, cui basta aggiungere solo l’acqua per ottenere l’impasto della finezza voluta.

Foto e notizie tratte dal volume “ARTE E MESTIERI A MANFREDONIA” del compianto Giuseppe Antonio Gentile. Ediz. Centro di documentazione storica-Manfredonia. Tip. Cappetta 1987.Foggia

Filed under: CTagged with:

L’acque nen assècche

L’acque nen assècche = la pioggia non inaridisce (i campi, le colture).

Alcuni pronunciamo l’acque ne ‘nzecche.
Il Detto, un po’ più o completo è: add’jì ca chjöve ne’nzècche = dove piove non secca.
Il contadino è notoriamente apprensivo per l’andamento meteorologico. Difatti dall’abbondanza o dalla scarsezza delle precipitazioni dipende il suo raccolto.
In questo Detto è una constatazione di piogge abbondanti e frequenti. Come per dire: ben vengano, così il mio raccolto sperato non soffrirà della siccità (in dialetto sìccete).

Per contro, quando non piove da molto tempo, per buon auspicio il contadino dice: l’acqua che non piove in cielo sta ( prima o poi cadrà). (clicca qui).

Ringrazio l’amico Nardino Mastroluca per avermi riportato per la preziosa imbeccata, ascoltata da Matteo Borgia, cui sono grato per aver potuto redigere questo articolo.

Filed under: Proverbi e Detti

Arte

Arte s.f. = mestiere

Arte viene usato prevalentemente al posto di mestiere, per indicare un’attività manuale svolta continuativamente per procacciarsi un guadagno.
Ecco alcuni modi di dire riferiti all’arte:

Nen töne che arte fé. = Non sa come impiegare il suo tempo.

E queste jì l’arta töve! De jì sfrecanne ‘i crestjéne! = Solo questo sai fare! Andare a molestare la gente!

Nen tenì nè arte e nè parte = Non saper fare nulla e per giunta non aver alcun cespite.

In questa locuzione, parte è usata in modo figurativo e fa riferimento al linguaggio giuridico per evidenziare che quel disgraziato non ha ricevuto alcuna quota dell’eredità, perché escluso dalla successione.
Parte può anche essere un ruolo teatrale (‘a parte de ‘nu vècchje), o un brano musicale per solista (‘a parte assöle).

Insomma senza arte e senza parte non si è nessuno.

Filed under: ATagged with:

Fìšque

Fìšque (taluni pronunciano fìšcule o fìškle o  fìšche) s.m. = Fiscolo

Il fiscolo (del lat. fiscusfiscina «borsa, cesto») è un recipiente filtrante in cui vengono poste le olive macinate per sottoporle alla torchiatura.

I fiscoli sono generalmente composti di fibre assemblate in cordoncini che poi sono intrecciati in maniera da formare dischi del diametro di circa 60 cm. Ogni fiscolo si presenta come un doppio disco filtrante sigillato ai margini e forato al centro.

 

Filed under: FTagged with:

Accumegghjé

Accumegghjé v.t. = coprire

Deriva dal latino ad cumulum nel significato proprio di coprire. Estensivamente con terra, coltre, tegole ecc.

Il contrario, scoprire, viene tradotto in scumegghjé e scumegghjàrece

Filed under: ATagged with:

Jastematöre

Jastematöre s.m. = Bestemmiatore

Persona che usa sovente bestemmiare senza ragione i Santi, Dio e le cose sacre (clicca->) jastöme, anche come irritante intercalare.

Per estensione si intende con jastematöre anche persona con il vizio del (meno grave) turpiloquio, ossia che usa spesso e volentieri parole oscene, le cosiddette parolacce.
Faccio un solo esempio (di cui mi scuso in anticipo) che riporta una telefonata di rimprovero. La traduzione non è proprio alla lettera:

«Mattö’, strunzelöne, c’jì fatte l’une e mèzze, cazze! Quanne cazze t’arretüre? Sté ‘u piatte alla tàvele ca ce arrefrèdde, e che cazze!» = Matteo, accidenti, siamo arrivati all’una e mezza! Ma tu quando decidi di rincasare per il pranzo?

Mammamöje, Giuànne jì ‘nu jastematöre ca te fé škande! = Mamma mia! Giovanni è un bestemmiatore da far paura.

Al femminile è invariabile, non esiste un termine per bestemmiatrice.
In italiano esiste anche il termine biastematore, sicuramente di origine toscana, molto simile al nostro.

Filed under: JTagged with: ,

Mòneche

Moneche s.m = frate

Questo sostantivo ha diversi significati in dialetto.
Mi riferisco a quanto riportato nel famoso «Vocabolario di Manfredonia” dei miei amici Caratù e Rinaldi (Editore: Nuovo Centro di Documentazione Storica di Manfredonia-2006) dal quale ho attinto a piene mani!

1 – Mòneche s.m. = frate, generalmente francescano
2 – Mòneche s.f. = suora
3 – Mòneche s.m. = scaldino per il letto
4 – Mòneche s.m. = argano per sollevare pesi o per alare a riva imbarcazioni
5 – Mòneche s.m. = campana, copertura traforata di ottone per braciere
6 – Mòneche s.m. = mulinello d’aria, di vento, talvolta impetuoso (mòneche de vjinte)
7 – Mòneche s.m. = girotta, banderuola girevole da comignolo (mòneche de cemenöre)

Se non ricordo male, era detto anche mòneche de trappüte il paletto centrale del torchio dei frantoi oleari, intagliato come una filettatura, sotto il quale si impilavano i fiscoli (i fìšque) pieni di pasta delle olive frante per la loro spremitura.

Filed under: MTagged with: