Categoria: F

Fàvece

Fàvece s.f. = Falce

Attrezzo agricolo con manico di legno e lama affilata e ricurva per tagliare gli steli delle piante erbacee.

Metaforicamente tenì ‘na fàvece non significa possedere una falce ma un formidabile appetito, che fa piazza pulita di ciò che si mette sul desco, come fa la falce nel prato.

L’accrescitivo faveciöne designa la falce con manico a stelo e dalla lama lunga e leggermente arcuata, detta in italiano falce fienaia.

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Fatüje

Fatüje s.f. = Lavoro

Il termine, per affinità al duro dei campi, si confonde con la parola italiana fatica.
Lavoro si identifica con fatica perché generalmente si riferiva solo a quello manuale. Quello intellettuale non era considerato una fatica vera e propria…

Comunque il lavoro consiste nell’impiego di energia diretta a un fine determinato. Attività propria dell’uomo, volta alla produzione di beni o di servizi. E questo a prescindere dalla sua forma, cioè che sia lavoro manuale, o di concetto.

Jì a fatjé = Andare a lavorare (nei campi, in mare, in sartoria, in falegnameria, ecc.).

Addjì ca fatüje? = Dove lavori?

Si intende con fatüje anche il complesso dei lavori riguardanti un’attività nei diversi settori (edilizia, agricoltura, pastorizia, pesca, artistica).

Sàbete amma jì a Ceregnöle a fé ‘na fatüje = Sabato dobbiamo andare a Cerignola a fare un lavoro.

Mi piace ricordare questa massima:riguardante il lavoro:

«Chi lavora usando le mani è un operaio;
chi lavora utilizzando le mani e il cervello è un artigiano;
chi lavora adoperando le mani, il cervello e il cuore è un artista.»

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Fattüre 

Fattüre s.f. = Fattura,

1) Fattüre = Fattura. Documento che contiene l’indicazione analitica delle merci fornite da un venditore al compratore, o dei servizi prestati da un professionista, e il corrispondente importo.

2) Fattüre = Stregoneria, malia, incantesimo.

In clima di agnosticismo, oggi quest’ultimo significato fa un po’ sorridere.

Esistevano anche allora maghi e streghe, che agivano in gran segreto, per i creduloni che volevano farsi spennare.

Gli stregoni erano capaci di “legare” o “sciogliere” la fattura, sempre dietro compenso. Addirittura facevano credere di essere capaci di fare una fattüre a mòrte!

Tuttavia credo che qlco doveva esserci, perché la fattüre aveva delle conseguenze fisiche incomprensibili: tremori, sudorazione, smanie, urla, isterismo, abulia, svenimenti, deliquio.

Probabilmente facevano ingurgitare alla persona presa di mira un po’ di stupefacenti a sua insaputa. La crisi di astinenza pareva ingigantita agli occhi dei parenti sbigottiti, i quali, per evitare sofferenze al loro congiunto, allentavano volentieri i cordoni della borsa.

Esistevano feticci, limoni pieni di spilli, e altra cose che sembravano prese dalla stregoneria  woo-doo (vudù afro-americana).

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Fattìzze

Fattìzze agg. = Robusto

Spesso, consistente, robusto, vigoroso, denso.

Riferito al vino significa che è ben corposo, con elevato tasso alcolico.

Riferito, per esempio, ad un muro indica un muro maestro di elevato spessore.

Insomma indica qlco o qlcu forte, robusto, massiccio. In Abruzzo dicono vino fattìccio: non ho avuto bisogno dell’ interprete per comprendere, data la similitudine del termine.

Bìvete ‘u vüne bianghe, ‘u vüne nìrje jì troppe fattìzze = Beviti il vino bianco, il vino rosso è troppo robusto.

‘U vüne jì fattizze, attjinde angöre te ‘mbriéche! = Il vino è corposo, bada a non ubriacarti.

Con il medesimo significato. in Abruzzo dicono fattìcce 

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Fattappòste 

Fattappòste   s.m. = Dispositivo, meccanismo

Congegno che, applicato a un apparecchio, a un impianto e sim., svolge una specifica funzione.

Anche un oggetto qualsiasi che abbia una sua funzione: un cacciavite, un braccetto reggi-mensola, un supporto per tegami, un ferma-porta, ecc.

Si usa il sostantivo ‘u fattappòste , che alla lettera significa: fatto appositamente (per quest’uso) quando non si conosce il termine corretto, o semplicemente perché in quel momento non viene alla mente.

Sotte ce völe ‘u ferrètte, e söpe ‘u fattappòste = Nella parte inferiore della porta ci vuole un fermo e nella parte superiore il “coso”….
In questo caso si tratta del saliscendi, chiamato dai falegnami (clicca→) ‘u zeremìnghe.

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Fasüle

Fasüle s.m. = Fagiolo

Il fagioli (Phaseolus vulgaris) sono i semi di una leguminosa originaria del Brasile e dell’Argentina, introdotta in Europa da Cristoforo Colombo.

Il fagiolo ben cotto è ricco di proteine e contiene composti solforati e cromo, che contribuiscono a contenere la glicemia e i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, a prevenire l’aterosclerosi e le malattie cardiache.

Mangiate i fagioli!!! Se c’è aumento di gas intestinali, chi se ne frega, è tutta salute.

Una ricetta locale (Fasüle e ‘ndùrce) è eccellente di sapore, ma terrificante per gli effetti secondari indesiderati…

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Fasse

Fasse s.f. = Fascia

Striscia di stoffa spessa, larga almeno 20 cm e lunga più di un metro, con uno dei terminali munito di due laccetti per l’annodatura, usata una volta per fasciare i neonato

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Fassatüre

Fassatüre s.m. = Pannolino

Per fasciare il neonato, prima si poneva ‘a culore, il primo pannetto filtrante a contatto con la sua pelle, e come secondo strato ‘u fassatüre, un secondo pannolino più spesso, assorbente. Come terzo strato c’era la fascia avvolgente dalle ascelle ai piedi.

Deriva da fasciatura o fasciatoio.

Oggi fasciatoio indica il piano d’appoggio su cui si colloca il neonato per cambiargli la biancheria sporca.

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Farréte

Farréte s.f. = Farrata (Calzone ripieno di farro).

Il farro (Triticum dicoccum) è una pianta erbacea della famiglia delle graminacee.

Praticamente è il progenitore del grano. Ebbe successo fin dai tempi antichi perché cresce anche nei terreni poveri resiste alle basse temperature.

Gli antichi romani usavano per preparare una specie di piadina di farro, detta offa.

La farrata è un prodotto da forno, tipico di Manfredonia. Si tratta di una sfoglia di pasta non lievitata con un ripieno di farro cotto, ricotta, sale, pepe, maggiorana.

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Farnére

Farnére s.m. = Crivello, setaccio

Deriva dal latino farinarium = cernitore.

Grosso setaccio usato per vagliare materiali incoerenti come cereali, sabbia, minerali, utilizzato specialmente in campo agricolo, nell’edilizia e nell’industria estrattiva.

Può avere il fondo con fori regolari di un diametro rispondente all’esigenza dell’operatore,  oppure con spirali di fil di ferro trattenuti da un’intelaiatura a raggiera, come è dalla foto, in uso per le granaglie..

Quello usato  agricoltura è  piuttosto grande e viene sostenuto da un trabiccolo fatto da tre paletti legati al vertice. Gli viene dato manualmente un movimento oscillatorio o rotatorio per facilitare la caduta dei chicchi di grano in modo che nel contempo vengano trattenute tutte le impurità.

Sotto ‘u farnére veniva posta una larga stuoia, perché non si perdesse nemmeno un chicco di frumento.

Ricordo che in Largo Clemente, su Via Tribuna, ogni anno una persona anziana separava il suo grano dalle impurità usando questo grosso vaglio nel modo sopra descritto.

Quello meccanico, che fa parte della mietitrebbia è rotante, e si chiama con termine simil-italiano gràn-crevèlle = gran crivello.

Come sinonimo si usa anche setàzze o setàcce. Quest’ultimo per uso domestico soppiantato ormai dal passa-legumi per la passata di pomodori.

In Friuli e in Romagna è detto sdrazz– In Puglia lu sutazzu o lu farnaru, In Abruzzo e Basilicata sitacce, In Lombardia Crivi o cribi o siass..

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