Tag: sostantivo femminile

Paparèlle

Paparèlle s.f. = Ochetta, ghianda, pepiera.

1) Nel significato di ochetta, fig. designa anche quelle adolescenti che si comportano da sciocchine.

2) Designa la ghianda, frutto secco delle querce, protetto alla base da un caratteristico involucro a forma di scodellino, utilizzato per l’alimentazione animale e in alcune applicazioni conciarie.

Perché a Manfredonia le ghiande sono chiamate paparèlle?

Racconto quello che emerge dai miei ricordi: quando uscivo dalla Chiesa Stella (età 7-8 anni) passavo dalla villa e raccoglievo alcune ghiande, le più grosse, perché servivano a fabbricare un modesto “giocattolo”.
In pratica si tagliava orizzontalmente la parte superiore della ghianda, compreso il suo cappellino. La parte inferiore termina a punta e il seme è pieno e sodo. Si conficcava nella polpa il gambo già bruciato de uno zolfanello (puzzolente fiammifero da cucina, chiamato anche “fulmenànde” o “aspjitte nu pöche”) in modo che si formasse una piccolissima trottola, cui si imprimeva il movimento della rotazione passando lo stecco del fiammifero tra i polpastrelli del pollice e del medio.

Si gareggiava con gli altri bambini, e vinceva colui che la faceva girare più a lungo.

Quando ci eravamo stufati di questo gioco, si prendeva un’altra ghianda grossa, decapitata della parte superiore, e si piantava uno stecco più lungo nel suo fianco.

Avevamo così costruito una miniatura di pipa, e la tenevamo a lungo tra i denti come faceva il nonno o Braccio di Ferro/Popeye. Questo atteggiamento ci faceva sentire adulti!

Siccome la pipetta era piccola, veniva chiamata “pipparella”. Il nome si è variato ed è poi diventato “paparella”.

Ripeto sempre, questi sono i MIEI ricordi, e non pretendo di pontificare ed essere infallibile sull’origine dei nomi.

3) Forse per una deformazione fonetica, si usava chiamare paparèlle il contenitore del pepe macinato, in italiano “pepiera”, al posto del piu´ corretto pöparèlle, da pöpe = pepe.

Quella in uso a casa mia, prima dell´avvento della plastica, era tutta di legno tornito, a forma di calice, il cui gambo si svitava per consentire di caricare questo contenitore.
Anche il “top” si svitava per mostrare il “tetto” bucherellato attraverso il quale si poteva spargere il pepe sulle pietanze. Un piccolo capolavoro dell´artigianato locale.

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Papàgne

Papàgne sf = Papavero.

Precisamente erano così chiamati i semi del papavero, perché il fiore (in italiano detto anche ‘rosolaccio’) era chiamato “škàcche” o “škàppe” o “škòppe”).

L’ infuso di semi del papavero in acqua calda e zucchero, era somministrato ai lattanti irrequieti che non volevano prendere sonno, come se fosse stata una semplice e innocua camomilla soporifera.

In pratica i poveri bambini venivano “drogati” con la papaverina, un oppiaceo che si trova nella pianta del papavero!

Volevo vedere se non si addormentavano con quella sostanza in corpo!!

Quando qualche adulto “cascava” dal sonno diceva: “me sté venènne ‘a papàgne”.

Quando ha già fatto un sonnellino: Me so’ appapagnéte.

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Panzètte

Panzètte s.f. = Polpastrello

Piccola parte carnosa interna della estremità delle dita delle mani.

Me sò tagghjéte ‘a panzètte du djitöne = Mi sono ferito accidentalmente al polpastrello del dito pollice.

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Pandaške

Pandaške s.f. Tozzo

Specificamente indica una parte del pane, cotto o crudo, strappato con le mani o per mangiarlo avidamente o per formare una pagnottella più piccola o una focaccina da infornare.

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Palummèlle

Palummèlle s.f. = Farfalla, farfallina.

Anche in napoletano si dice palummella per indicare la farfallina. Ricordate i versi di Salvatore di Giacomo “palummella, zompa e vola….vattènne a loco, vattenne pazziella….io m’abbrucio ‘a mana pe te ne vulé caccià (dalla fiammella della candela).

Anche le falene, molte specie di farfalle crepuscolari o notturne, sono chiamate palummèlle.

Pure le farfalline che si levano dai cereali lungamente conservati in ambiente non idoneo.

Quando uno dice di avere le palummèlle nella pancia vuol dire che è affamato..

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Palóscene

Palóscene s.f. = Muffa

Strato di peluria biancastra o verdognola di odore acre, costituito da funghi microscopici, che si sviluppa spec. su cibi e su prodotti vegetali o animali in decomposizione.

Qlcu pronuncia anche palójene. Accettato da tutti perché ugualmente comprensibile.

Ma’, ‘mbàcce ‘i pemedöre c’jì fàtte ‘a palójene!= Mamma, sui pomodori si è formata la muffa!

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Palómme

Palómme o palómbe s.m. = Colombo, piccione; girandola.

1 – Palómme s.m. -Uccello di media grandezza (Columba livia), robusto volatore, dotato di becco leggermente ricurvo in punta e rigonfio all’apice, zampe corte; è detto anche piccione. Parente stretto del colombaccio (Columba palumbus).

Il termine palómme (si pronuncia con la ó stretta, quasi una u) deriva dallo spagnolo la paloma = la colomba (al femminile).
Il loro rifugio è detto ‘u palummére = colombaia, piccionaia. Attenti a non confondere palummére con palumbére = palombaro.

Esiste anche il diminutivo palummjille per indicare quelli piccoli che cominciano appena a volare.

Era quasi obbligatorio somministrare alle puerpere un brodino di carne di palummjille allo scopo di rinfrancarle dopo la fatica del parto e di far aumentare loro la montata lattea.

Era usato in casa dei facoltosi per preparare un brodino leggero. Le puerpere di estrazione più povera ricevevano il brodo ottenuto dalla cottura dei ceci. Forse conteneva meno proteine ma certamente più sali minerali, utilissimi al neonato perché passavano nel latte materno.

Il sostantivo palummjille = colombino, indica metaforicamente anche qlcu alle prime armi che vuole cimentarsi in un’attività impegnativa, in antagonismo con i marpioni: quindi un probabile soccombente, agnello tra i lupi.
Attenzione! Al femminile palummèlle non ha nulla a che vedere con il pennuto fin qua descritto.  Infatti indica una farfalla notturna (la falena).

A volte quando si è indeboliti o affamati si usa l’espressione: Tènghe i palummèlle ‘nnanz’a l’ucchje = Ho un annebbiamento della vista.

2 – Palòmme s.f. = Girandola di carta.
Questa, al femminile, si pronuncia con la ò larga (‘a palòmme = la girandola)

È un giochino di carta, semplice da costruire, che diverte molto i bambini. L’abbiamo fatta tutti, anche quando non avevamo le puntine da disegno per fissarla all’asticciola.

Nell’espressione jìrecìnne ‘mpalòmme si manifesta uno stato di grazia o di soddisfazione, gongolarsi, rallegrarsi, come dire andar col vento in poppa.

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Palme

Palme s.f. = Palma

1 Pianta tipica dei paesi caldi, in Italia è coltivata solo a scopo ornamentale.

2 Pianta della mano o dei piedi, come in italiano

3 Ramo d’olivo che viene benedetto e distribuito nella domenica precedente la Pasqua, per commemorare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.

A Manfredonia le future nuore avevano la consuetudine di portare questo segno di pace alle proprie suocere.

Sicuramente ricevevano in cambio un oggettino d’oro. Si usa ancora?

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Paléje

Paléje s.f. = Sogliola

La sogliola (Solea vulgaris) è ritenuto un pesce pregiato, dalle carni bianche, magre e molto digeribili. Vive a contatto con fondi sabbiosi e fangosi. Clicca sull’ immagine per ingrandirla.

Ha il corpo ovale e piatto. La testa è piccola ed il muso è arrotondato, in età adulta entrambi gli occhi si posizionano su un solo lato della testa.

A me piàcene cchjù ssé ‘i sparrüne arrustüte. = Io (alle sogliole) preferisco gli spari arrostiti

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