Categoria: F

Fè acciàffe-acciàffe

Fè acciàffe-acciàffe loc.id. = Andare a ruba

Quando un prodotto appare sul mercato in quantità ridotta rispetto alla domanda, specie se il rapporto qualità/prezzo è buono, va letteralmente a ruba.

Noi diciamo che hanne fatte acciaffe-acciaffe = (Gli acquirenti) hanno abbrancato tutte le scorte.

Stamatüne au merchéte stèvene bèlle precöche. Vulöve pegghjé ‘nu cüne pe te, ma hanne fatte acciaffe-acciaffe = Stamattina al mercato c’erano delle belle pesche. Avrei voluto comprarne un chilo anche per te, ma non mi hanno dato modo perché gli acquirenti le hanno asaurite in poco tempo.

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Fé a vedì ca

Fé a vedì ca… loc.id. = Fingere

Alla lettera: fare a vedere, come per dire dare a intendere.

Simulare, dimostrare ciò che non è, o nascondere ciò che è.

Jìsse te völe purté a forze alla spiagge? E tó fa a vedì ca nen ti sjinde bùne! = Lui vuole portarti per forza alla spiaggia? (Se tu non vuoi andarci) fingi di non sentirti bene!

Facjöve a vedì ca jöve cundènde, ma ngùrpe a jìsse tenöve ‘a desperazzjöne = Fingeva di essere contento, ma dentro di sé aveva la disperazione.

Per sintetizzare la locuzione, talvolta si dice fé vedì, omettendo la “a”.

Pàsse pe ‘nnanze e fé vedì ca nen me vöte! = Passa davanti e finge di non vedermi (…‘stu strónze[scusate]).

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Fé a perepàcchje mariùle

Fé a perepàcchje mariùle loc.id. = Fare una mascalzonata

Forse questa locuzione ispirata ad un gioco di carte, una specie di Asso piglia tutto.

Insomma quando qlcu dice facjüme a perepacchje mariùle sarebbe come dire: io rubo te prima che tu rubi me. Ecco. una mascalzonata difensiva o preventiva…..

Usando indegnamente le parole dell’indimenticabile Papa, dico: se mi sbaglio mi corrigerete.

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Fé menózze menózze

Fé menózze menózze loc.id. = Sminuzzare, spezzettare, ridurre a minuzzoli.

Esiste anche la variante Fé menózze menózze = Sminuzzare (rafforzativo di minuzzare), fare tanti minuzzoli, tanti pezzetti.

È un sinonimo di spetazzé

Una minaccia fanciullesca: te fàzze menózze menózze e te jètte abbàsce ‘u pózze = ti riduco a brandelli e di scaravento nel pozzo. Mamma mia!

Non confondete menózze con mennózze.

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Fé a bombüse

Fé a bombüse loc.id. = Abbondantemente, per eccesso.

Alla lettera significa “a buon peso”.

Era quasi rituale, quando si acquistavano derrate alimentari alla rinfusa, che il commerciante dicesse: “Teh, t’agghje fatte a bombüse” = Tieni, ho abbondato un po’ nel peso: come vedi il piatto della bilancia contenente la merce scende di più invce di essere livellato con quello dei pesi.

Era una tattica di “marketing” per fedelizzare il cliente, accontentandolo con poco, come si fa con i punti della Silac.

Qualche donna più spiritosa rispondeva: Sì, bombüse au quarte ‘i püse! = Sì, buon peso dalla parte dei pesi…(il piatto che scende, quello più pesante, è quello dei pesi, non quello della merce!)

– Damme mizze cüne de rüse = Dammi mnezzo chilo di riso
– Uì, agghje fatte a bombüse a te = Ecco, ho fatto una pesata favorevole a te.
– Sì, bombüse au quarte ‘i püse! = Sì, favorevole a te, alla parte dei pesi!

I più anziani dicevano: meh, famme ‘a böna mesüre = dài, fammi la buona misura! Ossia: abbonda un poco nel pesare la merce. Si cercava di ottenere un po’ di merce in più allo stesso prezzo del peso pattuito.

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Fé ‘u fèsse

Fé ‘u fesse loc.id. = Fare il finto tonto, commettere deliberatamente qualche sciocchezza.

Nen facènne ‘u fèsse = Non fare lo scemo, pensa a rigar dritto.

Jü nen so’ fèsse, ma fazze ‘u fesse pe fàrete fèsse a te = Non sono sciocco, ma mi comporto da minchione per raggirati a mio piacimento.

Di solito si recita mentalmente questo “precetto” vitale – della serie “come spravvivere col tuo capo Ufficio” –  come per dire a se stessi: calma!

Notate la differenza tra Fé u fèsse= comportarsi da sciocco e fé fesse = raggirare qlcu, gabbare, comportarsi da furbo.

La prima è una mediocre finta, la seconda è una geniale furbata.

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Fé ‘u Crìste

Fé ‘u Crìste loc.id. = Pazientare, sopportare

Questa locuzione (alla lettera si traduce  “fare il Cristo”) significa: essere buoni, pazienti, e comprensivi oltre di ogni limite della umana sopportazione.

Jìsse ce pìgghje còmete, e jüje a fé ‘u Crìste ammjizze ‘a stréte = Lui fa il comodo suo e io a pazientare in strada.

Evògghje a fé ‘u Crìste annanz’u purtöne! ‘U  patrüne nen ascènne! = Hai voglia di aspettare davanti al portone! Il proprietario (terriero, che deve pagarti le giornate di lavoro, ti ignora e) non esce di casa.

Pe’ teré ‘nanze ‘a famìgghje sò jüte a fé ‘u Crìste ‘n Germànje = Per provvedere  ai bisogni della famiglia sono andato a sgobbare in Germania.

La mamme sté maléte e quèdda figghje fé ‘u Crìste sotte e söpe = La madre è inferma  e (solo) quella figlia si prende cura di lei con infinita  pazienza e sopportazione. Infatti  si sposta  continuamente da casa sua a casa della madre per accudirla amorevolmente.


La traduzione non è proprio alla lettera, ma esprime compiutamente il concetto che in dialetto è espresso in maniera estremamente sintetica.

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Fé ‘nu bàlle pe chése

Fé ‘nu bàlle pe chése loc.id. = Fare un ballo per ciascuna casa

È così definita una bellissima tradizione carnevalesca di Manfredonia.

In questo periodo molte case, specie a piano terra, sbaraccato il letto grande, diventavano luogo di ritrovo di comitive di giovani e ragazze per le tre canoniche serate danzanti di Carnevale (domenica-lunedì-martedì grasso).

Fino alla mezzanotte gruppetti itineranti lasciavano il proprio sito con poche persone e con il giradischi in funzione, e giravano le varie “socie” (= locale per i soli soci), il cui ingresso temporaneo era consentito agli estranei solo se si rispettavano rigidissime regole:

1 – gli ospiti, mascherati, potevano ballare tra di loro un giro di danza;
2 – gli ospiti, sempre con la maschera, potevano ballare il secondo giro di danza con i giovani della “socia” che erano sempre a volto scoperto;
3 – gli ospiti dovevano togliersi la maschera e farsi riconoscere prima di salutare e ringraziare gli ospitanti, chiedere di fare un’altro giro di danza, e continuare a girare per altre “socie” fino alla mezzanotte. Dopodiché ognuno tornava nella sua tana a ballare fino all’alba.

Spesso però capitava che qlcu non volesse farsi riconoscere (perché magari si era presentato per rubare un contatto con la ex fidanzata). La colluttazione con il capo-sala era inevitabile!

Fare “un ballo per casa” fisicamente era un po’ una grossa fatica, ma il divertimento era assicurato.

Metaforicamente “fé nu bàlle pe chése” definisce il comportamento di certi chécafurnjille, farfalloni (un po’ quì, un po’ là) che cambiano facilmente ragazza e non vogliono cercare una sistemazione definitiva.

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Fé ‘i sagrefìcje

Fé ‘i sagrefìcje

Fé ‘i sagrefìcje loc.id. = Sacrificarsi. Pianificare le nascite

1) – Fé ‘i sagrefìcje = Fare i sacrifici. Sacrificarsi per il bene della famiglia, rinunciare a favore di altri.

2) – Fé ‘i sagrefìcje = Pianificare le nascite.

Le nostre nonne non conoscevano contraccettivi di alcun genere. Niente pillole del giorno prima e del giorno dopo, condom, creme spermicide, pessari, diaframmi e spirali o altri anticoncezionali.

Quando si accorgevano che sette-otto figli rappresentavano troppe bocche da sfamare, allora “facevano i sacrifici”.

Lo sentivo bisbigliare tra le varie zie e vicine. Avevo le orecchie innocenti e loro non nascondevano troppo questo eufemismo. Io non capivo bene cosa fossero questi “sacrifici”. Poi la vita mi ha aperto gli occhi su tanti aspetti della vita sessuale all’interno del rapporto di coppia fissa.

Il “sacrificio” principale consisteva nell’astinenza. Lascio immaginare il disagio che esso causava. Questo è stato il vero sacrificio dei giovani coniugi di allora.

Negli anni ’70 è venuto il boom della “pianificazione delle nascite”. Su tutti le riviste dell’epoca di parlava dei “metodi contraccettivi”, distinguendo i metodi naturali (astinenza, coitus interruptus, amenorrea post partum in allattamento, Ogino-Knaus, Billings) e quelli artificiali (preservativo, diaframma, vasectomia maschile, chiusura delle tube, ecc.

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Fé ‘i mòsse

Fé ‘i mòsse loc.id. = Schermirsi

A volte anche gli adulti si schermiscono, volendosi sottrarre a complimenti, pasticcini e onori: ma no, nfé njinde, quanta fastìdje, mèh, sà fé, . Tutta manfrina.

Quando qlcu ha di questi atteggiamenti fuori luogo, speci se si è tra amici, dicesi anche ca sté facènne ‘i mòsse = che fa le mosse, che fa cerimonie.

Ma no! Quanta mòsse ca sté facènne! = Ma no, quante storie!

Qualcuno più sfacciato, se si è in confidenza, dice esplicitamente: Quanta mòsse de càzze! = Ciance!

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