Pèttele s.f. = Pèttola, frittella
Il nome “pettola” è la versione italianizzata del sostantivo albanese petullat, passato a noi dai numerosi centri arbëreshë del Sud Italia (Casalvecchio di Puglia, Chieuti, Barile, Ginestra, Maschito, Ururi, San Costantino Albanese, Frascineto, Carfizzi, Pallagorio, Piana degli Albanesi, ecc.)
Si tratta di una frittella di pasta morbida di pane, ben lievitata, cotta in abbondante olio d’oliva. Risulta croccante all’esterno e morbida all’interno.
Qualche massaia incorporava nella pasta, prima di friggerla, dei filetti di alici salate o di baccalà spugnato. Le mamme più abbienti addirittura vi ponevano dei chicchi di uva passa. Ora sono vendute già pronte nei panifici, ma solo nella versione base.
Se dopo qualche giorno, le rimanenti pettole si indurivano, bastava riscaldarle, avvicinandole in punta di forchetta, al fuoco del braciere per farle ammorbidire.
Proverbio: I pèttele ca nen ce màngene a Natéle, nen ce màngene ‘chió = Le pettole che non si mangiano a Natale non si mangiano più. Ossia afferra l’attimo, il giorno (Carpe Diem in versione manfredoniana).
Talvolta viene usato il termine pèttele per designare la (clicca→) pechèsce
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