Tag: sostantivo femminile

Premmanènde

Premmanènde s.f. = Permanente

Parola che appartiene (spero) solo all’universo femminile.

Ondulazione artificiale dei capelli, realizzata con trattamenti chimici o termici. Dicesi permanente perché il trattamento porta a risultati duraturi. La crescita successiva dei capelli lisci spostava l’arricciatura verso il bordo inferiore, fintantoché si decideva di ricorrere nuovamente all’opera della parrucchiera.

Una volta era diffusa tra le donne che la facevano due volte all’anno per non strapazzare troppo la capigliatura.

Ora credo che non si usi più, basta una “messa in piega” settimanale, e qualche mèche ogni tanto.

I capelli così non vengono sottoposti a stress come per la permanente.

Dopo gli anni ’60, siccome ci eravamo tutti acculturati, grazie all’avvento della televisione, si diceva permanènde, simil-italiano, trascurando il fenomeno di metatesi linguistico dello spostamento della consonante (come frummàgge, frabbecatöre, fremmé, per formaggio, fabbricatore, firmare).

Andate al punto 5 di Ortografia e fonologia, nella barra iniziale di questo sito o cliccate sul link.

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Preggessiöne

Preggessiöne s.f. = Processione

Rito in cui sacerdoti e fedeli, disposti in fila, pregando e intonando inni, accompagnano, lungo un determinato percorso, immagini sacre, reliquie ecc.

A preggessiöne nen ce vöte quanne jèsse, ma quànne ce arretïre = La processione non va guardata quanto esce, ma quando rientra.

E’ un detto che ridimensiona gli entusiasmi: si valuterà il successo al termine dell’opera.

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Precöche

Precöche s.f. = Pesca a pasta gialla

Il termine “Percoca” sta entrando nel lessico italiano.
Si tratta di una varietà molto particolare, con polpa gialla e dura,  del frutto commestibile prodotto dal pesco, detto In latino persica praecocua forse nel significato di precoce.

Alcune varietà hanno il nocciolo aderente alla polpa (percoche duracine); altre no (percoche spaccàgnole).

I nostri nonni anticipando o emulando inconsapevolmente la sangrìa spagnola, usavano far macerare al fresco pezzi di precöche nel vino rosso per esaltare il sapore e il profumo di entrambi i componenti del connubio solido-liquido, solido, cibo e bevanda.

Se pronunciato al maschile ‘u precùche significa parolaccia, improperio, turpiloquio.

Ovviamente non ha nulla a che vedere con il deliziosissimo frutto del Prunus persica.

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Preciöse

Preciöse s.f. = Precesa

Fascia di terreno agricolo, generalmete arata prima dell’accensione delle stoppie.
È una misura precauzionale per evitare il propagarsi di incendi.

Esiste una normativa nazionale e regionale sulla larghezza della precesa, sull’epoca dell’accenzione delle stoppie, e delle misure precauzionali da mettere in atto.

Forse deriva dall’italiano pre-accesa. Un altro metodo, oltre che con l’aratura, è quello di incendiare sotto stretto controllo, solo una fascia di stoppia. Quando si incendiano tutte le stoppie c’è terra bruciata e l’incendio è circoscritto e controllato e non può propagarsi..

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Pòseme

Pòseme s.f. = Amido

Era usato dalle stiratrici per inamidare i colletti delle camicie, i centrini di cotone, etc. e renderli un po’ rigiidi e più resistenti alle spiegazzature.

Il cullètte mbuseméte = il colletto inamidato.
Notate in+puseméte assume un unicum con addolcimento nella pronuncia della p in b. Siamo meridionali!

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Pöre

Pöre s.f. sop. = Pera

Frutto delle piante del genere Pyrus a cui appartengono molte specie differenti. Alcune delle specie producono frutti eduli e vengono perciò coltivate, quella più diffusa è la specie Pyrus communis..

Esistono molte varietà tra cui le più note solo le William, Abate, Conference.
Io ricordo che a giugno si trovavano in commercio anche delle pere piccole, sode, dolcissime chiamate pöre cecchetògne, più o meno col significato di “pere Cecco-Antonio”

 

 

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Pöparöle

Pöparöle s.f.= Peparola, pepaiuola, pepaiola

Ovviamente deriva da pöpe = pepe

Qlcu dice anche Pöparèlle

Piccolo recipiente usato per contenere il pepe macinato, generalmente provvisto di un coperchio bucherellato per spargere tale spezia sulle vivande.

Quello di mia nonna era di legno tornito, e si caricava svitando il suo piedino a calice.

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Pompe ‘u flìtte

Pompe ‘u flìtte s.f. = Nebulizzatore

Premessa indispensabile: il FLIT era un nome commerciale, forse un’abbreviazione di fly-tox = veleno per gli insetti volanti, prodotto dalla Esso, composto da petrolio e piretro. Veniva venduto il lattine con il tappo a vite, come il diluente per vernici. Il nome proprio è diventato nome comune, come biro, rimmel, eternit, terital, ecc.

La pompe ‘u flitte – chiamata dagli Americani “Flit gun” = canna/cannone per il Flit – era un attrezzo domestico per nebulizzare un qualsiasi insetticida liquido. 

Consisteva in un serbatoio contenente l’insetticida, ed un cilindro in cui scorreva la pompa manovrata a mano, come quella della bicicletta. Il getto d’aria usciva attraverso un forellino e risucchiava il flit dal serbatoio attraverso un tubicino che pescava nel liquido, posizionato a 90° dall’ugello dell’aria, e lo spargeva nebulizzato nel locale da liberare da mosche e zanzare.

Un passo avanti fu fatto negli anni 40. Per difendere dagli insetti e dai parassiti i soldati americani che combattevano nelle paludi furono rifornì di bombole spray che però erano grosse, pesanti e ingombranti.

Io ricordo che erano di colore nero, e che si trovavano facilmente sul mercato nero, sicuramente trafugate agli Alleati. Una volta aperte, a strappo, erogavano tutto il loro contenuto perché non avevano alcun pulsante d’arresto. Abbiamo poi scoperto che, per interromperne il getto, bastava capovolgere la bomboletta.

Dopo il boom delle bombolette spray, il cui gas di carica si è poi rivelato nocivo all’ambiente, si è fatto ricorso alla semplice aria compressa, come quella della originale pompe ‘u flitte

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Pòlve-cìprje

Pòlve-cìprje s.f. = Talco s.m.

Qualcuno asserisce che si diceva pùm-cìprjepombe-cìpre o pomme-cìprje= Pompa di cipria, ricordando il barattolino di latta della Roberts per il suo Borotalco.

Io ricordo che mia madre lo chiamava “ ‘a pòlve-cìprje” = Polvere di cipria

A me sembra più attendibile quest’ultima dicitura..

Ora tutti chiamano il prodotto “Borotalco” anche se si tratta di altre marche.

Il talco si comprava a buste (verdi come quelle di oggi), e veniva travasato in una scodellina di celluloide (non era stata inventata la plastica). Un grazioso e bianco piumino di lana di agnello, munito di occhiello di osso per sollevarlo, serviva ad aspergere la sottilissima polvere bianca sotto le ascelle e fra i prosperosi seni delle donne di una volta.

Forse non si trattava di prodotti di gran qualità ma certamente il profumo di quel talco è rimasto uno dei più bei ricordi della nostra infanzia.

Fortunatamente questo prodotto si trova identico ancora in commercio dopo oltre cento anni dal’inizio della sua distribuzione, e trova sempre i suoi estimatori.

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Pìzzeche

Pìzzeche s.m.= Pizzico; pala di cactus (botan.)

1) al maschile ‘u pìzzeche, significa pizzico, pizzicotto;

2) al femminile ‘a pìzzeche vale “pala da cactacee”

Nel nome composto Pìzzeche-fechedìgne sf = “Pala” spinosa della pianta dei fichidindia e delle cactacee in genere.

Erroneamente si ritiene che la pala sia una foglia. Invece si tratta di ramo, Le foglie sono gli aculei ( i zengüne)

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