C’jì fatte quatt’öve ind’u piatte
Si è fatto quattro uova nel piatto.
Ossia non è andato scarso, ha trovato il suo tornaconto in un affare magari un po’ ai margini della correttezza.
Constatazione dei fatti, con una punta forse di invidia.
C’jì fatte quatt’öve ind’u piatte
Si è fatto quattro uova nel piatto.
Ossia non è andato scarso, ha trovato il suo tornaconto in un affare magari un po’ ai margini della correttezza.
Constatazione dei fatti, con una punta forse di invidia.
Che io sopporto e sopporto…
Qlcu completa la frase rimasta intenzionalmente in sospeso:
…e po’ te lu fazze vedì quante lu tènghe! = …e poi ti faccio vedere quanto lo tengo!
Che cosa? Il fegato ingrossato dalla rabbia repressa?
Ogni pazienza ha un limite!
Ca te vònn’acciüde
Che ti vogliano uccidere.
È un’imprecazione (simile al romanesco va a morì ammazzato o morì-ammazzato) vivace e immediata contro qlcu che ci procura un danno, un dolore fisico, un inganno, ecc.
Esistono numerose varianti, naturalmente: ca t’anna acciüde, ca t’anna sparé, ca t’anna ‘mbènne = che ti debbano uccidere, che ti possano sparare, che ti vogliano appendere (nel senso di impiccare), ecc.
Per completare il simpatico augurio, segue immancabilmente la specificazione del destinatario, caso mai non si capisse bene: ‘stu desgrazzjéte!= questo farabutto!
Cambéna sànde ca jìsse jì stéte
(Il suono della) campana (santa, della chiesa, che sta giungendo proprio in questo momento, conferma i miei sospetti) che lui è stato (l’autore del misfatto).
Il Detto praticamente potrebbe tradursi con la locuzione: Ci puoi giurare
Quando si cerca il colpevole di qualche malefatta, e si esprimono dei sospetti, può capitare un evento ritenuto rivelatore che conferma le congetture espresse.
In questo caso è il suono il sopraggiunto concomitante suono della campana della chiesa, quindi un segnale sacro che viene dall’Alto.
Allora i sospetti sono davvero fondati! Il dubbio che diventa certezza, senza alcuna prova.
Roba da far inorridire qualsiasi giurista.
Grazie a Enzo Renato per lo spunto fornitomi su facebook
Alla lettera si traduce con: Canta, ché ti fai Canonico.
Questo Detto ha due significati:
1) Parla tu, ma tanto io non ti ascolto.
2) A furia di cantare puoi diventare anche Canonico … ma a me non interessa.
Cominciamo a dire che il Canonico è un presbitero (cattolico, luterano, o anglicano) facente parte di un Gruppo ristretto, il “Capitolo”, creato dal Vescovo e scelto fra i sacerdoti che si sono distinti per particolari meriti nel loro ministero.
Spiegazione: il Detto cita il Canonico perché questi era la figura che colpiva l’immaginazione popolare, per il suo canto doloroso, implorante e monotono che si ascoltava durante le funzioni cui partecipava l’intero Capitolo Diocesano.
Nei funerali “di lusso” di una volta i parenti del defunto invitavano, dietro compenso, l’intero Capitolo a partecipare al funerale e al successivo accompagnamento della salma fino al Cimitero, dietro il cocchio a quattro cavalli bardati di nero. I Canonici durante il tragitto pregavano e salmodiavano, con canti mesti che si addicevano al lutto.
Ringrazio Umberto Capurso per avermi dato spunto per la stesura di questo articolo.
Carna triste, ne la völe Crìste
La carne triste, non la vuole Cristo.
La gente malvagia vive a lungo, come per una contraddizione. Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno.
Ossia: L’erba cattiva non muore mai.
Carnevéle uàste e aggióste !
Carnevale guasta e ripara.
Il significato è abbastanza semplice: prendi tutto con calma!
Può sembrare che un evento porti nocumento (vi piace questa parola?) e invece si risolve bene.
Si chiude una porta e si apre un portone.
Il motto è indissolubilmente legato al carnevale di Manfredonia a causa di tutte le coppie che “scoppiavano” (si dividevano) e si formavano durante i festeggiamenti.
Nella foto di Bruno Mondelli compare “Ze Peppe”, il simbolo del Carnevale manfredoniano.
Cavalle de carrozze: bböna giüvendó e mala vecchjéje prov.
I cavalli più belli (quelli destinati al tiro delle carrozze signorili) in gioventù, nello splendore della loro vigoria, sono trattati molto bene. Disgraziatamente in vecchiaia vengono trascurati e se la passano male.
Purtroppo la stessa cosa, di frequente, accade per le persone anziane. Da giovani sono individui utili, produttivi, riveriti, ma da vecchi sono spesso trascurati se non del tutto abbandonati.
Cantava Modugno: “Il vecchietto dove lo metto?”. Amara realtà.
Ringrazio Michele Granatiero che mi ha dato lo spunto per farmi comporre questo articolo.
Càzze a ljitte e ciànne spjirte
Mentre l’uomo è in casa, la donna è fuori.
La traduzione letterale (scusate la volgarità, ma il detto è questo…): il cazzo (nel senso di lui) sta a letto e la vulva (nel senso di lei) è indaffarata fuori casa.
Si cita scherzosamente questo detto allorquando, entrando in casa di amici per un saluto, invece di trovarvi la coppia, ci si imbatte nel capo famiglia solo in casa, perché la consorte è uscita per sbrigare faccende, magari anche impegnative, incombenze che più opportunamente avrebbe dovuto svolgere lui.
E che facjüme quà, cazze a ljitte e ciànne spjirte? = E che facciamo qui, lui dentro e lei fuori?
Nessuno si offende e si finisce con una bella risata.
Cazze e chegghjüne e Mecalàngele müje
Alla lettera: Cazzo e coglioni, e Michelangelo è mio.
Ossia gira e volta ma i guai sono i miei.
Una frase piena di amarezza. Può significare, ridiamo e scherziamo tutti, ma alla fine tocca a me risolvere i problemi.
Origine ipotetico del detto.
Una donna incinta, guarda con molta apprensione il suo futuro.
Il responsabile, come quasi tutti i maschietti irresponsabili, si è defilato e la poverina si è trovata con il figlioletto Michelangelo suo. Abbiamo giocato in due ma resto io da sola ad allevare il pupo.
Successivamente, passando di bocca in bocca, il suo pensiero sarebbe diventato un modo di dire.