Categoria: F

Feletüre 

Feletüre s.m. = Tappo, turacciolo.

Tappo di sughero usato prevalentemente per bottiglie di vino, fiaschi, damigiane, barilotti.
Nel Barese e nel Materano lo chiamano similmente “fuldùr”.
Si intendono tutti i turaccioli che si inseriscono nel collo della bottiglia., della damigiana, e di qualsiasi contenitore per liquidi.

Per turare il “cìcino” invece del tappo di sughero, si adoperava il rocchetto vuoto di legno, quelli su cui veniva avvolto il filo di refe ad uso di sarti e calzolai. Però si chiamava sempre feletüre.

Il Prof. Michele Ciliberti, che ringrazio sentitamente, mi ha fornito l’etimologia di feletüre. Riporto testualmente:
«Deriva dal latino fultorium, a sua volta da fulturus, participio futuro di fulcio, che significa sostenere, chiudere, turare, quindi turacciolo».

Questo spiega anche il contrario sfulecé  = sturare, sgrumare specificamente il cannello della pipa o altro dispositivi di scolo.

Il termine tende a scomparire, soppiantato da tàppe, più rapido da pronunciare… Con questo termine si intendono.oltre a i tappi di sughero, anche quelli a corona usati per le bottiglie di birra, o quelli a pressione di plastica colorata per le damigiane..

Figuratamente mètte ‘u feletüre indicava l’atto sessuale. Ormai è in disuso (solo il termine feletüre, non l’attività sessuale, per fortuna….).

La stessa frase, a seconda del contesto, è detta in modo un po’ spregiativo, per indicare l’azione di un uomo che sposa una ragazza dalla vita sentimentale piuttosto turbolenta.
Jì arrevéte jìsse è ho mìsse ‘u feletüre = È arrivato lui (ignaro o consapevole) ed ha messo il tappo, ha messo fine al comportamento disordinato della pulzella.

In lingua si potrebbe dire, in caso di consapevolezza: “costui ci ha messo una pietra sopra” (sul passato della sua sposa).   Ha sorvolato sui precedenti di lei, ha preferito non pensarci e guardare al futuro.

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Feletöje

Feletöje n.p. = Filoteo, Filotea

Nome invariato anche femminile, andato ormai in disuso, Filoteo/a come Teofilo, proviene dal greco e significa: ‘che ama Dio’.

Nella versione Amadeo e Amedeo (in dialetto Amédöje) deriva dal latino qui amat Deum che significa ugualmente “colui che ama Dio”, documentato a partire dall’XI secolo nella forma latinizzata di Amadeum.

Il significato in epoca più recente è stato reso in italiano quale Amodio = amo Dio.

L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 28 gennaio in memoria del beato Amedeo IX di Savoia morto nel 1472.

Se non ricordo male Amedeo Del Vecchio (chiamato da tutti don Amédöje) fu il medico condotto del Comune di Manfredonia, reponsabile della salute pubblica. Credo che eseguisse personalmente tutte le vaccinazioni ai bambini di età scolare.

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Felére

Felére s.f. = Fila

Serie di cose o persone allineate una accanto all’altra (allineamento) o una dietro l’altra (successione).

Felére de bettüne = fila di bottonio

Felére d’àreve = Fila d’alberi

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Feleppüne

Feleppüne s.f. = Vento freddo, Spiffero

Non è un’abitante delle Filippine, né il diminutivo di Filippo/a….
Si tratta di un vento secco di tramontana o più semplicemente di uno spiffero freddo e pungente, che provoca una sgradevole sensazione di gelo tra capo e collo.

Sono certo che quasi tutti i dialetti del Sud Italia usino questo termine.
Non so se il nome ha origine dalle Isole Filippine, ove soffiano gli impetuosi Monsoni.
Il termine, a prescindere da questo, è molto simpatico.

Qualcuno asserisce che si tratti di un prestito Lucano.  A Tursi (comune collinare della provincia di Matera, patria del grande poeta Albino Pierro)
con riferimento al vento particolarmente pungente che spira colà dal rione della Chiesa di San Filippo Neri, il punto più alto della cittadina, sia stato coniato  il termine fələppinə. 

Ahó! Chiudüte quedda pòrte, ca möne ‘na feleppüne! = Ehi, chiudete quell’uscio, ché arriva uno spiffero!

Il verbo soffiare, spirare, come azione del vento si traduce con vutté = spingere (vòtte ‘u vjinde) o mené = colpire, lanciare, scagliare (möne ‘u vjinde).

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Felatjille 

Felatjille s.m = Spaghetti o vermicelli.

Accettabili anche le versioni  felatjidde, falatjille e falatjille
Varietà di pasta alimentare lunga, secca e filiforme.

Etimo: in dialetto deriva certamente da filo e filato, mentre in lingua deriva da spago per spaghetto e da vermi per i vermicelli, indubbiamente per l’aspetto filiforme della pasta, caratteristica della gastronomia italiana.

Felatjille è un nome generico, non so se viene usato ancora, per indicare gli spaghetti. In effetti questi hanno una serie di nomi per indicare ciascuna misura.

Ecco quelli che ricordo:
‘i capellüne (d’àngele) = i capellini
‘i spaghettüne = gli spaghettini
‘i spaghètte = gli spaghetti ‘ristoranti’, i più usati (almeno a casa mia….)
‘i spaghètte menuzzéte = spaghetti sminuzzati si cuocevano per preparare le minestrine in brodo o la pasta con i legumi.
‘i felatjille = i vermicelli
‘i perciatjille = gli spaghettoni, non più adoperati perché richiedevano una cottura molto lunga, incompatibile con l’appetito incontenibile dei giovani.

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Felafanghe

Felafànghe s.f. = Moltitudine

Gran numero di persone, o anche animali, e cose, radunate o allineate.

Ossia una gran folla, una massa di gente, un gregge di pecore, ecc.

Presumo, ma forse sbaglio, che felafanghe – a volte pronunciata falafanghe fülafande – derivi da “fila lunga”, come dei soldati, dei fanti che marciano allineati, o una processione che procede lentamente. La storpiatura è fisiologica quando un termine non è usato con molta frequenza.

Ajire söre stöve ‘na felafanghe de crestjéne abbascia mére a vedì ‘i fùche = Ieri sera c’era una gran ressa di persone sul lungomare a guardare i fuochi pirotecnici.

Sté ‘na felafanghe de uagnüne abbasce ‘u càmbe a vedì ‘a partüte = C’è una massa di ragazzini allo stadio a vedere la partita (di calcio).

Da noi lo stadio (l’odierno “Miramare”, una volta chiamato “Fossa dei Leoni”) è in posizione più bassa rispetto all’abitato, e perciò si dice “abbàsce ‘u cambe” = giù al campo (sportivo).

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Felabbustjire

Felabbustjire agg. s.m. = Scaltro

Chi e che è furbo, astuto, dalla lunga esperienza, che sa trovare sempre un espediente per cavarsi d’impiccio, che agisce senza scupoli, con prepotenza e addirittura al limite della legalità per raggiungere il suo scopo.

È un soggetto da evitare, che ne ha combinate di cotte e di crude, un ben farbutto.

E vüje ve mettüte pe quèdda pèlle? Sòrte de felabbustjire ca jì! = E voi volete competere con quella pellaccia? Sapete che è un autentico furfante.

L’etimologia è chiara: deriva da ‘filibustiere’, che anche in italiano è sinonimo di mascalzone, canaglia, delinquente, imbroglione, disonesto, farabutto, furfante, ecc.

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Fèdeche

Premetto che il termine esposto è stato usato fino alla mia generazione. Ora i ragazzi che hanno frequentato la scuola dell’obbligo hanno un po’ snaturato il dialetto e dicono fèghete, quasi come il corrispondente lemma italiano.

Il fegatoè una ghiandola interna molto importante per il metabolismo degli appartenenti alla fauna terrestre, marina, umani compresi. Non voglio fare una disquisizione scientifica…

Preferisco guardare il fegato dal punto di vista gastronomico. Infatti viene usato a fette cotto alla piastra, o in umido con la cipolla. Usato a pezzettini nella confezione dei turcenjille pugliesi.

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Fedarecìnne 

Fedarecìnne v.i.= Aver vigore, coraggio

Alla lettera significa fidarsene, nel senso di aver fiducia e consapevolezza delle proprie capacità.

Te la füde de javezàrete? = Te la senti di alzarti (dal letto, dopo la febbre che ti ha divorato stanotte)?

Nen me la füde = Non mi reggo in piedi.

Jògge me la füde de mangiàreme trecjinde fechedìgne = Oggi mi sentirei di trangugiare trecento fichidindia (come San Lorenzo)…Sté verrüte ‘u giòvene = È vigoroso il ragazzo!

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Fecòdde 

Fecòdde s.m. Busbana, Merluzzetto giallo, falso merluzzo

Pesce a carne bianca della famiglia dei Gadidae (Trisopterus minutus capelanus).

Si pesca abbastanza vicino la costa, tra la superficie e 300 mt. di fondo, spesso in banchi numerosi. Si ciba in preferenza di crostacei.

Abbastanza comune nel Mediterraneo occidentale ed in Adriatico.

In Terra di Bari li chiamano semplicemente “fichi”, nome che somiglia per etimologia al nome manfredoniano.

So che a Molfetta li chiamano “Nuzze menghiaràjene” ossia il merluzzo fesso, minchione, stupido.

Non supera i 20 cm e per questo è ritenuto di scarso interesse commerciale. Noi Manfredoniani invece lo apprezziamo, specie se preparato in bianco o frittura.

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