Vìnghje s.m. = Vinco, virgulto, vimine, vermena.
Si può chiamare anche ‘u vìgne e ‘u vignetjille, o vìnghjetjille.
Ramoscello giovane, flessibile, di ulivo defogliato o di salice, o di altra pianta legnosa. Opportunamente intrecciato dà forma a panieri, canestri, rivestimenti di damigiana. All’occorrenza, anche per dare una scudisciata nelle gambe del cane per scacciarlo, o dell’asino per incitarlo, certi di non arrecare troppo dolore nelle bestie.
Da “vinco” deriva il termine un po’ misterioso di vincastro, ascoltato nel Salmo 23, inteso in senso protettivo riferito al Buon Pastore.
Infattii il vincastro è un ramo di salice da vimini (salix viminalis) utilizzato principalmente dal pastore per guidare il gregge, ma anche per allontanare dalle pecore animali come cani randagi o lupi.
In italiano si può tradurre, quando specificamente ‘u vìnghje è di olivo, anche con succhione o pollone.
Una volta un giovane agronomo di Manfredonia, chiamato per una consulenza, volle mettere alla prova un olivicultore di Macchia, e gli chiese attraversando con lui il suo uliveto:
– Cosa sono questi?
Il brav’uomo li chiamò come aveva sempre fatto: – ‘i lüpe!
-No! – rispose il saputello – questi sono i succhioni!
L’arguto vecchietto rispose: Sì, ma pe’ mè so sèmbe ‘i lüpe!
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