Tag: sostantivo femminile

Cragne

Cragne s.m. = Cumulo

Ammasso, mucchio, tumulo, accumulo.

Un insieme di legna, pietre, ghiaia, sabbia, fieno, ecc.

Figuratamente significa risparmiare, raggranellare un gruzzoletto.

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Còzzele 

Còzzele s.f. = Mitilo, cozza

La parlata moderna abbrevia il nome da còzzele in cozze. Personalmente preferisco la prima forma, quella tradizionale.

La cozza (Mytilus edulis o Mytilus galloprovincialis) è un mollusco dalla conchiglia nera e approssimativamente triangolare, molto ricercato per alcune specialità gastronomiche: zuppa di cozze, cozze alla marinara, impepata di cozze, cozze gratinate, ecc.
Quelle poste in commercio devono provenire da allevamenti specializzati. Diffidare dalle cozze vendute alla rinfusa nei mercatini. A Manfredonia si usa chiamarla Còzzele de Tàrende = Cozza di Taranto, città ove esistono da sempre estesi allevamenti di mitili.

E questo per distinguerla dalla locale pregiata “cozza pelosa”, una volta considerato cibo dei poveri, perché acquistata a prezzo vile. Assieme al pane costituiva la cena per tutta la famiglia.

La cosiddetta cozza pelosa (Modiolus barbatus) per via delle alghe attaccate al suo guscio, è un prodotto locale, a mio avviso molto più pregiato della sia pur buona cozza nera tarantina.

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Coške 

Coške s.f. = Scoreggia (o scorreggia)

Nulla a che fare con le cosche mafiose! Si tratta tuttavia ugualmente di un problema molto serio.

Emissione rumorosa di gas intestinali.

Fé ‘na coške = cuškjé = scorreggiare.

Non sempre l’emissione può dirsi rumorosa.

In silenzio dicesi ‘a loffe
Dal suono flebile dicesi ‘a stòdeche
Dall’emissione normale è la vera e propria ‘a coške
Se sale un po’ di tono edicesi chjìreche
Se il tono è più alto e prolungato si tratta di un chjirecöne
Se si tenta, sforzandosi, di emetterne una più fragorosa, si rischia la zelléte ossia l’emissione non è solo gassosa ma anche un po’ solida.

Credo di aver percorso tutta la scala cromatica dei suoni possibili da quello strumento “a fiato” (‘u cüle)

Se mi è sfuggito qualche termine…mi correggerete! (scusate l’accostamento irriverente a Sua Santità, ma il verbo correggere si sposa egregiamente a quello trattato in questa “voce”).

Lino Brunetti mi manda questa simpatica scenetta:

«Era riunito a Palazzo il Gran Consiglio, con il Re di Napoli a capotavola, e si discuteva di tutto.
Ad un certo punto il Primo Ministro, piuttosto anziano, chiese: “Con licenza di Vostra Maestà!” Si alzò dalla poltrona ed andò a scorreggiare con le spalle alla finestra e poi ritornò a sedersi. La stessa procedura per altre due volte.
Quando stava per alzarsi ancora una volta, il Re lo fermò dicendo: “Eccellenza, ‘sta volta facitéle accà, e po’ purtataville ‘llòco!”»

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Contramalùcchje

Contramalùcchje s.m. = Amuleto, talismano, portafortuna

Contramalùcchje = contro il malocchio.

Piccolo oggetto da portare sulla persona, creduto, per superstizione, capace di proteggere da mali o da pericoli e per propiziarsi la fortuna.
Da noi specificamente ha la funzione di difenderci dall’altri invidia.

Per esempio:
-il sinuoso cornetto rosso usato come ciondolo o quello mignon d’oro attaccato alla collanina (che è blasfemo quando viene messo assieme ad un’immagine sacra);
-la mandorla doppia “siamese”, cioè attaccate alla base e somigliante a un paio di mammelle appuntite;
-un rostro mobile della chela di favollo (‘a pelöse);
-un paio di corna di ariete fissato sull’architrave dell’ingresso principale delle case di campagna;
-il ferro di cavallo attaccato all’uscio di casa;
-il vistoso corno di vacca, fissato a una base di legno che fa bella mostra di sé nelle case antiche, con un nastrino rosso annodato a fiocco alla sua base o a metà lunghezza; ecc. ecc.

In emergenza, in assenza di questi oggetti, per contramalucchje bastava “fare le corna” con una mano nascosta.
I maschietti ricorrevano ad una veloce grattatina sui “paesi  bassi”, capisci a me.

Quando si riceveva un complimento, temendo che costui o costei  lo facesse per invidia, prontamente si facevano le corna con la mano.   Sapendo l’andazzo, la pesona cerimoniosa terminava il complimento con un bel “benedüche“. dimostrando la buona fede. 

La nostra generazione è smaliziata e non corre più dietro a queste sciocchezze (almeno spero!).

Mi scompisciai dalle risate quando all’età di otto anni, razionalmente, chiesi a mia madre che cosa significasse quel corno lucido e nero che faceva in bella mostra di sé sopra il bordo dell’intavolato divisorio. Ella con un bell’italiano, impensabile per l’epoca pre-televisiva, citò un distico endecasillabo assonante che mi si è attaccato nella memoria, e che mi fa sorridere tuttora quando ci penso:
“Contro l’invidia della mia fortuna,
prendo ‘sto corno: glielo ficco in cu…..!”

Chissà dove lo aveva appreso!

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Conghe

Conghe s.f. = Tinozza, mastello, bagnarola, conca.
tinozza
Recipiente di ferro zincato, o di legno o di altro materiale usato generalmente per fare il bucato a mano o anche per fare il bagnetto ai bambini.

In dialetto era usato anche il termine tüne = tina.

Tènghe da fé ‘na conghe de pànne = Ho da lavare un’intera tinozza di biancheria.

Da jogge ca stéche ‘mbacci’a ‘nna conghe de panne = È da questo pomeriggio sono impegnata su un mastello di panni (da lavare)

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Colocènze

Colocènze s.f. = Tregua

Alla lettera significa “con licenza”.

Veniva pronunciato da uno dei partecipanti ai giochi fanciulleschi, per sospendere una pena, o un inseguimento. Qualche bimbo pronunciava anche calocènze!

Si dichiarava il colocènze ad alta voce, in modo che anche gli altri bimbi potessero sentire la richiesta di scuse per l’errore commesso nello svolgersi del gioco.

Si evidenziava così l’inintenzionalità, la mancanza di dolo.

I bambini stabiliscono le regole e le seguono scrupolosamente. Cosa che i grandi, specie gli uomini politici, non sempre lo fanno.

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Cöla-cöle 

Cöla-cöle s.f. = Gazza
gazzaLa Gazza (Pica pica, o Pica hudsonia) è un uccello comune dal piumaggio nero e bianco, che si nutre di frutti, ragni, insetti, ma anche di uova e nidiacei di altri uccelli.

Viene detta Gazza ladra perché, come molti rapaci, è attratta da oggetti luccicanti e anche per la sua abitudine di depredare i nidi di altri volatili.

Vive in spazi aperti, ma da qualche lustro si spinge anche nei centri abitati alla ricerca di cibo e non è per niente spaventata dalla presenza umana.

Un po’ come fanno i gabbiani che si vedono ora numerosi nelle discariche ubicate molti km all’interno della costa. Evidentemente perché per loro è più facile reperire il cibo nell’immondezzaio, anziché procurarselo, tuffandosi reiteramente in mare, alla ricerca di qualche pesciolino.

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Cógghje

Cógghje s.f. = Scroto

Struttura muscolare e membranosa sacciforme contenente i testicoli, posta nella regione delimitata dal perineo, dal pube e dalla radice delle cosce (De Mauro).

Generalmente oltre al sacco contenitore, si estende il significato di questo termine anche al suo contenuto, specie se c’è una patologia erniaria in atto.

Me döle ‘a cógghje = Sento dolore al basso ventre (a causa del’ernia inguinale).

Non c’entra nulla con il nostro dialetto, ma mi diverte l’espressione napoletana: ‘a uàllera.

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Còffe

Còffe s.f. = Cesto

Cesto a forma tronco-conica, provvista di manici, usata dai muratori per contenere e sollevare pietrame e mattoni.

Per estensione, vista la stessa forma, si è affibbiato questo nome anche alla cavedarèllacaldarella di ferro che contiene la malta.

In termini marinareschi la coffe è una sorta di terrazzino con steccato di protezione, fissato sugli alberi dei velieri, destinato a contenere i marinai addetti alle manovre delle vele o alla vedetta in mare (mitico l’urlo:terra, terra! nei film d’avventura lanciato dagli uomini di vedetta sulla coffa….)

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Còcchje

Còcchje s.f. = Coppia

Insieme costituito da due oggetti dello stesso tipo o da due animali o da due persone spec. che svolgono in modo coordinato la stessa attività.

Còcchja-còcchje dicesi di due persone inseparabili. Due amici, due fidanzatini, due colleghi, due carabinieri.

Tènghe ‘ca còcchje de vìcce = Ho una coppia di tacchini.

‘I vüte a löre, sèmbe còcchia-còcchje = Li vedi, loro stanno sempre assieme.

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