Categoria: Proverbi e Detti

Cianne jöve néte e la mamme l’avöve ‘nzuréte

Cianne jöve néte e la mamme l’avöve ‘nzuréte

Gianni era nato e la mamma lo vedeva già grande, sposato, affermato, realizzato.

L’amore di ogni mamma vede già nella sua creatura una persona di grande successo.

Il nome assegnato frugoletto, secondo le tradizioni di famiglia, è diverso: qualcuno lo chiama Tatte, altri Giuànne. Mia suocera, che era molto sfottente, lo aveva “battezzato” con un termine impertinente, e aveva coniato il verso finale:
ho avüte ‘nu fìgghje e l’avöve misse a nöme Dunéte.

Il proverbio vuole frenare coloro che, in termini temporali e nella foga del discorso, si proiettano in un futuro che va molto al di là del proposito attuale, il quale, proprio perché progetto, non stato ancora realizzato. Un passo per volta! Step by step.

Ad esempio, parliamo della patente di guida che nostro figlio intende conseguire, e già uno o l’altro dei genitori parla dei diversi modelli di automobile che potrebbe acquistare, del colore della carrozzeria, del tipo di assicurazione, di quanto costa l’uso dell’autorimessa o la sostituzione dei pneumatici dopo 40 mila km… ecc. ecc.

Calma! Vediamo prima se il ragazzo riesce a superare gli esami!

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Ciànne müje quànne hè putüte, e mò me chiàmene mòneca varvüte

Ciànne müje quànne hè putüte, e mò me chiàmene mòneca varvüte

In gioventù ho sfruttato il mio sex-appeal, ma ora in età avanzata sono diventata proprio inguardabile.

Oserei dire proprio un cesso.

La traduzione non è proprio letterale, ma questa grido di angoscia è un rimpianto e non un rimorso.

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Cìcce cummanne a Cöle, e Cöle cummanne a Cicce

Cìcce cummanne a Cöle, e Cöle cummanne a Cicce prov.

Questo Detto si i riferisce a persone che provano ad svincolarsi dai proprî obblighi e doveri, e tentano di farli ricadere sugli altri.

Antichissimo e antesignano modo di illustrare il moderno “scaricabarile” citando nella traduzione Francesco (Ciccio) che comanda Nicola (Cöle) e Nicola che comanda Francesco. Alla fine nessuno dei due si mette all’opera.

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Ciócce a temöne e müle a valanzüne

Ciócce a temöne e müle a valanzüne

Si tratta di linguaggio da carrettieri. Alla lettera significa: Ciuchi al timone e muli al bilancino.

Di solito al timone, ossia tra le stanghe del carrettone, di poneva un cavallo, più obbediente e sveglio del mulo, e al bilancino, ossia al tiro affiancato, un altro equino che eseguiva più l’andamento del carro che i comandi del carrettiere.

Gli asini e i muli sono considerati più animali da soma che da tiro. Messi a trainare il carro non sono proprio l’ideale per il corretto andamento del trasporto.

Figuratamente il proverbio si cita quando si vuole evidenziare che al vertice, al “comando” della casa, di un’Azienda, di un’Impresa, di un’Amministrazione, ecc. ci sono delle persone inadatte, incapaci, inefficienti e/o incompetenti (succede, succede…)

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Cìtte tó e cìtte jüje

Cìtte tó e cìtte jüje

Zitto tu e zitto io.

Modo di dire che riassume complicità, omertà, patto tra due persone che preferiscono non palesare i loro segreti.

Ad esempio:
1-Vediamo compiere delle mascalzonate da manigoldi, ma per timore di ritorsioni, facciamo finta di niente.
2-In  due abbiamo scampato un pericolo in macchina, evitando una sbandata, ma non osiamo manifestare alcun commento. Ammutoliti!

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Cìtte-cìtte ammjizze la chiàzze

Cìtte-cìtte ammjizze la chiàzze

Zitto zitto, in mezzo alla piazza

Questo modo di dire vale come il famoso Segreto di Pulcinella.

Cioè, facciamo di tutto per mantenere nascosto qualche malefatta e poi finisce che la conoscono tutti!

Come se si palesassero in piazza i propri segreti.

Si cita il proverbio come un rimprovero rivolto a qlcn che non ha saputo tenere la bocca chiusa.

Esistono due varianti ugualmente ironiche:

Cìtte-cìtte u banne alla chiàzze. = Zitto zitto, come il banditore in piazza
Cìtte-cìtte accüme tarramote = Zitto zitto, come il terremoto

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Códde ca nen völe Mengalöne

Códde ca nen völe Mengalöne ce l’attònne megghjöra chjàtte

Quello che non vuole il marito se lo pappa la moglie grassa.

Il Detto vuol significare che in casa non ci sono sprechi. Tra economia e satira.

Mengalöne è un nome a caso, che qui scherzosamente significa Domenico, derivante da Mimìnghe

Simile al detto, qiesta volta riferito al marito che ti pappa quello che non vuole la moglie. (clicca→qui)

Ringrazio Michele Castriotta per il suggerimento.

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Córte e malecavéte

Córte e malecavéte

Corto e malnato.

Questo detto si riferiva alle persone di bassa statura, ritenute erroneamente di animo malvagio, nate sotto cattivi auspici, vittime di un destino ingrato.

Secondo una credenza finalmente debellata, i soggetti bassi di statura non crescerebbero in altezza a causa della loro innata malizia. Tutte fandonie!

Mio cognato rispose ai colleghi camionisti tedeschi spilungoni, che lo punzecchiavano a causa della sua statura, che l’altezza giusta per un uomo vero era la sua, di cm 158: tutti i centimetri in eccesso indicavano la misura di…un pieno di merda!

Ah ah ah! Risate e birra a volontà offerta dagli amici Teutonici pieni di…birra!

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Crìsce ‘i fìgghje e crìsce ‘i pùrche

Crìsce ‘i fìgghje e crìsce ‘i pùrche

È lo sfogo amaro sicuramente di persone anziane che vengono purtroppo trascurati dai propri figli. Una specie di improperio, come per dire che allevare i figli e allevare i porci è la medesima cosa. E questo perché né i figli né i maiali mostrano riconoscenza verso chi li cura.

Insomma il contrario del Detto napoletano: ‘E figlie so’ piezze ‘e core.
Dice Luciano De Crescenzo che il Napoletano perdona qualsiasi nefandezza quando il soggetto semplicemente è pate ‘e figlie

Fortunatamente i figli ingrati sono rarissimi (almeno lo spero!).
In questi tristi casi i Napoletani sentenziano una variante altrettanto veritiera del nostro Detto : ‘E figlie so’ piezze ‘e mmerda.

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