Stèmme scarse a fetjinde!… loc.id. = Sentivamo la mancanza.
È ammessa anche la versione al presente “Stéme scarse a fetjinde“
È una esclamazione divertita, come di sollievo, usata verso qualcuno quando, del tutto inatteso, si presenta ad una festa, o si accoda ad un gruppo, o si affaccia in casa altrui, ecc.
Come se si dicesse: il nostro “gruppo di fetenti”, era troppo striminzito; meno male che sei arrivato tu a rimpolparlo!…
Ovviamente l’ospite sa benissimo che l’epiteto “offensivo” (clicca ->) “fetente” in questo contesto ha un valore del tutto “amichevole”, e che gli amici non faranno alcuna difficoltà ad ammetterlo nella brigata.
Aggiungo che l’esclamazione calza anche al plurale, nel senso che si si può rivolgere sia verso una persona singola, sia verso più persone che si presentano inattese: sempre scarsi eravamo…
Similmente anche l´esclamazione “amme accucchjéte ´a settante” viene scherzosamente pronunciata quando si raggiunge un bel numero di amici, magari inaspettati (allegri o musoni non fa differenza), come per dire: “ti aspettavamo, mancavi solo tu!”. Tutti sanno che “la settanta” è un punto nel gioco di carte della Scopa (carte a denére, carte a longhe, sètte denére e ´a settante)
Ringrazio il lettore Alfredo Rucher per avermi ricordato questa locuzione, favorendo la stesura di questo articolo.
Categoria: S
Stenecchjàrece
Stenecchjàrece v.t. = Stiracchiarsi
Deriva dal latino “extendere“, quindi stendersi ma anche stiracchiarsi, sgranchirsi.
Dal vocabolario Treccani: «Distendere, stirare gli arti aggranchiti o intorpiditi dal freddo o dall’immobilità, per sciogliere e rimettere in efficienza la muscolatura (è quasi sempre usato nella forma sgranchirsi, rifl. o con la particella pron. in funzione di compl. di termine)»
Fine della parte seria e inizio di quella divertente:
Il verbo mi fa venire in mente uno sfottò che a Monticchio sentivo da ragazzino rivolto ad uno chiamato “Cuculécchje”, soprannome di chiara origine montanara.
Cuculècchje, Cuculècchje
fé ‘nu pìppete e ce stennècchje!
Se non sapete il significato di pìppete , in questo vocabolario troverete la spiegazione cliccando qui
Stenecchjé
Stenecchjé v.t. = Sgranchire
Stiracchiare, distendere gli arti intorpiditi.
Cuchelècchje, fé ‘nu pìppete e ce stennècchje = Cocolecchia, fa un peto e si stiracchia….E’ solo questione di rima.
Stengené
Stengené v.t. = Bastonare, percuotere
Ridurre a mal partito qualcuno a furia di percosse.
Probabilmente l’etimo deriva da l’ungiüne = uncino, sorta di verga con il manico a gancio, usato dai pastori per guidare le loro pecore al pascolo.
Stepé
Stepé v.t. = Conservare, immagazzinare
Stipare, ammassare in uno spazio ridotto oggetti, indumenti, vettovaglie.
Praticamente riporre in uno stipo, in un vano, in un mobile, qls cosa adatta ad essere serbata per future occorrenze.
T’ha luéte i scarpe? Pecchè nen li stüpe? = Ti sei cavato le scarpe? Allora perché non le riponi nella scarpiera?
Stepöne
Stepöne s.m. = Armadio
Esattamente il termine alla lettera significa ‘stipone’, grosso stipo.
In effetti si differenzia dall’armadio perché non ha alcuno specchio sull’unica grande anta.
Nello stepöne non veniva posta la biancheria ma prevalentemente il pane e anche delle bottiglie di salsa, la tovaglia di uso giornaliero per il desco, un sacchetto di farina e una mezza pezzotta di formaggio (quando c’erano….).
Questo mobile non si usa più, perché le cucine moderne componibili hanno vari comparti in cui porre le derrate alimentari, le pentole, i piatti, ecc.
Io ricordo un ineffabile profumo di pane proveniente dall’interno, quando si apriva l’anta dello stepöne per prendere o riporre qualcosa.
Stére
Stére s.m. = Staio
Dal latino sextarius. Designava presso i Romani la sedicesima parte di un moggio.
Fino all’Unità d’Italia – allorquando fu obbligatorio usare il sistema metrico decimale – le misure di capacità per aridi e liquidi, di peso, di lunghezza, ecc. erano di valore variabile da luogo a luogo.
Ad esempio lo “staro” d’olio napoletano di peso pari a rotoli 10 e 1/3 (uguale a kg 9,2069707) valeva litri 10,0811. Tuttora alcuni frantoiani parlano di stére d’ùgghje quando intendono riferirsi sia al contenitore usato per misurare, sia al quantitativo di olio di 10 liitri.
Ho sentito nominare da bambino in un trappeto anche il termine quartùcce… Non ho idea di quanto valesse. Forse la quarta parte dello staio?
Stigghjöle
Stigghjöle s.f. = Minugia
Va bene anche pronunciato stegghjöle. Come sinonimo si usa anche curatèlle = corata.
Budella; in partic. quelle degli ovini usate nella confezione degli involtini pugliesi (i turcenjille oppure i cazzemàrre).
Esiste un piatto tipico palermitano chiamato stigghiuole simile al nostro, considerato un piatto da strada, preparato dai stigghjulari. I budelli sono avvolti però intorno a una stecca di lardo. Per un mese non andate a controllare i livelli del colesterolo altrimenti vi viene un colpo!
Anticamente si usavano i budelli anche per la fabbricazione di corde per gli strumenti musicali ad arco. Ai tempi di Mozart, e di Paganini, e fino agli inizi del ‘900 le corde dei violini erano di budello.
Io, ex contrabbassista, negli anni ’60 usavo solo corde di budello sul mio strumento, anche perché non esistevano corde di altro tipo. Ora per il contrabbasso si usano corde forse di plastica, ma rivestite con una spirale di metallo. Scusate parlo ogni tanto della mia storia personale, ma essa rispecchia l’evoluzione dei tempi e della tecnica.
Io comunque, scusate se torno a parlare di me, preferisco pensare alle nostre stegghjöle come base per la preparazione dei succulenti turcenjille (←clicca) da cuocere alla brace!
La plastica e il metallo sanno troppo di tecnologico…e non si possono mettere sotto i denti!
Stìzze
Stìzze s.f. e s.m. = Goccia, Arricciatura (edil.)
1) Stìzze, s.f. = Goccia. Quantità piccolissima di liquido di forma tondeggiante che si separa dalla massa o che si forma per aggregazione di particelle più piccole. Ammessa anche la variante stìzzeche.
2) Stìzze. s.m. = Arricciatura o rinzaffo. Si tratta di un impasto poco denso di acqua, cemento e sabbione. Si applica manualmente contro la parete da intonacare mediante veloci ed energiche cucchiaiate con la cazzuola. Detto anche squìcce.(clicca)
Una volta che questo sottile strato di malta cementizia ha fatto presa, assume l’aspetto di un tappeto con tante gocce a rilievo (da cui il nome ‘u stìzze = goccia, o ‘u rìcce = crespo, arricciato).
Su questo strato è più agevole stendere la malta bastarda (tufina, calce idrata, acqua e cemento) che si aggrappa allo strato dell’arricciatura per formare il corpo dell’intonaco grosso.
In terza passata, dopo l’asciugatura, si passa l’intonaco fino di malta bianca fatta di polvere calcarea, cemento bianco e acqua. Pe il fino si usa la cucchjére amerechéne, il frattazzo metallico.
Stizzeché
Stizzeché v.i. = Piovigginare
Accettabile anche la versione più antica stezzechéje
Piovere leggermente, con gocce minute
Giuà, guarde ‘nu pöche före, che fé ‘u timbe, chjöve? No, stezzecöje. = Giovanni, guarda un po’ fuori, che fa il tempo, piove? No pioviggina.
Qualche buontempone rispondeva: stìzze-cazze-cöje…
Il verbo deriva dal sostantivo stizze o anche stìzzeche = goccia, stilla. Quindi sarebbe come dire: gocciolare, stillare.