Sfastidjé v.t. = Irritare, spazientire
Irritare facendo perdere la pazienza.
Causare complicazioni, infastidire..
Bàste! M’ha sfastidjéte! = Basta! Mi hai fatto perdere la pazienza!
Ossia mi hai dato fastidio.
Irritare facendo perdere la pazienza.
Causare complicazioni, infastidire..
Bàste! M’ha sfastidjéte! = Basta! Mi hai fatto perdere la pazienza!
Ossia mi hai dato fastidio.
È una sorta di spago le cui fibre non sono troppo ritorte, (dall’aspetto sfilacciato, da cui il nome) e viene usato in agricoltura per legare i virgulti delle nuove piante a una canna di sostegno, o per legare i covoni, sia quelli tagliati a mano, sia quelli stretti dalla macchina mietitrice.
A volte si richiede quando non si ha altro legaccio a portata di mano: Dàteme ‘nu sfelàcce! = Datemi uno spago qualunque ché mi serve ora!
Sfelamé v.t. Bramare
Il significato principale è: bramare, desiderare ardentemente, smaniare, struggersi.
Viene usato anche nella forma sfalamàrece. In questo caso significa: affliggersi, crucciarsi, dispiacersi, dolersi. affannarsi in una ricerca infruttuosa.
Insomma in ogni caso non si è potuto calmare la “fame” di qualcosa, non c’è alcun soddisfacimento, né per la mente, né per i sensi.
Sfelé ‘a cröne loc.id. = Spazientirsi
Alla lettera la traduzione è;:Sfilare la corona
Questa locuzione significa spazientirsi ed elencare, enumerare, esporre in serie, come i grani del rosario, una sfilza di improperi, rimproveri, invettive, contestazioni verso qlcu, generalmente a voce alta.
Vüte quande mandènghe? Se me fé pèrde angöre ‘a pacjènze, mò accumènze a sfüle la cröne… = Vedi quanto mi trattengo? Se mi fa spazientire ulteriormente, inizio ad elencargli una sfilza di improperi…
Rompere qlcs, produrre molte briciole. Ridurre un oggetto in frantumi. Tritare, ridurre in mille pezzi.
Talvolta è usato, in forma riflessiva (sfrajanàrece), per indicare il moto ondoso del mare agitato che si infrange sulla battigia sabbiosa o sulla scogliera.
‘U mére ce sfrajanöje (forte) mbàcce ‘i scùgghje = Il mare (agitato) si infrange contro gli scogli.
Sfrecànde agg. = Sfrontato, sfottente, provocatore.
Atteggiamento di chi per sua indole è portato a canzonare, dileggiare, punzecchiare e sbeffeggiare gli altri. Ha sempre la battuta pronta.
Talvolta anche il suo abbigliamento, la sua noncuranza, la sua sfacciataggine sono sfrecande
Quando si mantiene entro certi limiti è un vero simpaticone che mostra intelligenza.
Ovviamente deriva da sfreché = sfottere, canzonare.
Sfrechéte agg. = Esausto, spossato
Estremamente prostrato fisicamente o psichicamente.
Me sènde sfrechéte, jògge nen vogghje fé njinde = Mi sento spossato, oggi non voglio far nulla.
Oh, Mattö’, accüme te sjinde? Eh, stéche tutte sfrechéte = Ehi, Matteo, come ti senti? Eh, sono molto abbattuto.
Credo che il verbo derivi dal sostantivo sfrido, calo quantitativo subito da una merce, un materiale, un prodotto, ecc. durante la lavorazione, il magazzinaggio o il trasporto. (De Mauro – Il dizionario della lingua italiana).
So’ tre müse ca stéche facènne ‘a cüra dimagrànde, e nen me so’ sfreddéte pe njinde = Sono tre mesi che sto facendo la cura dimagrande e non sono per nulla calato di peso.
Sfresciüne (de) agg. = di striscio, rasente.
L’aggettivo si riferisce a colpo (d’arma da fuoco, di randello, di mano, di piede, ecc.) che non colpisce in pieno il bersaglio secondo l’intenzione di chi lo sferra, ma solo di striscio.
Scherzosamente si usa anche l’espressione rècchje-rècchje quando il colpo non ha colpito il bersaglio, ma lo ha solo sfiorato.
Senza arrivare ai casi gravi, diciamo che quando nel gioco del calcio si “svirgola”, la palla è colpita de sfresciüne e perciò non va nella direzione voluta dal calciatore.
Figuratamente quando un argomento non viene affrontato direttamente lo si propone de sfresciüne, diremmo in italiano che lo si accenna “di traverso” o lo si fa intendere “tra le righe”.
Un proverbio genovese riferisce che ‘si parla alla suocera perché la nuora intenda’.
I ciccioli sono un prodotto alimentare ottenuto dalla lavorazione del grasso presente nel tessuto adiposo interno del maiali, durante la preparazione della sugna.
Portando ad una certa temperatura il grasso, tutti i residui di carne vengono “cotti” e si presentano un po’ come i corn-flakes.
Si mangiano caldi con un po’ di sale. Una volta raffreddati si conservano in frigo e possono essere usate nella preparazione di pizze e torte salate.
Sono ipercaloriche, una bomba di colesterolo. Ora che nelle nostre campagne non si allevano più i maiali, sono scomparsi dal mercato.
Il termine è usato sempre al plurale.