Categoria: Proverbi e Detti

Chi sté ‘nnànze, me pàsse, ma chi sté dröte, me vöte jì ‘nnanze.

Chi sté ‘nnànze, me pàsse, ma chi sté dröte, me vöte jì ‘nnanze.

Chi mi precede, è sicuramente migliore di me, ma chi mi sta dietro può solo vedermi progredire.

Un po’ considerare il proprio ruolo nella società, dove molti, in una scala di valori, sono collocati più in alto.

Tuttavia non c’è da sottostimarsi, perché ci sono anche quelli con meno talento, abilità, virtù, qualità.

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Chi sté alla chése, böna fertüne li trése

Chi sté alla chése, böna fertüne li trése

Alla lettera: chi sta alla (propria) casa, buona fortuna gli entra. In italiano un po’ più corretto: “Chi resta in casa propria, guadagna buona fortuna”.

Ossia non si espone a pericoli: aggressioni, tumulti, piovaschi, litigi, incidenti, borseggi, cadute, ecc.

Quindi, per prudenza, sarebbe meglio rimanere tappati in casa. Troppo riduttivo e pessimista.

Ovviamente veniva enunciato a posteriori, ossia a disgrazia avvenuta, da qualcuno lì presente, al posto di esprimere parole di conforto, con significato di: “Avresti fatto bene a rimanere in casa!”….

Una specie di rimprovero/beffa. Il malcapitato, se ancora lucido, lo avrà mandato quel paese.

Questo proverbio è decisamente contraddittorio con quell’altro che dice: chi jì fèsse, stèsse alla chése.

Esiste la variante finale….. “böna jurnéte li trése” = guadagna una giornata, intesa come compenso di lavoro. Questo è riferito alle donzelle, che si applicherebbero alle faccende di casa invece di andare scussiànne!

Ringrazio il lettore Roberto Trotta per avermi dato lo spunto a redigere questo post.

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Chi te völe méle, te fé parì ‘u cüle da sotte a sètte cammüse

Chi te völe méle, te fé parì ‘u cüle da sotte a sètte cammüse

Ci ti vuole male ti scopre il culo anche da sotto a sette camicie.

Hai voglia tu a coprire (figuratamente) con cura le tue grazie!

Chi ti vuole male è capace di fare malignamente una ricerca talmente accurata e a fondo che qlcs scopre sempre: difficilmente qualcuno si salva da costui.

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Chi töne fìgghje fèmene…

Chi töne fìgghje fèmene…

Il proverbio è un po’ troppo lungo. Lo trascrivo interamente qui sotto:

Chi töne fìgghje fèmmene
nen pöte düce ca l’ate so’ putténe.

Chi töne fìgghje màscule
nen pöte düce ca l’ate so’ mariùle.

Ossia: Chi ha figlie femmine non può dire che le altre sono prostitute. Chi ha figli maschi non può dire che gli altri sono ladri.

È un invito a non tranciare giudizi avventati sugli altri. Le stesse cose possono succedere anche ai nostri figli. Nessuna donna vuole fare la prostituta e nessun uomo il ladro o il detenuto. Sono le traversie della vita che possono abbattersi su chiunque.

Ho risentito recentemente questo detto. L’ultimo verso riferito ai figli maschi è un po’ diverso, e dice:
nen pöte düce ca l’ate so’ chernüte = non può dire che gli altri sono cornuti.

Prudenza!

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Chi töne lènghe, vé ‘Nzardègne

Chi töne lènghe, vé ‘Nzardègne

Chi ha lingua va in Sardegna.

Una volta la Sardegna era considerata lontana quasi come l’America. Quindi uno che ci arrivava doveva essere in gamba.

Il detto comunque vuole evidenziare che basta chiedere in giro per ottenere informazioni, dritte, suggerimenti.

La gente è più disponibile di quanto possiamo immaginare, specie se vede davanti a sé persone veramente in difficoltà.

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Chi töne sòlde asséje, sembe cònte; chi töne ‘a megghjöra bèlle, sèmbe cànte.

Chi töne sòlde asséje, sembe cònte; chi töne ‘a megghjöra bèlle, sèmbe cànte.

Chi ha assai soldi, sempre conta; chi ha la moglie bella, sempre canta.

Mi piace questo inno alla felicità.

L’avaro pensa solo a racimolare quattrini. Per lui la vita significa solo questo, arricchirsi il più possibile.

Ma fa una vita da miserabile perché non ama spendere nemmeno i soldi per un caffé al bar.

Invece colui che ha al suo fianco una bella e brava moglie, è felice e canta, perché ha capito il vero senso della vita.

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Chi töne, mànge, e chi nen töne mànge e böve

Chi töne, mànge, e chi nen töne mànge e böve

Chi è abbiente, mangia e chi è misero mangia e beve.

Una botta di ottimismo? Il proverbi illustra una situazione attuale.

Colui che è ricco, non soffre la fame. Ma colui che versa in stato di necessità aguzza l’ingegno, escogita un modo, prova mille sotterfugi, maneggia, inventa, architetta mini imbrogli, si indebita, insomma trova la maniera di mangiare ugualmente e anche di bere, ossia si concede qualcosa di più del “semplice” ricco.

Grazie al lettore Enzo Renato per il prezioso suggerimento.

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Chi völe a Crìste ce lu pröje

Chi völe a Crìste ce lu pröje

Tradotto alla lettera significa: Chi vuole Cristo se lo prega (da sè stesso).

Il significato di questo Detto vuole evidenziare che “chi fa da sé fa per tre”, ossia non bisogna aspettarsi aiuti da chicchessia. Se si vuole ottenere una cosa, occorre impegnarsi con tutte le proprie forze, non contare troppo sugli altri.

Si può anche domandare un favore a qualcuno, ma bisogna essere preparati a ricevere una risposta negativa.

Nota linguistica.
Il verbo transitivo il italiano vuole l’accusativo (esempio io vedo te).
In dialetto, sulla scorta della lingua spagnola, vuole il dativo: (es.: io vedo a te).

Ricordiamoci che il nostro territorio è stato a lungo sotto la dominazione francese (gli Anjou=Angiò) e spagnola, le quali hanno lasciato vistosi strascichi nel nostro vernacolo.

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