Disseppellire, togliere una salma inumata nella terra, per trasferirla dalla fossa e tumularla in un loculo di muratura.
Questa operazione, disciplinata da severe norme igieniche secondo un Regolamento cimiteriale stabilito dal Comune, può avvenire solo dopo un lungo periodo di giacenza del cadavere nella sepoltura.
Opera eseguita dal becchino (clicca→), ‘u šcattamurte e dai suoi aiutanti in presenza dei familiari del defunto.
Uno spettacolo pietoso che induce a riflettere sulla caducità della vita. Non tutti riescono a sopportarlo.
In verbo sfussé ovviamente è usato anche in altri contesti.
Esempio n. 1 (reale):
Quando il frumento si conservava in silos sotterranei, vere e proprie fosse, si usava lo stesso verbo per indicare l’apertura del deposito al momento del prelievo.
A Foggia esiste una Piazza chiamata Piano delle Fosse. Lo stesso nome Foggia e’ dovuto a quelle “fosse” del grano. Foggia deriva da Fovea, in latino fossa.
A Cerignola il luogo delle Fosse per il grano è diventato un’attrattiva turistica.
Esempio n. 2 (figurato):
«Si dice anche ‘nu murte sfusséte per dire di un viso dal pallore di morte (magari per lo spavento o la colpa di qualcosa) ma anche di un qualcosa dimenticata o desueta , morta, e tirata d’un tratto fuori o in discussione (sfossata = riesumata).»
Un po’ come quando scherzosamente si citano i “santi tarlati”…(clicca→ qui)
Testo virgolettato mi è stato inviato dall’amico dr. Enzo Renato, cui va il mio sentito ringraziamento.