Frevegghjàzze s.f. = Febbricola
È un sinonimo di rezzecatöre = brivido, sintomo di febbre incipiente.
L’etimo è sicuramente fröve = febbre.
Ringrazio il lettore Amilcare Renato per il suo suggerimento.
Frevegghjàzze s.f. = Febbricola
È un sinonimo di rezzecatöre = brivido, sintomo di febbre incipiente.
L’etimo è sicuramente fröve = febbre.
Ringrazio il lettore Amilcare Renato per il suo suggerimento.
Fréte s.m. = Fratello
Persona legata ad altra o ad altre da un vincolo di parentela derivante dai comuni genitori.
Fràteme = mio fratello;
fràtete = tuo fratello
Fresöle sf = Padella
Padella di ferro (o di alluminio) usata in genere per friggere, specialmente pesci. Ma anche uova, pettole, frittate, verdure, ecc.
Esistono di vari diametri, conformi alla quantità di cibo da friggere.
In italiano si è usato fino all’800 il sostantivo «frissora», poi caduto in disuso. Invece tuttora è vivo in altre Regioni usano un termine simile al nostro.
Abruzzo – frissora
Calabria – frissura
Friuli-Venezia Giulia – farsora
Lazio – fressora
Veneto – frisora
Nella bassa Puglia e in altre Regioni è diffuso il nome sartàscene che deriva dal latino sartaginem.
Vorrei azzardare anche una derivazione dal francese friteuse = padella, friggitrice. Ma credo sia più attendibile l’etimo che ci viene dal latino frixoriam.
Fresìlle s.m. = Fettuccia
Fettuccia di tela usata in sartoria per rinforzare gli orli dei pantaloni.
La larghezza era da 10 mm o da 15 mm. Era generalmente di colore grigio. Ma i sarti più bravi avevano sempre in bottega una bobina di fresìlle marrone e una blu da poter accostare al colore dell’abito da confezionare, quantunque il rinforzo fosse posto all’interno dell’orlo dei pantaloni.
Questione di stile, e i nostri sarti erano impeccabili nel loro lavoro.
Insieme degli organi esterni dell’apparato genitale femminile.
Il termine è piuttosto rozzo e di estrazione contadina.
Usato spregiativamente per apostrofare un fessacchioto: ‘stu frègne! = questo sciocco. A Roma usano fregnone.
Credo che sia usato solo dagli over 70.
Il termine è di origine abruzzese. È passato alla parlata locale a causa dei contatti con i pastori d’Abruzzo che menavano le loro pecore al Tavoliere per l’inverno, durante la secolare transumaza.
Frechéte agg. s.f. = Deteriorato, coito.
1) frechéte (aggettivo invariabile) = Guasto, avariato, impazzito, rotto, spacciato, rovinato, deteriorato.
Per esempio:
Jì frechéte de chépe = E’ fuori di testa, è matto;
Jì frechéte de rècchje = Ha le orecchie non funzionanti, è sordo;
Töne ‘n’ucchje frechéte = Ha un occhio spacciato.
Ha pèrse ‘i solde? Frechéte a tè = hai perso i soldi? Povero te!
2) frechéte (sostantivo femminile)= coito, atto sessuale, accoppiamento carnale, per lo più occasionale.
Spostando l’accento da frechéte a frèchete, si ha l’interiezione (clicca→) frèchete!
Freché la ’mbìgne loc.id. = Fare la pelle, uccidere.
Generalmente questa locuzione viene pronunciata quale serissima minaccia verso un interlocutore che si comporta o mostra di comportarsi in maniera estremamente scorretta.
Cmq nessuno, dicendo questo, vuole veramente uccidere il contendente. Piuttosto gli esprime così una minaccia, un forte monito a comportarsi correttamente.
La mbìgne è una parte specifica del cuoio della scarpa, ossia la tomaia.
Quindi freché la ‘mbigne equivale a “sciuppé ‘u còrje” = estirpare il cuoio, fare la pelle, come la locuzione verbale in italiano.
Viene usato anche scherzosamente nel raccontare una solenne bastonatura, equivalente a fé ‘nu paliatöne, o fé ‘na frechéte di mazzéte.
Freché v.t. = Buggerare, turlupinare, raggirare, sottrarre, derubare, sconfiggere, compiere l’atto sessuale.
Come vedete il verbo si presta a molte interpretazioni. Chissà quante mancano al mio elenco!
Man man mi spiegherò con degli esempi.
T’àgghje frechéte = Ti ho fatto fesso!
E mò me frjiche a me! = Io sono molto scaltro!
M’ànne frechéte ‘u partafòglje! = Mi hanno sotytratto il portafogli!
Eppüre ànne frechete a ‘nu matacöne accüme a te! = Sono stati tanto abili da raggirare proprio un volpone come te!
Fé accüme alla jàtte, ca fröche e škéme = Fa come la gatta, che si lamenta mentre fa sesso. Metaforicamente con riferimento a qualcuno che si lamenta proprio quando non ne ha motivo.
Nen me ne fröche = Me ne infischio. La cosa non desta in me alcun interesse. Oppure: non ne voglio sapere, non mi riguarda, non mi importa.
Frechéte a jìsse! = Povero lui, che non ha voluto ascoltare i buoni consigli: peggio per lui.
Frechéte a fatjé = Non perdete tempo in chiacchiere e pensate a lavorare di buzzo buono perché dobbiamo ultimare questo lavoro entro la giornata di oggi! (potenza di sintesi del dialetto!)
Aspetto dai lettori altri suggerimenti sull’uso di questo verbo dai molteplici significati.
E frechéte a scrüve! = E sbrigatevi a scrivere!……….
Frecagnùle agg. = Scaltro, furbo, volpigno
È un aggettivo riferito a qlcu che si mostra furbo di tre cotte, scaltro, pronto a ghermire le prede, in questo caso i fessacchiotti che abboccano alle sue menate.
Cerca di fregare tutti a suo marcato tornaconto (da qui il termine: è capace di fregare gli altri).
Insomma un figlio di buona donna che desta anche simpatia perché è vivace spaccone.
Con sorpresa ho constatato l’esatto termine anche a Cerignola e in Abruzzo.
Frecàbbele s.m. = Facezia, storiella, ridicolaggine spesso a carattere burlesco.
Raccontino divertente, talvolta con morale; una simpatica fesseria, uno svarione, una papera sfuggita a qlcu che parla agli amici. Erano seguiti da risate e sfottò per il resto della serata.
“‘I frecàbbele antüche” = Credenze antiche e anche sinonimo di una vecchia sciocchezza, una corbelleria superata dal tempo.
‘I canuscjüme ‘sti frecàbbele = Le conosciamo queste storielle (non c’è niente di nuovo sotto il sole….)
Talvolta l’espressione pàbbele e frecàbbele si usa per indicare un allegra serata tra amici a raccontare storie, vere e inventate, all’insegna dell’allegria, del cibo e del buon vino. A parte l’assonanza tra i due termini (si usa spesso in dialetto come in storje e patòrje…, mamùrce p’i ndurce,… nannùrche abbasce a l’urte… ecc.), presumo che pàbbele significhi proprio favole.
Vi consiglio anche di cliccare qui, e vedrete il mio intervento nel chiostro del Comune nella memorabile serata dell’agosto 2014, quando si celebrò “Il nostro dialetto – Patrimonio culturale”. Ecco una serie di frecàbbele…
Mi sono espresso un po’ anche in lingua per facilitarne la comprensione ad amici e parenti non manfredoniani.