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Matröje

Matröje s.f. = Matrigna

La nuova moglie di un uomo rispetto ai figli da lui avuti in un precedente matrimonio. Per estens., madre poco amorevole.

Generalmente, rivolgendosi al figliastro, parlando della matrigna, per delicatezza la si definiva la zia.

Meh, accume stéje pàtete? E zjànete? = Beh, come sta tuo padre? E la tua matrigna?

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Mattöje 

Mattöje  n.p. = Matteo

Deriva dall’ebraico Matithyah, composto da matath, “dono” e Yah, abbreviazione di Yahweh, “Dio, Iavè”, e quindi significa “dono di Dio”.
L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 21 settembre in ricordo di San Matteo Levi, esattore delle tasse, chiamato da Gesù alla sua sequela..
San Matteo è considerato il patrono di banchieri, bancari, doganieri, finanzieri, cambiavalute, ragionieri, commercialisti, contabili ed esattori (notizie attinte da Wikipedia).

Sicuramene è uno dei nomi più diffusi nella zona garganica, data la grande venerazione per questo Apostolo di Gesù, cui dedicato il santuario di San Marco in Lamis (FG).

Stranamente a Manfredonia esiste anche la versione al femminile, Mattüje= Mattia, che è un nome maschile, essendo Mattia un altro apostolo di Gesù. Correttamente si dovrebbe scrivere e pronunciare Mattea, che ha un suono orribile!! Sarebbe come chiamare una leggiadra fanciulla con il nome di Enea o Mosè.

Diminutivi:

Mattjócce,
Mattuccjille,
Tuccjille,
Tuccèlle
.

Questi due ultimi, maschile e femminile, designano anche qlcu un po’ tardo di intelligenza, forse perché casualmente i più noti tontoloni locali degli anni ’50 portavano questo nome (Tuccjille ‘u stóbbete, Mattöje ‘u fiascone, Mattöje Canzéne).

Ma che sté decènne ‘stu tuccjille?! = Ma che sta dicendo questo stupido?!
Fé accüme a ‘nu tucjille = Agire (o agisce) come uno stupido.

Senza voler mancare di rispetto a chicchessia, mi piace ricordare questo personaggio, un po’ sui generis, che spesso dava una mano al fruttivendolo Jajànne.
Era conosciuto come Mattuccèlle, Parlava poco ma quando diceva una cosa era saggia e sacrosanta.

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Màule 

Màule s.f. = Malva


La Malva (Malva sylvestris) è una pianta erbacea annua del genere Malva, spontanea nei Paesi Mediterranei.

Ho sentito pronunciare anche MàleveMàlve. Di solito si usa dire ‘i fjüre di Màule = I fiori di Malva.

Il nome Malva deriva dal latino malva ed ha il significato di molle, cioè capace di ammorbidire. Esso è utilizzato come emolliente, grazie alle mucillagini presenti nelle foglie, in grado di assorbire molecole di acqua. La malva può essere assunta sotto forma di tisana per idratare e ammorbidire l’intestino.

Assieme ai fiori di camomilla è usato nei casi di costipazione, perché agisce come un forte fluidificante per le vie respiratorie, come il Fluimucil.

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Mazzangànne

Mazzangànne agg. e s.m. = Scansafatiche.

In italiano esistono molti sinonimi: fannullone, pigro, pigrone, poltrone, sfaticato, svogliato, sfaccendato, scioperato, perdigiorno, ozioso, indolente, bighellone, vagabondo, infingardo, buono a nulla (basta!). Per il contrario esiste solo “lavoratore”
Il dialetto come al solito è sintetico, stringato, essenziale.Il termine deriva da mazza = bastone e ‘nganne = al collo.Si tramandano differenti versioni sull’origine del vocabolo:

A) – Era un’abitudine dei pastori quella di fissare al collare di alcuni ovini in sospetta malattia, una verga di traverso, per impedirne l’ingresso nella stalla, e per tenerli separati dalle altre pecore. Una specie di quarantena, di cordone sanitario per scongiurare il contagio.
Quindi “mazzanganne” designa un soggetto anomalo, malato, indesiderato, fuori dal numero dei virtuosi. Per estensione è passato dalle pecore agli umani.

B) – Il lettore Giuseppe dice che la mazza, intesa come bastoncello, veniva legata di traverso al collare dei cani golosi per impedire il loro ingresso nei pollai a far razzia di uova. L’amico Matteo Borgia è più specifico: «Si dice così perché al cane da guardia che non voleva lavorare si legava una mazza alla gola per impedirgli di tornare nella cuccia.»

C) – Recentemente ho captato un’altra versione di mazzanganne.
Ossia il soggetto pelandrone non si può chinare a zappare o a svolgere qualsiasi altro lavoro manuale, perché si comporta come se avesse una stecca di lungo nel collo, una “mazza in canna” (nella trachea o nell’esofago) quindi che lo tiene rigido e gli impedisce di curvare la schiena.

D)  L’amico dott. Enzo Renato vede un’altra immagine, ossia un operaio che, cito testualmente, «…si attempa tenendo l’asta in mano dritta appoggiando l’attrezzo in terra. Il manico punta proprio il collo, ove si suole addirittura appoggiare il vertice della “mazza”. E così passa il tempo….svogliato; fino a quando non ti esorta l’altrui rimprovero.
Si dice pure : ” ‘Nganne, la vù.” = La vuoi proprio in gola! Non hai proprio voglia di farlo, di darti da fare.»

A favore della ipotesi B si è espresso il dott. Matteo Rinaldi, studioso del dialetto e co-autore (assieme a Pasquale Caratù) del già citato pregevole Vocabolario manfredoniano.
Lino Brunetti, a conferma della versione C), dice testualmente: «Io vado per quest’ultima spiegazione, anche perché ho sentito in un dialetto lombardo dire qualcosa su qualcuno che aveva la mazza di scopa al posto della colonna vertebrale, e non si piega a zappare».
Per par condicio si deve considerare anche l’ipotesi D).
Ad ogni buon conto nessuna versione depone a favore del soggetto mazzanganne!

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Mazze

Mazze sf e sm = mazza, verga, fortuna

1) ‘a mazze = mazza. Grosso bastone, randello: l’hanne pegghjéte a botte de mazze = Lo hanno colpito a colpi di mazza.

2) ‘a mazze = maglio. Specie di martello molto grosso, dal manico lungo, che si impugna a due mani per battere il ferro o altro;

3) ‘a mazze = manico (di scopa, di zappa, di piccone ecc.)

4) ‘u mazze al maschile = mazzo (di fiori, di carte)

5) ‘u mazze al maschile = sin. di culo nel senso di fortuna sfacciata al gioco.

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Mazzjatöne

Mazzjatöne s.m. = Pestaggio

Serie violenta, furiosa, di percosse, di colpi a mani nude o con l’ausilio di un corpo contundente (il manico di scopa era il più..usato).

Sinonimi: Paliatöne, Pandummüne, Frechéte de mazzéte, Scàreche de taccaréte, Abbuttéte de fàcce, Stengenéte de cùste, Menéte de şkaffe, de recchjéle, de cazzuttüne, Freché l’ambìgne, ‘u püle, ‘u papüle, Mustaccé de sanghe….ecc.)

Sono termini molto più immediati ed efficaci dei corrispondenti in lingua! (busse, percosse, botte).

Ne esci sempre molto malconcio, ma….. vuoi mettere?

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Mbàcce

‘Mbacce avv. = in faccia

A stretto contatto, vicino a, di fronte a, al cospetto

Quànne agghja düce ‘na cöse, jü la düche ‘mbàcce = Quando ho da dire una cosa io la dico in faccia.

Quando non si sa dove collocare qualcosa, o si invita qlcn a togliersi dai piedi si dice: va lu fé ‘mbacce ‘u nése! = va a farlo contro il naso (che cosa?).

È un eufemismo per dire va lu fé ‘ngüle (scusate ndr) = vàffa….

La locuzione mètte ‘mbacce a… significa intestare e quindi registrare al Catasto un bene immobile.

Pàteme ‘a chése a Muntìcchje me l’ho misse ‘mbacce a mmè. = Mio padre ha devoluto a me (ha intestato a me la proprietà del) l’immobile ubicato al rione Monticchio.

Questa chése stéte mìsse ‘mbacce a mmè. = Questa casa è intestata a me (è di mia proprietà).

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Mbambalì

Mbambalì v.t. = Frastornare.

Alcuni dicono ‘mbambalìsce e altri ‘mbambalìje.

A mio parere il verbo deriva da imbambolare o da obnubilare, quantunque quest’ultimo sia un termine prettamente medico.

Confondere, turbare, assordare, rintronare, intontire.

E pìgghje quà, e lass’allà, e söpe, e sòtte….Avaste! Me sté facènne mbambalì! = E prendi qua, e lascia là, e sopra, e sotto…Basta! Mi stai facendo frastornare.

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Mbambalüte

Mbambalüte agg = Intontito, frastornato

Stordito, stralunato, inebetito a causa della mancanza di sonno o dall’eccessivo uso di alcolici.

Ritengo che derivi da imbambolato, o da obnubilato.

Lo stato di disorientamento è detto ‘mbambalènze.

L’italiano è ricco di sinonimi: stordito, stralunato, attonito, annichilito, disorientato, frastornato.   A noi basta ‘mbambalüte!

Parle e parle e nen me respùnne: ma sté mbambalüte? = Parlo e parlo e tu non mi rispondi: ma sei stralunato?

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Mbané

Mbané v.t. =Filettare

Fé ‘a ‘mbanatüre = Formare l’impanatura, impanare un perno.

Formare, con l’utensile chiamato madrevite (‘a madrevüte), una sporgenza elicoidale sulla superficie esterna di un perno per consentirne la penetrazione e la tenuta nel relativo dado.
Questi ha la filettatura interna al foro ottenuta ‘calando’ il ‘maschio’ con lo stesso ‘passo’ di quella del perno.

Ogni ‘dente’ di questo passo si chiama in italiano ‘filetto’ o ‘pane’.

Contrario: spané = spanare.

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