Categoria: A

Acciacché 

Acciacché v.t. = Schiacciare

È ammessa anche la forma ridotta Ciacché.

Comprimere, pressare con forza qcs. appiattendolo, frantumandolo, deformandolo.

Rompere il guscio di frutti come noci, nocciole, mandorle.

Nanònne pe’ guadagné chjiche cöse acciaccöve i mènele = mia nonna per guadagnare qualcosa, schiacciava le mandorle (per conto terzi per liberare il frutto dal guscio))

Acciacché l’üve = Vinificare, deraspare i grappoli. Anticamente mettevano i bambini e le ragazze a pigiare l’uva nei tini. con i loro piedini

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Acciacciugghjé

Acciacciugghjé v.t. =rabberciare, raffazzonare

Eseguire alla meglio un lavoro, una riparazione, un intervento, senza troppa cura o per fretta o per inesperienza.

Insomma fé ciacciógghje = fare inguacchi, pastrocchi.

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Acciaffé

Acciaffé v.t. = Acciuffare, afferrare

Acchiappare, agguantare, abbrancare, ghermire.

Parare, afferrare al volo, acciuffare qlcu che tenta di sfuggire, o di fuggire, sia dal punto di vista sportivo, sia da quello poliziesco, affrontare deliberatamente qlcu che ci evita.

Mò ca t’acciaffe facjüme ‘i cónte!… = Non ora, ma quando ti avrò alle strette faremo i conti!

Sin. angappé = acchiappare, afferrare,

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Acciavatté

Acciavatté v.t. = Arrangiare

Sistemare qlco. alla meglio, con mezzi di fortuna e con risultati non eccellenti.

Acciavatté (o anche ciavatté), così come ciavattöne, hanno origine da “ciabattino”.

Se il ciabattino volesse confezionare le scarpe come fa lo specializzato calzolaio, otterrebbe un risultato di scarso pregio.

Agghje aggiustéte ‘u müre, e jì venüte tutt’acciavattéte = Ho riparato il muro, ed è venuto tutto arrangiato.

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Acciüdamosche

Acciüdamosche s.m. = Paletta schiacciamosche

Va bene anche scritto e pronunciato elidendo la “a” iniziale : l’acciüdamosche oppure ‘u ‘cciüdamosche = (l’arma, l’oggetto che) uccide le mosche. Il nome alternativo pecchjètte è recente, e secondo me, rappresenta una vera e propria una appropriazione indebita di un termine italiano di ben altro significato. Infatti il picchietto è quel martelletto appuntito usato nei cantieri navali per scrostare manualmente la carena delle imbarcazioni infestata da concrezioni calcaree.

Utile oggetto di un metodo antichissimo usato per eliminare i fastidiosi insetti volanti. Consiste in un rettangolino di materiale vario, leggero, fissato ad una lunga impugnatura ad asta.

I nostri nonni contro le mosche si impegnavano in lunghe battaglie che duravano l’intera mattinata.

Il metodo era assolutamente ecologico, Non c’era bisogno di insetticidi o pesticidi, Era una guerra accanita one-to-one = uno-contro-uno.

Ricordo di aver visto a casa di un anziano vicino di casa un picchietto di fattura domestica, la cui paletta era costituita da un pezzo di reticella metallica, di quelle usate come zanzariera, con i bordi protetti da un sottile orlo a cordoncino, e fissata ad un lunga asticella di legno. Funzionava alla stessa maniera di quelli posti in vendita negli empori, fatti di plastica e fil di ferro, o tutti di plastica come nell’immagine in alto.

Mi viene a mente “Il prode piccolo sarto” dei Fratelli Grimm, che ne uccise sette in un colpo usando un pezzo di stoffa come ‘cciudamosche.

E per finire, una divertente definizione tratta da “Nonciclopedia”:
«SCHIACCIAMOSCHE:
Bacchetta terminante con un allargamento della stessa, almeno di un rapporto di larghezza di venti a uno, di forma vagamente poligonale, ma presentante angoli smussati, per non incorrere in ferimento dell’usufruttuario, che, in prima persona, maneggia l’oggetto, dotato in taluni casi di gruccia per poter essere appeso ad un qualche spunzone, come chiodi di svariate fogge e di ogni sorta, la cui utilità è di debellare il fastidio che dei piccoli organismi, appartenenti all’ordine dei Ditteri, e alla classe dei Muscidi, portano con il ronzio causato dallo sfregamento delle loro ali e l’attrito con l’aria delle medesime.»

Il Dipartimento della Salute dello Stato Pennsylvania nel 1900 invitava le famiglie ad usare lo schiacciamosche (swat the fly =schiaccia le mosche)

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Acciüde 

Acciüde v.t. = Uccidere.

Privare della vita, far morire, spec. con mezzi o modi violenti.

Domèneche che vöne amm’acciüde ‘u pùrche, vulüte venì püre vüje? = Domenica prossima dobbiamo uccidere il maiale, volete venire anche voi?

Qlcu dice accedì. Trovo più corretta la prima versione. Infatti l’imprecazione antica è: Ca lu vònne acciüde!
= che lo vogliano uccidere! Non ca lu vònne accedì.

Semmai accedì è la terza persona singolare del verbo uccidere, al passato remoto (scusate la grammatica) come altra versione di accedètte. Insomma come dire:accedìje = egli uccise.

Ah, bisogna ricordare che il verbo, se riferito a una persona, regge il dativo e non l’accusativo….Uffa con questa grammatica….
Insomma in dialetto si dice: Jìsse accedì a Mattöje = Lui uccise (a) Matteo. Metto la “a” solo per fare l’esempio.

Chjiche volte t’agghja accjude a te! = qualche volta, se continui a molestarmi, ti devo  uccidere! (detto in tono scherzoso, naturalmente!)

Invece si costruisce all’accusativo se riferito a bestie: Jìsse accedètte ‘u pùrche – ‘a mòsche – ‘a jallüne – l’agnjille = Egli uccise il maiale – la mosca – la gallina – l’agnello.

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Acciungàrece

Acciungàrece v.t. = Paralizzarsi.

Essere colpito da paralisi, diventare cionco, storpio, sciancato, specie agli arti.

Deriva dall’italiano cionco agg. con vari significati (troncato, mozzato, monco, spossato di stanchezza o debolezza, storpio, sciancato, paralitico).

E che, te sì acciunghéte ‘i méne? = E che, ti sei paralizzato alle mani?

È un rimprovero verso qlcn che non si dà da fare.

Quìddi méne ce avrìnn’acciunghé!= Quelle mani (che non stanno mai ferme) dovrebbero anchilosarsi.

Il rimbrotto questa volta è, al contrario, rivolto verso chi ha propensione ad allungare le mani addosso alle donzelle….

Nòneme sté sèmbe acciunghéte söpe a ‘na sègge = Mia nonna (che è paralitica) sta sempre bloccata sopra una sedia (a rotelle).

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Acciuppenéte

Acciuppenéte agg. = Paralizzato, immobile

Accettabile anche la versione acceppenéte

L’aggettivo si riferisce a persone che non possono muoversi autonomamente, e vivono purtroppo sempre a letto o sulla sedia a rotelle.

Sògreme sté acceppenéte ‘nda ‘nu ljitte e ce so’ japjirte i chjéje! = Mia suocera è immobile in un letto e le si sono aperte le piaghe da decubito.

Deriva dal verbo acciuppenàrece= diventare come un ceppo, duro e immobile.

Talvolta usato dalle nostre mamme come iperbole per indurci a frenare la nostra esuberanza.
Stàtte ‘nu pöche acciuppenéte söpe a ‘sta sègge! = Stai un poco fermo e seduto su questa sedia!

Il prof Ciliberti, cui va il mio ringraziamento, mi fornisce l’etimologia: proviene dal latino “ad cippum“, cioè “stare al ceppo” legato e immobile ad un palo, ad una colonna. Molti condannati venivano legati a una colonna ed esposti al pubblico ludibrio.

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Accòlte-accòlte

Accòlte-accòlte loc.avv. = Intimamente, in maniera raccolta, strettamente.

Il significato dell’avverbio intimamente è riferito ad un luogo ristretto, dove tuttavia si trovano tutte le comodità. Un mini appartamento, ad esempio, dove gli spazi sono limitati, ma non manca di nulla.

Anche una sola stanza dove ci si intrattiene numerosi, appare accolte-accolte.

Oh, quà jìnde stéme belle accolte-accolte! = Oh, qui dentro stiamo bene, intimamente

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Accònge

Accònge s.f. = Velo nuziale

Potrebbe somigliare al termine italiano ‘acconciatura’, ma questo indica solo pettinatura, messa in piega, taglio dei capelli.

L’accònge è il velo bianco che, opportunamente elaborato, arricchito da diademi vari, la sposa si pone sul capo per la cerimonia nuziale.

Spessissimo il velo ha una coda lunghissima, sorretta da due paggetti per non farla sporcare sul pavimento quando si avvicina all’officiante.

Più l’acconge era lunga e più destava ammirazione, specie tra le donzelle che miravano anch’esse al loro momento magico.

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