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Ngjinze

Ngjinze s.m. = Incenso; censo, rendita

1) “incenso” = oleoresine secrete da arbusti locali della Penisola Arabica.

Tali resine, una volta raccolte e cristallizzate, sono in grado di liberare nell’aria un forte e penetrante profumo al momento della loro combustione.

Conoscevamo fino a pochi anni fa solo l’incenso bruciato nelle chiese cattoliche durante le funzioni solenni, a simboleggiare la preghiera che si eleva verso il Creatore.

Abbiamo conosciuto anche altri tipi di incenso, venduti sottoforma di stecchetti, usati per deodorare ambienti o per creare atmosfere esotiche.

2) “rendita” = censo o censuo (dal latino Census).

Nel Medio Evo era un tributo sulla rendita, o meglio sull’usufrutto, dei terreni o degli immobili in genere.

Poi più genericamente si è identificato il termine “censo” con qualsiasi rendita, sia da interessi su capitale liquido, sia da locazioni di terreni o di case.

Quindi, la nota frase ho perse ‘ngjinze e capetéle, vuol significare che qlcu si è avventurato in un’operazione finanziaria finita male, nella quale ha perduto il capitale impiegato nonché l’interesse che sperava di guadagnarci.

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Ngògne

Ngògne s.f. = Angolo, cantuccio

Tipico il modo di dire: sté a ‘na ‘ngogne de müre = stare in un angolino.

Credo che quel ngo sia lo stesso del termine a-ngo-lo

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Ngreddàrece

Ngreddàrece v.intr. = Indirizzirsi, prendere freddo

Un verbo che viene usato ormai solo dagli anziani, perché sta andando in disuso, come il sinonimo chjetràrece, soppiantato dal più sbrigativo gelàrece,

C’è un secondo significato. Il verbo transitivo ngreddé ad uso dei cacciatori per indicare l’atto di sollevare il cane (percussore) prima di premere il grilletto dello schioppo.
Allora le armi da fuoco, compresi i fucili da caccia, non erano automatiche, e bisognava, prima di sparare, sollevare manualmente il percussore.
Penso che proprio il grilletto abbia dato il nome al meccanismo grilletto-cane e al verbo ngreddé che corrisponde al verbo ingrillare ormai in disuso (cfr. Grande Dizionario della lingua italiana)

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Ngrugnatüre

Ngrugnatüre s.f. = Sembianza, forma.

Sono i tratti somatici, i lineamenti del volto, specie se nel raffronto risultano somiglianti come accade tra consanguinei.

Ma quèdde jì sòrete? Tenüte ‘a stèssa ‘ngrugnatüre! = Ma quella è tua sorella? Avete la stessa sembianza (ossia c’è somiglianza, avete la stessa faccia, la stessa cera, la stessa espressione).

Penso che c’entri il grugno, inteso estensivamente come muso, viso, volto, cipiglio.

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Ngrugné

Ngrugné v.i. = Ingrugnire,

Mettere il grugno, immusonirsi; essere di malumore.

Il verbo è desueto, ed è usato solo in un proverbio che mette in guardia dalle bizzarrie meteo del “pazzerello” Marzo (clicca).


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Nguccé

Nguccé v.i. = ostinarsi, intestardirsi in modo quasi irragionevole.

Incaponirsi, intestardirsi, non sentire ragioni, mettersi in capo, in testa di fare qlcs ad ogni costo.

Quindi la testa c’entra sempre: ficcarsi un’idea in testa, in capo, in zucca. L’ostinato difatti è capacchjöne= testone, o chépa tòste = testa dura!

Penso che ‘nguccé deriva dal simpatico modo abruzzese di chiamare la testa (la còcce).

Non dimentichiamo che l’Abruzzo in Capitanata era di casa per effetto della transumanza delle pecore che per secoli vi venivano a svernare. Quindi c’è all’origine una osmosi, un passaggio di pecore e di termini tra le due Regioni (trattüre, trabbócche, chése-recòttefattizze, ecc.)

Esiste un verbo italiano: incocciarsi (a dire il vero ora poco usato) potrebbe essere la traduzione calzante di ‘nguccé.

Quanne Mattöje ‘ngòcce nen lu cunvìnge nescjüne = Quando Matteo si ostina, non lo convince nessuno (a cambiare idea).

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Ngudde

Ngùdde avv. = Addosso

indosso, sulla persona, sulle spalle. Si riferisce a coperte e indumenti da indossare per proteggersi dal freddo o da sguardi indiscreti.

Mìttete ‘na cösa ngùdde! = mettiti qualcosa addosso (ché fa freddo, o ché sei seminudo).

Presumo che derivi da cùdde = collo, la cui “c” iniziale si addolcisce in “g” in funzione della “n” precedente, come avviene in quasi tutte le parlate meridionali (ndèrre = in terra; ngànne = in gola; mbjitte = in petto, ecc.)

I Napoletani dicono ncuollo. Ricordate la canzone ‘A casciaforte?…Nun tengo Titoli, nun vivo ‘e rendita, nun tengo panne pe ‘ncuollo a me?

Rammento anche il gioco fanciullesco della cavallina, detto saltangùdde.

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Ngulastréte

Ngulastréte agg. = Colloso

Che contiene colla o ne ha le caratteristiche: una sostanza collosa e per estens., appiccicoso, attaccaticcio come la colla.

Si riferisce in dialetto specificamente alla pasta scotta: ‘A paste jì tutta ‘ngulastréte = La pasta è completamente appiccicosa a causa dell’eccessiva cottura.

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Ngulazzé

Ngulazzé v.t. = Ribaltare

Far assumere una posizione contraria a quella normale, rovesciare, capovolgere o, anche, inclinare in modo più o meno accentuato.

Specificamente il verbo si riferisce alla posizione fatta assumere ad un carretto, ruotando il ripiano di carico sull’asse delle sue ruote.
Allorquando si stacca il cavallo da tiro, si lascia a riposo il carretto vuoto con le stanghe sollevate in alto e la parte posteriore (culazze) poggiata al suolo: questa posizione salvaguardava la rigidità delle stanghe, non sollecitate da alcun peso e quindi non soggette a deformazioni .

Agghje ‘ngulazzéte ‘a carrette = Ho ribaltato il carretto.

Credo che il verbo derivi proprio da culo, culazze inteso come la parte posteriore del carretto.

Ricordo di aver visto da bambino all’Incoronata dei pellegrini che ponevano un telone sulle stanghe sollevate di un carretto ngulazzéte in modo da formare una specie di tenda-riparo per la notte.

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Ngunacchjé

Ngunacchjé v.t. = Ammagliare

Rattoppare le reti da pesca, o rimagliare la parte danneggiata.

Esiste anche la versione accumacchjé, con l’identico significato se è riferito alle reti. Più specificamente significa unire due capi di una cima, mediante intrecci e cuciture, per aumentarne la lunghezza. Come per dire accucchjé = accoppiare, unire.

Operazioni che vengono svolte a mano dai pescatori più anziani che non escono più in mare.

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