Accragné v.t. = Accumulare
Deriva da cragne (vedi), cumulo, ammasso, accumulo.
Può essere un sinonimo di risparmiare, racimolare faticosamente.
Agghje fatte tande p’accragné quatte solde..=Ho fatto tanto per racimolare quattro soldi…
Accragné v.t. = Accumulare
Deriva da cragne (vedi), cumulo, ammasso, accumulo.
Può essere un sinonimo di risparmiare, racimolare faticosamente.
Agghje fatte tande p’accragné quatte solde..=Ho fatto tanto per racimolare quattro soldi…
Accucchjàrece v.i. = accoppiarsi, saldarsi, aggregarsi.
Riferito a due o più persone che si associano o si riuniscono per compiere insieme una qualsiasi azione.
A volte il verbo ha valore di scherno o di invidia.
Ce sò accucchjéte ‘na bèlla famigghje! = Si è aggregata una bella famiglia.
Si usa anche la forma transitiva accucchjé = unire, legare, saldare.
Per estensione significa anche articolare un discorso secondo una linea logica.
Nota fonetica:
Fate attenzione alla pronuncia. Il primo gruppo di doppia ccu dal punto di vista fonetico viene definito “occlusivo posteriore velare”, mentre l’altro cchj è detto “sonante anteriore alveolare”.
Lo so che la fonologia è materia prettamente scientifica, che voglio tener fuori da questo sito che è divulgativo e non didattico, ma ci tenevo a far notare la differenza fra i due suoni.
Non lo farò più.
Accucchjé ‘a settande loc.id. = Fare primiera, raggiungere un eccellente risultato.
La locuzione traspone, nel linguaggio figurato, un elemento del punteggio nel gioco popolare chiamato “Scopa”
La Scopa, al termine di ogni mano, prevede il raggiungimento di quattro punti, che possono essere divisi o patteggiati, secondo l’andamento della partita, tra i due giocatori (quattro se si gioca in coppia).
Si conteggia un punto per ciascuna delle seguenti voci:
– Carte-a-llonghe = Carte, numero di carte raccolte da ciascun giocatore. Si conteggia il numero maggiore di carte raccolte da ciascun giocatore durante la manche; sul mazzo di 40 carte napoletane, vince chi ne ha almeno ventuno.
– Carte-a-ddenére = Denari, numero di carte con seme di “denari”. Si conteggia il numero maggiore di carte “denari” raccolte da ciascun giocatore durante la manche;vince chi ne ha almeno sei.
– Sètte barjille = Settebello, Il punto va al giocatore che ha raccolto il sette di denari nel corso della mano; il settebello è chiamato – chissà perché – anche Sètte Gerjille, diminutivo di Ciro
– Settande = Primiera o Settanta. Quattro carte dello stesso seme con valore decrescente che si raffrontano con le quattro di altro seme in mano all’antagonista.
Ecco Wikipedia che mi facilita la descrizione della Settande:
Il termine “Primiera”, che deriva dal francese prime, significa letteralmente “premio”.
Il suo utilizzo italiano nell’ambito di alcuni giochi di carte è relativo proprio al suo etimo: chi riesce ad ottenere una certa combinazione con le carte riceve un premio che, nella maggior parte dei casi, equivale ad un punto.
Nome alternativo della Primiera è “Settanta” nel caso in cui si entra in possesso di tutti e quattro i 7 (Denari, Coppe, Bastoni, Spade).
Conclusione: accucchjé ‘a settànde vale guadagnare un premio, raggiungere un risultato eccezionale.
Scherzosamente si pronuncia quando si raggiunge un bel numero di amici, magari inaspettati, allegri o musoni non fa differenza, come per dire: “ti aspettavamo, mancavi solo tu!”.
Accüme i crestjéne loc.id. = a regola d’arte, correttamente
L’espressione è molto versatile ed è particolarmente usata da persone che amano le cose fate a puntino.
Nen me piàcene i cöse acciacciugghjéte. I cose ce hanna fé accüme i crestjéne! = Non mi piacciono le cose fatte alla Carlona! Le cose si devono fare come si deve!
I Francesi usano spesso dire “comme il faut” = come si deve.
Similmente si può dire fé i cöse aggarbéte, = fare le cose per bene (garbate)
Vi rammento che in dialetto il sostantivo crestjéne non ha una connotazione religiosa, nel senso di “seguace di Cristo”
Crestjéne (<–clicca) significa semplicemente “persona”.
Accumegghjé v.t. = coprire
Deriva dal latino ad cumulum nel significato proprio di coprire. Estensivamente con terra, coltre, tegole ecc.
Il contrario, scoprire, viene tradotto in scumegghjé e scumegghjàrece
Accumenzé v.t. = Cominciare, iniziare
Il verbo è di chiara etimologia latina: cum initiare, successivamente passato in tutte le lingue romanze comencer (fr.) comensar (sp.) començar (port.).
Iniziare un’azione, un manufatto cui verrà date un seguito per il suo completamento.
Quann’jì ca accumenzéte a frabbeché? = Quando (è che) inizierete a costruire?
Mò ‘ccumènze! = Adesso inizia!
È una sorta di rimprovero rivolto verso qualcuno che si comporta in maniera riprovevole, e ripetitiva.
Ad esempio riferito all’ubriaco che si mette a cantare, o a parlare in modo scurrile, o al bimbetto che in modo petulante e ripetitivo vuol ottenere qualcosa negatagli precedentemente.
Accunté ‘a storje d’u Cecerètte viene citato come modo di dire.
Significa raccontare per filo e per segno una lunga vicenda fin dal principio, e ricca di particolari a qualcuno che magari non le vuole nemmeno ascoltare.
Jì venüte m’ho cuntéte tutte la storje d’u Cecerètte. Nen la fenöve cchió! = E’ venuto e mi ha raccontato tutte le sue peripezie. Non la smetteva più!
Vüje nen sapüte tutte ‘i fàtte: mo’ ve l’accònde jüje tutt’a storje ‘u Cecerètte! = Voi non conoscete completamente come si sono svolti i fatti: ora vi racconto io tutta la vicenda dettagliatamente, così come si è svolta.
Cecerètte chi era costui? Era il protagonista di una interminabile e ingarbugliata fiaba per bambini.
Non la ricordo più nemmeno io, che per le cose della mia infanzia ho il buzzo buono, perché mi addormentavo sempre prima della fine…
In mio soccorso è intervenuta la lettrice MariaPia – che ringrazio di cuore – narrandomi la lunga storia di Cecerètte:
«Era una filastrocca montanara, me la raccontava mia nonna,che era originaria di Monte Sant’Angelo.
In poche parole un uomo, povero, aveva solo un cece per mangiare (il ciceretto ) e, dovendo andare a Messa, non voleva portarselo per paura che glielo rubassero; così lo volle lasciare ad una donna, che lo rassicurò del fatto che, al ritorno dalla messa, glielo avrebbe restituito.
Senonché, quando l’uomo fa per riprendersi il ciceretto, la donna, tutta addolorata, gli confessa che il suo gallo aveva trovato il ciceretto e l’aveva mangiato. L’uomo, annusato l’affare, chiede alla donna: “o mi dai il ciceretto, o mi dai il tuo galletto!” (detto a mò di cantilena); la donna alla fine gli dà il galletto per scusarsi e l’uomo va via.
L’uomo si fa furbo e continua la storia, lasciando il galletto da un’altra donna con la scusa della Messa, ne ricava un maialetto, che aveva ucciso a pedate il galletto. Lascia il maialetto e ricava una mucca che aveva preso a cornate il maialetto; lascia la mucca a casa di due poveri coniugi con le figlie malate (erano solo affamate), che tagliano due fette di carne dalla zampa della mucca (viva!). Quando l’uomo fa per riprendersi la mucca,si accorge che zoppica. Torna dalla famiglia e chiede o la mucca indietro o una delle figlie. Dopo un po’ di battibecchi, il padre acconsente allo scambio, ma propone di mettere la figlia in un sacco, perché altrimenti non sarebbe mai andata di sua volontà. L’uomo è d’accordo e così si prende questo sacco. Mentre se ne va, contento degli affari della giornata, il sacco inizia a muoversi sempre più forte, costringendo l’uomo a fermarsi e ad aprirlo. Appena aperto, salta fuori un cagnaccio che gli strappa via il naso a morsi e scappa via. L’uomo lo rincorre e propone uno scambio: ”tè,tè pane e caso (cacio) e dammi il mio naso!”…»
Accunté tutt’i püle loc.id. = Pettegolare, spifferare, spiattellare.
Alla lettera questa locuzione un po’ strana significa “raccontare tutti i peli”, ma è certamente più rispondente il significato di “raccontare per filo e per segno”.
Riferire senza riguardo cose riservate o segrete, sia per irresponsabile loquacità sia per malignità.
È spesso detto come un rimprovero verso qualcuno che usa sbandiera ai quattro venti ogni accadimento familiare, grande o piccolo.
Accusté v.t. = accanto, a fianco, a lato, presso, vicino
Indica la poca distanza fra persone o di cose (case, edifici).
Giuanne jàvete accuste a chése = Giovanni abita a fianco di casa (mia).
Mìttete accuste a mmè, nen ‘ncarecanne =Mettiti accanto a me, non temere.
A segnöre accust’a mme töne ‘nu chène ca škéme tutt’a notte.= la sigmora accanto ha un cane che guaisce tutta la notte.
Da ragazzo ritenevo che accuste , per la vicinanza, si riferisse ai custe , come dire “alle costole”. Invece ho scoperto che deriva dal latino ad costam = a lato, vicino. Da qui derivano ovviamente anche accusté e accustàrece= avvicinare, avvicinarsi.
Mi viene a mente un brindisi in dialetto napoletano:.
Si riempiono i bicchieri e si invitano i presenti a imitare il gesto:
Aìza, aìza, aìza,
acala, acala, acala,
accosta, accosta,
alla saluta vostra.
Ossia:
Alza, alza, alza;
abbassa, abbassa, abbassa,
accosta, accosta, accosta:
alla salute vostra!
Acquaforte s.f. = Varichina, candeggina
Si tratta di una soluzione acquosa di ipoclorito di sodio, comune nelle nostre case, usato come sbiancante e disinfettante degli impianti sanitari.
Va usato con precauzione perché, se mischiato all’acido muriatico, sviluppa un gas tossico, e nemmeno con l’ammoniaca e l’etanolo perché innesca la formazione di gas irritante.