Giangiàcche n.p. = Giangiacomo dal francese Jean-Jacques.
Ho sentito anche Giancècche: una signora era chiamata Giancècche ‘a vaccjüne (la vaccina)
Giangiàcche n.p. = Giangiacomo dal francese Jean-Jacques.
Ho sentito anche Giancècche: una signora era chiamata Giancècche ‘a vaccjüne (la vaccina)
Gesèppe n.p. = Giuseppe
Deriva dall’ebraico Yoseph, derivato da yasaph, “aggiungere”, con il valore augurale di “Dio aggiunga, accresca” (la famiglia, mediante i figli).
E’ il nome più frequente in Italia per via della sua matrice religiosa.
L’onomastico viene festeggiato per tradizione il 19 marzo in onore di San Giuseppe, padre putativo di Cristo.
Dal 1968 il giorno dell’onomastico del Santo coincide con la festa del papà.
Esistono diversi diminutivi in dialetto:
Pèppe (per le persone di riguardo Donbèppe)
Peppüne
Peppócce
Sasèppe (femminile)
Geseppüne (femminile)
Peppenjille e al femminile Peppenèlle.
Quest’ultimo nome mi fa venire a mente una nave da carico, la “Peppinella”, allestita da armatori locali nel 1956, che ebbe la sventura di naufragare proprio durante il suo viaggio inaugurale.
Certamente deriva da Alfonso, alla maniera napoletana come:
Totò, per Antonio
Geggè, per Gennaro
Ninì, per Nicola, ecc.
Deriva dal greco Philomenes, composto con le radici del verbo philein, “amare” e menein, “restare”, con il significato di “che resta affezionato, fedele all’amore e all’amicizia”.
L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 5 luglio in memoria di santa Filomena, vergine delle Marche.
Deriva dal nome greco Philippos, latinizzato in Philippus, formato da philo da philein, “amare”, e hippos, “cavallo”, quindi “che ama i cavalli, le corse dei cavalli”.
L’onomastico ricorre il 26 maggio in memoria di san Filippo Neri.
Il diminutivo è Peppócce = Filippuccio.
Al femminile è sempre associato a Maria, Marüjafelìppe = Maria-Filippa.
Mi hanno raccontato di una tizia con questo nome che negli anni ’40 – in epoca in cui i telefoni li avevano solo i Carabinieri e il Sindaco – si guadagnava qualche soldino portando messaggi, ambasciate, notizie e inviti da un capo all’altro di Manfredonia.
Quando nasceva un bimbo, lo portava amorevolmente in braccio – non esistevano nemmeno le carrozzine – a farlo conoscere ai parenti del neonato, lucrando l’inevitabile mancia.
Indimenticabile il ‘nostro’ Delfino Filippo, che dal 1998 scelse di vivere nelle acque del nostro Golfo… Impossibile dissociare questo nome dal delfino ‘manfredoniano’. (Foto Giovanni Simone).
Secondo me, gli fu attribuito il nome Filippo per l’assonanza con Flipper, un delfino protagonista di una fortunata serie televisiva americana degli anni ’60.
Nome invariato anche femminile, andato ormai in disuso, Filoteo/a come Teofilo, proviene dal greco e significa: ‘che ama Dio’.
Nella versione Amadeo e Amedeo (in dialetto Amédöje) deriva dal latino qui amat Deum che significa ugualmente “colui che ama Dio”, documentato a partire dall’XI secolo nella forma latinizzata di Amadeum.
Il significato in epoca più recente è stato reso in italiano quale Amodio = amo Dio.
L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 28 gennaio in memoria del beato Amedeo IX di Savoia morto nel 1472.
Se non ricordo male Amedeo Del Vecchio (chiamato da tutti don Amédöje) fu il medico condotto del Comune di Manfredonia, reponsabile della salute pubblica. Credo che eseguisse personalmente tutte le vaccinazioni ai bambini di età scolare.
Daniöle np = Daniele
Il nome biblico di Daniele deriva ebraico Daniy’el è composto da ‘dan‘= ‘ha giudicato’ e da ‘el‘, forma abbreviata dell’espressione Elohim, “Dio”, traducibile in ‘il Dio ha così giudicato’.
In greco divenne Δανιελ/Danièl e in latino Daniel e in italiano Daniele o Daniela.
Si narra che il profeta Daniele visse nel VI-VII secolo a.C. Giunto in Babilonia, ottenne cariche amministrative importanti e conquistò la stima e la fiducia del re Nabucodonosor. Ciò gli procurò le antipatie e le ire di numerosi babilonesi e lo gettarono tra i leoni, ma ne uscì miracolosamente indenne e la sua vicenda ispirò numerosi artisti.
Michelangelo lo riprodusse negli affreschi della Cappella Sistina, Bernini lo scolpì in un’opera bronzea custodita a Roma nella chiesa di Santa Maria del Popolo.
Riconosciuto santo dalla Chiesa cattolica, viene festeggiato il 21 luglio. Particolare popolarità del nome è dovuta alla cittadina friulana di San Daniele del Friuli, patria del famoso prosciutto.
Ai Manfredoniani il nome Daniele fa tornare in mente un prestigioso Albergo, stile Liberty, che si ergeva sulla Piazzetta del mercato, a ridosso della spiaggia Diomede. Fu abbattuto perché ritenuto pericolante con decreto prefettizio nel 1973.
“L’albergo Daniele, costruito nel 1912, rappresentava l’hotel di Manfredonia per eccellenza. Situato al centro del paese con la migliore vista mare, aveva una facciata in elegante Liberty (Art Noveau) ed una terrazza affacciata sulle vecchie mura”
Il poeta concittadino Lino Nenna ha scritto un sonetto dedicato a quest’albergo abbattuto:
L’Albèrghe Daniöle
Cüme ‘u vjinde gonfie
e fé parte ‘na völe,
jì partüte l’albèrghe Daniöle.
Jü te vöte, palazze müje
angöre jògge accüme e prüme.
Stjive a llà, ‘mbìzza ‘mbbìzze
fatte proprje p’ ‘i spusalìzzje.
Quanda volte te vènghe a trué e nen te tröve,
ma ‘u penzjire da quà nen me löve!
Sènde angöre códdu viulüne
ca sunöve a ‘i festüne.
Püre ‘a lüne ce cumbiaciöve
e da söle ce ‘nvetöve
danne lüce ai purtechéte
fin’a ttarde llumenéte.
‘Na debbulèzze però te pegghjöve
quèdda méne te trascuröve.
Pe ‘nu pöche de renfòrze
all’imbjite starrìsse jògge.
Traduco per i non Manfredoniani:
Come il vento gonfia e fa partire le vele, (così) è partito l’albergo Daniele. Io ti vedo, palazzo mio, ancora ogi come prima. Stavi là, proprio al limite, fatto appositamente per (il rifresco ne)gli sposalizi. Quante volte ti vengo a trovare e non ti trovo, mail pensiero di quà non mi leva! Sento ancoira quel violino che suonava al festino. Pure la luna si compiaceva e da sé si invitava, dando luce ai porticati, fino a tardi illuminati. Una debolezza ti prendeva (a causa di) quella mano ti trascurava. Con un poco di rinforzo in piedi staresti oggi (Mostravi cedimento che fu sottovalutato: con qualche consolidamento ti saresti salvato)
Daddjiche sopr. = D’Addiego.
È la forma dialettale del cognome D’Addiego. Ormai è un soprannome “quìdde Daddjiche” = quelli (appartenenti alla famiglia) D’Addiego.
Caremöle Daddjiche = Carmela D’Addiego, classe 1905, era un’amica della famiglia di mio padre.
Era una nonnina vivace, senza peli sulla lingua, molto in gamba.
Cùrpesdòmje n.p. = Corpus Domini
La solennità del Corpus Domini (espressione latina che significa Corpo del Signore) è una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa cattolica.
Si celebra il giovedì (o la domenica) successivo alla solennità della Santissima Trinità.
Rievoca, in una circostanza liturgica meno carica, la liturgia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo.
Venne istituita l’8 settembre 1264 da papa Urbano IV con la Bolla Transiturus de hoc mundo in seguito al miracolo di Bolsena. Il suo scopo era quello di celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucaristia.
Liturgicamente questa festa viene celebrata il giovedì dopo la prima domenica successiva alla Pentecoste in Italia e nei Paesi cattolici (cantoni cattolici della Svizzera, Spagna, Germania, Croazia, Polonia, Brasile e Austria).
Per ragioni contingenti attualmente in Italia è stata spostata alla domenica successiva.
Il nome strano Cùrpesdòmje è dovuto all’analfabetismo delle nostre bisnonne che ripetevano a orecchio quello che ritenevono di aver compreso (figuriamoci…) dal latino chiesastico Corpus-Dòmini.
Per esempio dicevano che d’inverno ci voleva péne e menòstre (pane e minestra…modificata). Si trattava invece dell’Incipit della seconda parte del “Pater noster”: Panem nostrum (quotidianum da nobis hodie… )= Il pane nostro (quotidiano dà a noi, Signore….ecc.)
Cungètte n.p. = Concetta
Deriva dal participio perfetto concepta del verbo latino concipere, “concepire”, e quindi “concepita” (sine labe originalis concepta = concepita senza la macchia del peccato originale).
L’onomastico si festeggia l’8 dicembre in onore dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
Esistono tanti diminutivi e vezzeggiativi nel nostro dialetto:
Cungettüne, Cungettèlle, Cettèlle, Tettüne, Tettèlle.
Questo nome mi evoca una mitica sarta con uno stuolo di giovani allieve che imparavano il mestiere nel suo laboratorio….
Noi mosconi gironzolavamo attorno alla sua sartoria, puntando qualche bella figliola. Anche loro, senza farsi notare, osservavano e forbiciavano a occhi bassi.
Mi sovviene il ritornello di una canzona napoletana classica:
…Nun c’è bisogna ‘a zingara
per dduvinà, Cungè…
Comme t’ha fatte màmmeta,
‘o sàccio meglie ‘e te.