Tag: sostantivo femminile

Sendènze

Sendènze s.f. = Maledizione

È ammessa anche la pronuncia sendènzje.

Non ha nulla a che vedere con il termine simile italiano “sentenza”.

La sendènze è un’invocazione di male, di sventura su qcn. o qcs..

Molto temuta dalla maggior parte delle persone che avevano avuto un diverbio.

Roba che ora ci fa sorridere…Difatti qualche progressista dell’epoca coniò un proverbio sulla sendènzje grosse.

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Sègge-a-Vjinde

Sègge-a-Vjinde s.f. = Sedia Thonet

Non è, nella traduzione letterale, certamente la “sedia a vento”, che non significa nulla.

In lingua italiana è accettata come Sedia tipo Vienna.

Facile confondere la pronuncia della denominazione tedesca di Vienna, Wien (vinn) con Vjinde (viind) = vento.

Sono le famosissime sedie di legno di faggio, tornito e curvato a vapore, con il fondo di rafia intrecciata, il cui procedimento fu brevettato nel 1860 da Michael Thonet di Vienna. Le vere sedie Thonet sono tuttora in produzione.

Tutte le nostre nonne hanno in casa due Sedie Thonet perché negli anni ’30 facevano immancabilmente parte della loro dote.

Ora fanno delle imitazioni delle Thonet con ferro smaltato nero e plastica color sabbia per i bar che pretendono di apparire eleganti: puah!

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Sègge-a-caccà

Sègge-a-caccà s.f. = Seggiolone

Sedia di altezza tale da permettere a un bambino di arrivare al livello di un tavolo normale, dotata di un piano di appoggio ribaltabile su cui appoggiare piatti o altri oggetti.

Il nome dialettale deriva dal fatto che anticamente il piano, di legno o impagliato, su cui di poneva il bambino era dotato di un largo foro. Sotto il piano, a slitta, si inseriva il vasino.

Non voglio descrivere quello che accadeva tutti i giorni.

Questa sedia era utile perché dava al frugoletto la possibilità di saper controllare gli sfinteri. Se ciò non avveniva, il vasino raccoglieva tutti gli errori…

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Sègge

Sègge o sèggje s.f. = Sedia

Mobile su cui si può sedere una sola persona, costituito da un piano orizzontale che poggia su quattro gambe, e da una spalliera.

Il fondo può essere di paglia palustre o di rafia. Quelle moderne da cucina hanno il fondo di legno laminato ricoperto da cuscino imbottito di gommaspugna.

Deriva dal francese siége.

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Segarètte

Segarètte s.f. = Sigaretta, spagnoletta

1) Segarètte = Sigaretta, rotolino cilindrico di tabacco trinciato, avvolto in un foglietto di carta sottile a lenta combustione, che si fuma, accendendolo da un lato e aspirando l’aria dall’altro dov’è munito di filtro. Nuoce gravemente alla salute.

2) Segarètte = Spagnoletta, piccolo supporto cilindrico di cartone, o di plastica attorno al quale si avvolgono i filati variamente colorati per cucire. Usatissima in sartoria.

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Sebbeletüre

Sebbeletüre s.m. = Sepoltura intesa come sepolcro, tomba, loculo..

Anticamente capitava che da un sepolcro non perfettamente sigillato provenisse il fetore dei cadaveri in decomposizione.

Allora sebbeletüre diventava un termine di paragone per indicare un miasma insopportabile:
Allà jìnde föte accüme a ‘nu sebbeletüre = Là dentro puzza come un sepolcro.

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Sdröme

Sdröme s.f. = Tecnica di pesca.

L’abbiamo vista nei film di avventura: i pescatori percuotono il pelo dell’acqua con i remi o con appositi paletti, chiamati sdrumatüre, in modo da convogliare i pesci, spaventati dal rumore, verso una rete appostata sul loro tragitto.

Usata prevalentamente per catturare i cefali, ma andava bene anche per altre specie di pesci. Non credo che sia usata ancora ai nostri giorni.

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Sderlàzze

Sderlàzze s.f. = Raschietto, nettascarpe

Si tratta di un oggetto metallico, simile alla raretöre, usato dagli ortolani per staccare la terra, quando è umida e si attacca alla lama della zappa rendendola più pesante e faticosa da sollevare. Veniva “indossato”  con un laccio passante per l’occhiello e legato alla cintura.   Parlo al passato perché nessuno più adopera la zappa manualmente, essendosi dotati di motozappa anche gli hobbisti giardinieri.

Esiste anche una sderlàzze a lama lunga come un coltellaccio, per eseguire la stessa operazione di distacco della terra dall’«orecchio» del vomere dell’aratro a trazione animale (aratro mono-vomere). Era collocato sul fusto dell’aratro, su apposito aggancio. Con un sinonimo viene detto anche ‘u raddéte.

Infine con lo stesso termine sderlàzze veniva designato una lamina di ferro, fissata in verticale ai lati degli usci delle case di campagna, per consentire ai lavoratori che tornavano dai campi, di liberarsi del fango attaccato sotto le suole delle loro scarpe. In italiano viene detta “nettascarpe” o anche, con voce regionale, “gratta-scarponi”.

Il nome sderlàzze credo si richiami etimologicamente un po’ al sostantivo terra (terra-sterra-sterraccio-sterrazze-sderlazze). È una mia deduzione, opinabile naturalmente.
In altri comuni della Daunia è detto sderrazze.

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Scurriatéte

Scurriatéte s.f. = Frustata

Colpo inferto con lo scudiscio dei carrettieri alla propria bestia (raramente) o agli importuni.

Era un deterrente per i malintenzionati vedere il conducente dei carretti sempre con lo scudiscio a portata di mano.

Se non bastasse, costui disponeva anche del paletto delle sponde, chiamato vrazzalètte= bracciuolo.

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Scupètte.

Scupètte s.f. = Spazzola


Arnese costituito da un supporto di materiale vario sul quale sono infissi setole, fili di saggina, di metallo, di plastica o altro materiale, usato per ravviare i capelli, togliere la polvere, lucidare, ecc

Scupètte p’i panne = spazzola per gli abiti.
Scupètte p’i scarpe = spazzola per stendere la crema per calzature e lucidare le scarpe;
Scupètte p’i capìlle = spazzola per i capelli.
Scupette ‘i varevjire = spazzola da barbieri, pennellessa da collo, morbida, a pelo lungo, per levare i capelli tagliati e caduti sul telo, steso sulle spalle prima di iniziare l’operazione di tosatura…

I meccanici usano, chiamandola con termine quasi italiano, ‘a spàzzele d’accjéje = La spazzola d’acciaio. In vero dialetto dovrebbe dirsi ‘a scupètte d’azzére. Ma, trattandosi di un termine tecnico, è rimasto così, ibrido, ma comprensibile da tutti.

Tenì ‘na spàzzele = avere una spazzola, significa che si sente un formidabile appetito. Credo che sia un prestito romanesco derivato del gergo militare. Venite in Marina, conoscerete il mondo!

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