Sfastidjé v.t. = Irritare, spazientire
Irritare facendo perdere la pazienza.
Causare complicazioni, infastidire..
Bàste! M’ha sfastidjéte! = Basta! Mi hai fatto perdere la pazienza!
Ossia mi hai dato fastidio.
Irritare facendo perdere la pazienza.
Causare complicazioni, infastidire..
Bàste! M’ha sfastidjéte! = Basta! Mi hai fatto perdere la pazienza!
Ossia mi hai dato fastidio.
Ammesa la forma breve setué.
Porre, mettere in un determinato luogo, in un certo modo, collocare, posare, sistemare.
Scherzosamente si usa questo verbo per significare divorare un cibo abbondante senza fare sforzi, o bere abbondantemente una bevanda alcolica.
Mattöje ce ho setuéte ‘nu litre de vüne = Matteo ha collocato (nello stomaco, ovviamente) un litro di vino.
Apprüme m’agghje setuéte ‘na mezza sìccia chjöne, e döpe so’ scennüte = Prima ho “sistemato” (dentro di me) mezza i seppia ripiena, e poi sono uscito.
Altro sinonimo: attunné = arrotondare, arrotolare, appallottolare qlco da mangiare voracemente.
Si può usare anche la locuzione Mené ‘a sendènzje = Lanciare una maledizione, invocare la cattiva sorte sulla testa di un avversario.
Si sendènzje non a caso. Ovviamente la maledizione è mirata contro qlcu che si è comportato molto male verso colui che, per reazione, lancia la sendènze.
Praticamente gli augura tante ‘belle cose’: rovina, disdetta, calamità, disgrazia, iattura, abominazione, ecc. ecc. Magari specificamente si predice il genere di guai che, di volta in volta, si sceglie per la rovina del contendente…
L’ho menéte ‘e sendènzje ca ce uà da vènne ‘a chése = Gli ha lanciato una maledizione (a causa della quale) deve vendersi la casa (per tamponare le conseguenze dei numerosi guai che gli capitaranno inevitabilmente a breve).
Sottrarre un oggetto alla vista o alle ricerche di qcn., riponendolo in un posto recondito, rendendolo introvabile.
Add’jì ca ha’ seffunnéte ‘i bretèlle möje ca ne li tröve? = Dove hai nascosto le mie bretelle, (dato) che non le trovo?
Secondo me deriva da seffónne = in fondo, sul fondo (del mare o di qualche nascondiglio).
A me sembra che siano state nascoste così bene da essere intovabili, come se fossero‘nfónne ‘u mére = in fondo al mare.
È ammesso dire anche suffunné.
Svuotare, rovesciare, simile per significato a spasé, ma può essere riferito anche a persone che dopo una grande fatica o una lunga corsa, si buttano a terra per la spossatezza.
Uagnü’, sduacàmece ‘ndèrre! = Raga’ buttiamoci per terra!
Vrejògne, ve süte sduachéte ‘na butt’gghje de vüne! = Vergogna, vi siete scolata una bottiglia di vino.
Il verbo proviene dal latino devacare [svuotare]
Si tratta della sdröme, che si pratica usando appositi paletti chiamati ‘i sdrumatüre.
Süme jüte a sdrumé ‘i cjifele = Siamo andati a ‘battere’ i cefali
Beh non ho detto nulla che possa illuminare coloro che non sono dell’ambiente marinaresco…
Cliccate sulle voci sopra nominate.
Ringrazio il Prof.Castriotta per il suggerimento di sdrumé, sdröme e sdrumatüre.
Sdrené v.t. = Sfiancare.
Stancare, affaticare eccessivamente, spossare, privare di ogni forza logorare, indebolire gravemente.
Deriva da reni (come l’italiano sfiancare deriva da fianchi): sfibrare, rompere (o rompersi) le reni dalla fatica.
‘A fatüje me sté sdrenànne = La fatica di sta sfibrando (fisicamente e logorando mentalmente).
Sderupé v.t. = Guastare
Ammesso anche sderrupé.
Danneggiare irreparabilmente qlco., deteriorare, guastare, disfare, rovinare.
Figuratamente disfare un progetto prima ancora di iniziarne la realizzazione.
Mandare in malora, rompere le uova nel paniere. Operazione da guastafeste.
Credo che derivi da derrüpe = dirupo, precipizio. Quindi esattamente sderupé (o sderrupé) significa: “precipitare, cadere nel precipizio”.
Diceva cinicamente il tiolare do un’impresa di trasporti: Nen me ne ‘mborte njinde ca ce sderrópene l’autìste, abbaste ca ce arretìrene ‘i camje. Inutile la traduzione
Scutelé v.t. = scuotere, scrollare
Scutelé (dal latino excutere) significa muovere e ripetutamente qualcosa agitando con violenza.
‘U vjinde scutelöje l’àreve = Il vento scuote gli alberi.
Scuotere lo straccio che raccoglie le polvere. Anche battere con la mano, in assenza di spazzola, su un indumento che impolverato per nettarlo grossolanamente.
Scuteljijete söpe ‘a spalle, ca sté ìa pòlve = Scuotiti sopra la spalla (della giacca) ché c’è polvere.
Esiste una locuzione molto colorita che adopera questo verbo: Te sì arretréte p’i chegghjüne scuteléte!
Ovviamente nessuno rientra in casa dopo aver “sbattuto” (dolorosissimamente) i suoi testicoli come si fa con la tovaglia o con un tappetino!
La frase, in maniera del tutto figurata, è un vero rimprovero che evidenzia il rientro in casa del marito con le mani completamente vuote. Sia perché, al suo rincasare a fine giornata, non aveva potuto guadagnare nessun salario, sia perché gli era passato di mente di comprare qualcosa per il desinare, e sia perché totalmente sfiancato dalla dura fatica in mare o nei campi.
Ringrazio il lettore Amilcare Renato per avermi rammentato questa locuzione, frequente in bocca alla sua pepata nonnetta!
Togliere la buccia, l’involucro, la cotenna, la corteccia, la scorza. Il verbo deriva proprio da scorza, come dire decorticare.
Specificamente significa levare il mallo alle mandorle lasciando in vista la buccia legnosa per il successivo schiacciamento per liberare il frutto (scurzelé ‘i mènele)
Anche togliere il baccello alle fave e ai piselli freschi, sbaccellare, sgranare: (scurzelé ‘i féfe, i pesìdde/pesìlle).
Per le cozze e i frutti di mare si usa il semplice japrì = aprire.
Per la frutta (mele, pere, fichi d’india,) invece si dice annetté = nettare, sbucciare