Tag: sostantivo femminile

Rìnje

Rìnje oppure arìnje s.f. = Origano

L’origano comune (nome scientifico Origanum vulgare, è una pianta perenne aromatica appartenente alla famiglia delle Lamiaceae (da Wikipedia).

È una pianta infestante, che attecchisce facilmente nei terreni collinari o sassosi.

Si utilizza come pianta aromatica, spiluccandone le foglioline e la cima essiccate, nella cucina mediterranea.

Immancabile sulla pizza, e in intingoli con pesce o carne

Se occorre l’articolo scrive in due modi diversi per l’omofonia (la rìnje o l’arìnje).  Nella frase che non richiede articolo prevale rìnje.

Per esempio: 

Accattéme l’arìnje (o la rìnje o ‘a rìnje)
Mìtte ‘nu pöche de rìnje.

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Apparazziöne

Apparazziöne s.f. = Luminarie

Addobbo luminoso con cui si orna un luogo pubblico per una ricorrenza, una festa ecc.(Sabatini-Coletti).

Tecnicamente in italiano sono dette luminarie anche le luci di Natale. In dialetto l’apparazziöne è solo quella della Festa Madonne = Festa della Madonna, festa patronale.

Deriva dallo spagnolo aparar con il significato di “aggiustare; rendere uniforme, lineare; rendere più piacevole alla vista; togliere quello che è diseguale”.

Le ho sentite chiamare così da sempre. Attenti a non confondere  apparazziöne con  “apparizione”, visione.

Hanne accumenzéte a mètte l’apparazziöne = Stanno montando le luminarie.   Si approssima la Festa grande

(Foto di Chiara Piemontese-2017)

 

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Ciamarüche mósse mòdde

Ciamarüche mósse mòdde s.f. = Chiocciole (lumache) novelle

Queste chiocciole si riconoscono dalla fragilità del loro guscio dovuto alla loro  giovane età.

Questo fatto non significa che non siano buone per prepararne il tradizionale sughetto.  Solo bisogna stare attenti a maneggiarle per evitare lo schiacciamento del loro  guscio.

Si paragona scherzosamente a una ciamarüche mósse mòdde quel tipo insopportabile di adolescente schizzinosa, che non mangia volentieri quasi nulla perché ritiene qualsiasi pietanza degna della pattumiera e non del suo stomachino delicatino.

Attenti alla pronuncia delle “o” , che è stretta su mósse e larga su mòdde.

Il lettore Michele Castriotta asserisce che queste chiocciole erano conosciute in dialetto col nome di jaródde.

 

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Acquaforte

Acquaforte s.f. = Varichina, candeggina

Si tratta di una soluzione acquosa di ipoclorito di sodio, comune nelle nostre case, usato come sbiancante e disinfettante degli impianti sanitari.

Va usato con precauzione perché, se mischiato all’acido muriatico, sviluppa un gas tossico, e nemmeno con l’ammoniaca e l’etanolo perché innesca la formazione di gas irritante.

 

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Zucchelatüre 

s.f. = Battiscopa

In dialetto non era proprio il battiscopa, perché, almeno fino agli anni ´50 esso era sonosciuto.

Invece della striscia in legno, marmo, plastica, alla base delle pareti interne delle case, si dipingeva una doppia passata di colore piú scuro di quello del muro, con funzione protettiva o decorativa.

La zucchelatüre poteva essere dipinta con funzione puramente decorativa anche in alto sulla parete, prima dell´inizio del soffitto, come una specie di cornicetta dipinta di marrone scuro.

I pittori decoratori, come il famoso maestro Gelsomino, erano molto bravi a tracciarla col pennellino, a mano, bella uniforme, sempre dello stesso spessore, alla stessa altezza per tutto il perimetro della stanza.

Il nome deriva da zoccolo, base su cui poggia qualcosa.

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Zórle

Zórle s.f. = Vivacità irrefrenabile.

Incontenibile, allegria, scherzosità, ilarità, vivacità

Stàteve söte! E che v’ho prgghjéte jògge, a zórle? = Statevi quieti! E che vi è preso oggi, la voglia matta di giocare?

Il sostantivo deriva dal verbo zurljé, giocherellare festosamente.

Quanne accumènzene a zurljé nen la fenèscene cchjó = Quando cominciano a giocherellare non la finiscono più.

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Zöche

Zöche s.f. = Corda, fune

Qualsiasi corda dai Manfredoniani terragni è chiamata zöche.

Faccio degli esempi:
quella utilizzata dalle massaie per stendere il bucato:
quella usata, legata al secchio, per attingere l’acqua dal pozzo;
quella adoperata per suonare le campane della chiesa;
quella impiegata nei giochi fanciulleschi (salto, altalena, tiro alla fune, ecc.)
quella in uso nello sport (salto, alpinismo, sci d’acqua)
quella (brrrr) utilizzata dai suicidi o anticamente per la tortura o per giustiziare i condannati all’impiccagione.

Diminutivo: zuculèlle  s.f. =  cordicella, funicella.  A volte, quasi a indicare uno spago, un laccio si usa il maschile zuculìlle.

Memorabile la frase pronunciata da un tizio che si sforzava di parlare in italiano, quando narrava della sua partenza per Milano, con la “bbalicia attaccata con la zoca”…

In marineria invece si usa un linguaggio più articolato, appropriato allo spessore della corda: sagola, cima, gomena. Non sentirete mai un marinaio usare zöche o peggio còrde.

Trascrivo a proposito di zöche,  quanto ho recentemente letto in rete sui termini spagnoli entrati nei  dialetti meridionali:
«Ebbene, anche il termine “zoca” proviene dallo spagnolo “soga”, con lo stesso significato di “corda, fune”. Si noti questo proverbio identico in spagnolo e italiano: “No se ha de mentar la soga en casa del ahorcado” = “Non si deve nominare la corda in casa dell’impiccato”.»

 

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Zòcchele

 
 

Il topo delle fogne (Rattus norvegicus) è un mammifero roditore simile al topo ma più grande, con muso appuntito e coda rivestita di squame.

È un animale diffuso in tutto il mondo. Apportatore della Leptospirosi, malattia mortale per l’uomo.
Sinonimi: surmolotto, pantegana, martorana

Zòcchele (dal latino sorculam) significa anche donna di malaffare. Con termine ancora più spregiativo  la prostituta di lunga esperienza viene detta zucculöne.

 

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Ziòlle

Ziòlle s.f. = Zia, zietta

Sorella di uno dei genitori, considerata rispetto ai loro figli; moglie dello zio.

Ziolle è un diminutivo affettuoso dei nipoti. L’italiano zietta non rende bene il sentimento che traspare dall’appellativo nostrano.

Quando il nome della zia è sottinteso, si dice Ziolle. Quando si antepone al nome proprio si pronuncia Ziolla.

Qlcu dice che è designata con questo appellativo solo la zia maggiore, o più anziana rispetto alla madre dei nipoti. Io personalmente chiamavo così tutte le sorelle di mio padre: Ziolla Rachelüne, Ziolla Felumöne, Ziolla Marüje, Ziolla Seppüne, indipendentemente dalla loro età.

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Zerèlle

Zerèlle s.f. = testicoli.

Ciascuna delle due ghiandole genitali maschili contenute nello scroto e destinate alla produzione degli spermatozoi.

I vari dialetti usano sempre espressioni colorite, a cominciare da coglioni, ormai di uso comune, a cabbasisi, zerèlle, chegghiòune, cuion, balusun, ecc.,

Nei litigi dei ragazzotti si usava minacciare l’avversario prospettandogli la estirpazione non chirurgica dei testicoli: sciuppé ‘i zerèlle!

Quelli dei bambini e degli adolescenti, non maturi per l’attività sessuale, erano chiamati ‘i pallotte.

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