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Rèzze

Rèzze s.f. = Rezza, pannicolo adiposo

Strato di tessuto connettivo o membrana che avvolge un organo o che riveste una cavità interna del corpo umano e animale.

Mi piace parlare di quello animale….

Specialmente di quello dgli agnelli: la rezza, assieme alle interiora dell’agnello, serve a preparare i gustosissimi turcenjille (vedi: turcenjille e cazzemarre).

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Rezzecatöre

Rezzecatöre s.f. = brivido

Il sostantivo divrebbe essere smile all’italiano accapponamento, riferito alla pelle del cappone, depennata, che si presenta tutta puntini per i buchi delle penne estirpate. Un po’ come dire: avere la pelle d’oca (per il freddo, l’emozione, la sorpresa).

Sènde ‘na rezzecatöre: abbàste ca nen me vöne a fröve! = Sento un brivido (addosso): purché non mi venga la febbre!..

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Rezzeché i carne (fé)

Rezzeché i carne (fé) loc.id.= Accapponare la pelle

Usato anche arrezzeché  e in forma intransitiva arrezzecàrece i carne.

Fé rezzeché i carne significa che un racconto o un avvenimento coinvolge emotivamente ed intensamente qlcu tanto da procurargli la pelle d’oca, ossia brivido, emozione, timore, sorpresa, impressione.

A preggessiöne d’a Madonne de Seponde, me fé arrezzeché ‘i carne da ‘ngudde = La processione del quadro della Madonna di Siponto, mi si sollevano le carni da dosso. (mi emoziona intensamente).

Me sò sunnéte a nanonne, vöra vöre, ca me guardöve fisse fisse e nen deciöve njinde: škìtte a düce ce rezzechèjene i carne = Ho sognato mia nonna, nitidamente, che mi fissava e taceva: solo a raccontarlo mi sto commuovendo (mi si accappona la pelle).

 

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Rezzeljé

Rezzeljé v.t. = rassettare

Qualcuno pronuncia anche arrezzeljé rezzegljé o rizziljé. Ritengo che queste “varianti” siano tollerabili.

Il verbo deriva dal latino  re+seditare = Rassettatura, riordino

Rimettere in ordine, sistemare qlco.: ordinare, pulire se stessi, o la casa o la bottega.

Raccogliere gli attrezzi usati in precedenza nell’eseguire una riparazione, un servizio.

Arrezzeljè i fjirre = Ordinare (rassettare, ricollocarli nella propria sede dopo l’utilizzo) gli arnesi del mestiere. Esiste per questo atto una locuzione simile: ammazzé i frajùle (←clicca).

Per estensione si usa rezzeljé nel significato di fare piazza pulita di tutte le vettovaglie presenti in tavola.

Mattöje sté sfunnéte,  hò rezzeljéte tutte cöse = Matteo è senza fondo: ha fatto piazza pulita.
Avüte rezzeljéte tutte cöse? = Avete trangugiato tutto?
‘N’ate döje seccetèlle so rumése: arrezeljàtele = Altre due seppioline sono remaste: terminatele.

Come rifl. (arrezzeljàrece) significa sistemarsi, agghindarsi.

Spostando l’accento sulla ‘ì’, da rezzeljé a rezzìlje cambia il significato, da verbo diventa sostantivo al femminile.
Fé ‘a rezzìlje fare le pulizie domestiche, dedicarsi al rassettamento, alla sistemazione degli attrezzi dopo l’esecuzione di un lavoro artigianale.

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Riattàrece

Riattàrece v.i. = Impegnarsi

Darsi da fare per cercare di portare a termine un lavoro; adattarsi a fare un mestiere diverso dal proprio, espletare una seconda attività, fare dei lavoretti extra.

Insomma non lasciare occasione di guadagnare qlcs perché l’attività principale non è abbastanza redditizia.

Penso che derivi propria dal verbo adattarsi, ambientarsi in un nuovo contesto lavorativo.

Ammessa anche la pronuncia arriattàrece

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Rìcche-Pelöne

Rìcche-Pelöne agg. e s.m. = Ricco sfondato

Il nome Pelöne = Epulone proviene dalla famosa parabola di Gesù e raccontata nel Vangelo di Luca (Cap.16, versetti dal 19 al 31). È anche conosciuta come la Parabola del Ricco e del mendicante Lazzaro.

L’uomo ricco tradizionalmente è chiamato Epulone nella Vulgata, la traduzione latina del brano e dell’intera Bibbia. Infatti in latino Epulònem, proviene da èpulae= vivande, e èpulum, banchetto.

La definizione si addice a qlcu che fa lo sbruffone, comportandosi da prodigo, o anche a chi è ricco davvero ma si comporta da egoista.

Jì arrevéte ‘u rìcche Pelöne! = È arrivato il ricco sfondato.

Ossia: guardatelo come fa lo sbruffone e si comporta con prodigalità, sperperando denaro in quantità, proprio come se fosse una persona ricca di fatto, mentre io so che non lo è.

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Rìnje

Rìnje oppure arìnje s.f. = Origano

L’origano comune (nome scientifico Origanum vulgare, è una pianta perenne aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae (da Wikipedia).

È una pianta infestante, che attecchisce facilmente nei terreni collinari o sassosi.

Si utilizza come pianta aromatica, spiluccandone le foglioline e la cima essiccate, nella cucina mediterranea.

Immancabile sulla pizza, e in intingoli con pesce o carne

Se occorre l’articolo scrive in due modi diversi per l’omofonia (la rìnje o l’arìnje).  Nella frase che non richiede articolo prevale rìnje.

Per esempio: 

Accattéme l’arìnje (o la rìnje o ‘a rìnje)
Mìtte ‘nu pöche de rìnje.

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Rìzze

Rìzze s.m. = Riccio


Normalmente, noi popolo di mare, intendiamo con questo nome solo il riccio di mare (Arbacia lixula), comune nelle nostre scogliere.

 

Dubito che gli attuali abitatori di Manfredonia abbiano avuta conoscenza diretta del riccio che vive nelle campagne e nel sottobosco (Erinaceus europaeus), anche perché è sempre più raro trovarne in giro per i danni all’ecosistema causati dai pesticidi.

 

Per completezza di notizia, chiamiamo rìzze anche il riccio che avvolge le castagne.

I capelli ricci sono detti rìcce, quasi come il lingua.

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Rjanéte

 

Rjanéte s.f. = “Reganata” Pietanza tipica

In Sicilia con questo nome indicano una gustosa focaccia con pomodori, aglio, acciughe, pecorino e origano.

Da noi rjanéte,  che l’origano proprio non lo vede, nonostante il nome (rìjene o rìnje da cui forse potrebbe derivare), è una gustosa pietanza di carne o pesce.

È diffusa in tutta la Capitanata, e viene cotta al forno con tante patate a contorno.

Quella per eccellenza, ‘a rjanéte p’a sìccia chjöne, ha per protagonista la seppia, ripiena di un impasto composto principalmente da mollica di pane sbriciolata, uovo e pecorino grattugiato.   Una volta adagiata nella teglia, intorno alla seppia si dispongono patate a tocchetti, olio, sale, pomodori tagliati a pezzi, aglio e prezzemolo. Durante la cottura nel forno sprigiona un profumo che investe la cucina e si spande addirittura all’esterno della casa.

Quando non esistevano i forni domestici, si mandavano a cuocere al forno pubblico, e il tragitto di ritorno all’ora di pranzo, provocava l’invidia dei passanti golosi.

Altri protagonisti della rjanéte erano il baccalà, la testina di agnello (Clicca→ capuzzèlle), gli involtini (Clicca→ cazzemarre e turcenjille) o anche, come ultima risorsa, il polpettone di carne bovina tritata.

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Rjanètte

Rjanètte s.m. = Armonica a bocca

Strumento a fiato costituito da una scatoletta di legno con una serie di fori in cui sono disposte delle lamelle metalliche intonate alle varie note, che si suona facendolo scorrere sulle labbra. Soffiando si ha una nota, e aspirando un’altra.

Etimo: organo, organetto.

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