Autore: tonino

Appuppacüle

Appuppacüle agg. = insolvente

Va bene anche scritto appuppa-cüle.

L’aggettivo è specifico per descrivere una persona indebitata, di dubbia moralità che spesso non fa fede ai suoi impegni.
Insomma uno che molla spesso una fregatura ai creditori.

Un cattivo soggetto che è bene tenere alla larga.

Vi consiglio di leggere l’articolo che dà origine a questo termine, cioè puppéte o appuppéte cliccando qui.

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Chjatte

Chjatte agg. = piatto

Oggetto che ha la superficie piana, non concava né convessa.
Si definisce piatto anche come contrario di rotondo, come ad esempio certe viti “a testa piatta” ben diverse da quelle “a testa tonda”, che sporgono dal supporto per ottenere effetti estetici o funzionali.

Sta entrando nel nostro dialetto il significato napoletano di chjatte che simpaticamene aignifica grasso, obeso. Mamma chjatte = anche da noi indica un donnone, imponente, con cui è meglio non discutere…

Non parliamo dei «terrapiattisti», per i quali il nostro mondo fisicamente, come corpo celeste, non è un globo terracqueo, ma una strana superficie rotonda e piatta, come una pizza napoletana, con tanto di bordi.

Attenzione:
“piatto”, inteso come sostantivo, è una stoviglia di uso quotidiano per contenere il cibo e si pronuncia piatte, non chjatte. Il venditore era detto piattére, ossia piattaio.
Questi piatti si distinguono in piatte cuppüte e piatte spése e ossia piatto fondo destinato a contenere la minestra, e il piatto piano usato per accogliere la pietanza.

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Pagghjòsche

 

Pagghjosche s.f. = pagliuzza, nullità, esiguità, inezia,

Si tratta di un materiale di scarto nella lavorazione dei cereali: praticamente lo stelo sminuzzato del frumento eliminato dopo la trebbiatura.

Viene usato nella locuzione pegghjé pagghjosche (prendere pagliuzze), che significa raccogliere o ricavare un bel nulla.

A volte figuratamente il termine è utilizzato per descrivere una persona di scarso valore culturale, economico, morale. Per questo i vicini Cerignolani usano il termine pagghiouse, ossia uomo di paglia, senza valore, uomo da poco, una nullità, inaffidabile.

Apprjisse a códde crestjéne nen ce pöte pegghjé pagghjòsche = Su quella persona non si può fare alcun affidamento.

A volte assume un senso di incertezza, di timore:
Ne nzàcce che pagghjòsche agghja pegghjé…= Non so quale decisione devo prendere. Come faccio a uscire da queste difficoltà?

 

 

Il lettore Silvio Simone Pellico suggerisce: «È un modo di dire che indica chi non ha raccolto nulla /ottenuto nulla / concluso nulla. A pagghiòsche è un materiale di scarso valore , ecco perché viene associato a chi non ha concluso o ottenuto nulla . Si usa dire anche nen dicènne pagghiòsche , cioè non dire fesserie.»

 

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Botte

Botte s.f. = colpo

Questo sostantivo possiede una miriade di sfaccettature. Dargli un significato univoco è molto riduttivo.
Infatti ne ho trovato alcuni, grazie alla fattiva collaborazione dell’amico Matteo Borgia, provo a elencarli qui di seguito.

*Bòtte1 = Colpa
Dé ‘a bòtte =dare la colpa.
Ci’ho pegghjéte a bòtte pe salvé u fígghje = si è addossata la colpa per salvare il figlio).

*Bòtte2 = Colpo, anche in senso figurato
Ho ‘vüte ‘na bòtte de sìnze = ha avuto un mancamento, oppure ha
perso il controllo dei sensi o della ragione.
Ho ‘vüte ‘na bòtte de cüle = ha avuto un colpo di culo, nel senso
di fortuna.

*Botte3 = Segno, ferita, cicatrice, livido, oppure operazione svolta rapidamente (in un
colpo, in un tempo breve)
‘Na bòtte de pennìlle = un segno lasciato dal pennello, oppure
una rapida rinfrescata ai muri.
‘Na bòtte de rasüle = un segno lasciato dal rasoio sul viso o
anche una sbarbata veloce.
‘Ho bbušchéte nu cazzòtte sòtte a l’ùcchje,  jì rumàste (anche jì
rumése) a bòtte
  = ha preso un pugno sotto l’occhio, è restato il
livido.

*Botte 4 = Entità piccola o frazionata
Na bòtte e ‘na bòtte  = un po’ e un po’
A botte a botte = lavoro svolto in maniera discontinua o imprecisa.

*Botte 5 = Attimo
Sìnde ‘na bòtte, mandìne na bòtte, aspìtte na bòtte = ascolta un
attimo, mantieni un po’, aspetta un attimo, ecc.)

*Botte 6 = Colpo, in senso materiale
Ho déte ‘na bòtte mbàcce ‘u müre = ha dato un colpo sul muro.
L’ho cciacchéte a bòtte de martìlle = l’ha schiacciato a colpi di
martello.
Se nge vìne mò, te pìgghje a bòtte de battepànne = Se non vieni
adesso, ti prendo a colpi di battipanni).

*Botte7 = Rumore
C’jí sendüte ‘na bòtte ca mànghe i calecàsse alla fèsta Madònne
= si è sentito un rumore (talmente forte) che neanche i mortaretti della festa Madonna avrebbero avuto un effetto così dirompente.
‘Na volte ce vennèvene trik-trak e botte a müre = Una volta si vendevano petardi a miccia e botti a muro (bastava scaraventarli con forza contro una parete per ottenere la deflagrazione).

*BotteAtto sessuale consumato velocemente
Mudù decètte alla cumbagne ca se jöve fiurére, l’avrüje déte ‘nu fiore, ma seccöme jöve sparapìzze dumannatte se la putöve dé ‘na botta = Mudù disse alla sua amica che se fosse stato un fioraio le avrebbe dato un fiore, ma siccome era pirotecnico le chiese se poteva “darle una botta” (per evitare il doppio senso avrebbe dovuto dire se poteva “donarle un botto”)

Ho già trattato a parte:

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Criatüre

Criatüre s.m = Neonato, bambino

Con l’aggiunta dell’articolo, il sostantivo può essere femminile o plurale.
‘U criatüre = il bambino
‘A criatüre = la bambina
‘I criatüre = I bambini o le bambine.

Spesso se la nidiata era numerosa, si usava al plurale (credo che ormai il termine sia andato in disuso), il diminutivo (clicca→) i criócce, a mio parere derivante da criatüre + la desinenza -ócce, come il diminutivo dei nomi di persona Mengócce (Domenicuccio) ‘Nteniócce (Antoniuccio), ecc.

Un paio di esempi.

-di commiserazione:
Povera Mariètte, pe tutte quìddi criócce... = Povera Marietta, con tutti quei bambini…

-di ammirazione:
Sacce accüme fé pe tutte quìddi criócce.. = Non so come fa, con tutti quei bambini… (io al suo posto sarei stramazzata)

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Affurteché

Affurteché v.t. = rimboccare (le maniche)

Rimboccare le maniche della camicia, o di un altro indumento che copre le braccia, prima di iniziare un lavoro manuale impegnativo, per evitare di bagnarle o di insozzarle.

Questo verbo è molto diffuso nella Daunia e in Terra di Bari.

Il caro Prof. Michele Ciliberti (che di cuore ringrazio pubblicamente) mi ha fornito una dotta etimologia del verbo affurteché:
«Deriva dal verbo latino adfulcio con l’assimilazione della d alla f, il cui significato base è “puntellare”, “fermare”. Nel tardo latino il verbo è diventato affulticare col significato di “arrotolare”

Essendo un verbo transitivo può riferire un’azione diretta: affurtechè i màneche au uagnöne = rimboccare le maniche al (grembiule del) bambino.

È spesso usato nella forma riflessiva: affurtecàrece ‘i màneche = rimboccarsi le maniche.

I pescatori anziani di Manfredonia ce affurtecàvene anche i mutandoni fino alla coscia per non bagnarli quando entravano in acqua per alare a riva la sciabica o per portare in secca una barca.

Viene usata anche in senso figurato quale esortazione ad impegnarsi collettivamente per affrontare una situazione impegnativa:
Meh, uagnü, affurtecàmece i màneche e dàmece da fé! = Allora, ragazzi, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare!

Nei film comici l’azione di tirarsi su le maniche precedeva sempre un tafferuglio, come se le sberle scambiate a braccio nudo fossero più spettacolari ai fini della ripresa cinematografica.

(immagine tratta dal web)

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Parauande

Parauànde s.m. =Paraguanto, mancia

Denaro che si dà senza obbligo, oltre il pagamento di quanto dovuto, a chi ha reso un servizio.

Molto atteso dai ragazzi di bottega quando andavano a consegnare a domicilio l’oggetto confezionato o riparato in un qualsiasi laboratorio artigiano.

Ad esempio una giacca, un ricamo, un tavolino, una serie di vomeri o di picconi cui è stata rifatta la punta, una cornice, ecc.).

Sorprendentemente ho scoperto in rete che il termine era usato in lingua italiana già dal 1676!
Infatti quell’anno venne pubblicato un poema eroicomico scritto da Lorenzo Lippi, «Il Malmantile racquistato». In esso sono riportati i versi:
“Per buscar mance e paraguanti
Andaron molti a darne al re gli avvisi »(da Wikipedia)

Sul Vocabolario dei Sinonimi del 1886 è riportato:
«Paraguanto, Mancia, Beveraggio, Bonamano
-Paraguanto è ricompensa signorile data per nobili servigi a persone civili, quasi dica Per comperarsi i guanti, dallo spagnuolo para guantos (per i guanti).
-La Mancia si dà a persone di bassa condizione, per piccoli servigi.
-Il Beveraggio si dà a’ facchini e a’ vetturini, perché possano bevere: quella dei vetturini si dice anche Bonamano, e suol darsi per viaggi corti e per semplici accompagnature.»

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Ngastagné

’Ngastagnè v.t.= Smascherare, intoppare

Cogliere in fallo, incastrare, inchiodare qualcuno alle proprie responsabilità, metterlo con le spalle al muro senza dargli possibilità di scampo.

In altre parti d’Italia, con voce gergale ormai diffusa, si usa il verbo “sgamare” per dire che si è scoperta in anticipo una macchinazione ordita alle proprie spalle.

Noi usiamo il sinonimo (clicca –>) ‘ntuppé, = scoprire in flagranza una azione riprovevole.

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Ntuppé

‘Ntuppé v.t. = Cogliere in flagrante, scoprire l’autore di un’azione biasimevole

In italiano, l’insuperabile Treccani definisce “intoppare” l’imbattersi inaspettatamente in qualcuno o in qualche cosa.
In dialetto la voce simile ‘ntuppé ha un significato analogo, ma è più completo: quel “qualcuno” con cui ci si imbatte sta sicuramente compiendo un’azione riprovevole.
Ad esempio sta rubando, sta compiendo un sabotaggio, un vandalismo, sta molestando una ragazza, sta inquinando l’ambiente, ecc.

I carabbenjire hanne ‘ntuppéte a jüne ca stöve arrubbane ‘i röte de ‘na ‘tomòbbele. = I carabinieri hanno colto in flagrante uno che stava rubando le ruote di un’automobile.

Hanne ‘ntuppéte a ‘nu giuvenòtte senza bigliètte = Hanno scoperto un ragazzo senza biglietto.
Questa è la stringata traduzione letterale.
In corretto italiano va così intesa: Hanno scoperto un ragazzo che si era intrufolato nel cinema (o nello stadio, sul treno, in bus, ecc.) senza aver pagato il relativo biglietto d’ingresso.

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Stuppüne

Stuppüne s.m. = Stoppino, lucignolo

Il sostantivo stuppüne, simile all’italiano stoppino, designa un fascio di fibra di cotone ritorto usato come anima nelle candele che per capillarità porta la cera (ora sostituita dalla paraffina solida) ad alimentare la fiammella illuminante.
La stessa cosa avviene per le fibre di cotone, in un intreccio più voluminoso, nelle lucerne a olio e spesso chiamate col sinonimo di lucìgne =lucignolo.
il termine stuppüne era usato genericamente anche per i lumi a petrolio (grezzi per carrettieri, e più presentabili per uso domestico): tuttavia questo stoppino specificatamente era dettoa cavezètte s.f.= calza, calzetta.
Esistevano due tipi di calzetta: quella piatta (cavezètta chiatte) a fettuccia, larga circa cm 2,5 e quella tubolare (cavezètta tonne) che in lumi con bocchetta differente, sviluppava una fiammella più luminosa ma che conseguentemente comportava un maggior consumo di carburante.

In senso ironico ” fé ‘u stuppüne ” significa fare una fregatura, un bidone, raggirare, imbrogliare qualcuno.
Presumo che lo stoppino bruciato non ha alcun valore apprezzabile, come il bidone senza contenuto.

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