Škardògne (o Šcardògne ) sopr.
Il nomignolo – anche nella sua variante Škardüne o Šcardïne – fu da alcuni bandisti affibbiato affettuosamente al sarto Francesco Paolo (detto Nicola) Scardino, suonatore nella Banda cittadina, acceso antifascista e di idee repubblicane.
In epoca mussoliniana, la Banda era chiamata a rendere solenne qualsiasi ricorrenza “patriottica”: Ogni volta si doveva eseguire obbligatoriamente la “Marcia Reale” e l’inno fascista “Giovinezza”.
Il nostro Nicola, per coerenza, ogni volta si rifiutò di suonare questi pezzi inneggianti al Re e al Duce, invisi alle sue convinzioni, e per questo dignitosamente ripiegava sotto il braccio il suo flicorno.
Per questo suo atteggiamento incorse nei rigori degli intransigenti gerarchi locali. Infatti fu più volte ammonito, poi malmenato con altri repubblicani, costretto a ingerire l’olio di ricino (simpatiche usanze dell’epoca), e addirittura mandato al confino come sovversivo. (Notizie attinte dal libro di Franco Rinaldi “Il Concerto bandistico di Manfredonia”).
L’atteggiamento coerente di quest’uomo deve insegnare qualcosa ai nostri signori politici, che saltano disinvoltamente nei vari schieramenti, ma anche a noi, normali cittadini, uomini della strada.
Per la sua coerenza Scardino mi è estremamente simpatico, non lo nego, al di là di ogni credo politico. Un pensiero di rispetto e di ammirazione mi sgorga dal cuore quando, andando a visitare i miei cari al cimitero, passo davanti al suo loculo e vedo questa foto sulla sua lapide.
Forse fu colui che compose la marcetta: “Hiii, có fatte nu fasciste, o dete a pórije a nú uagnóne, u uagnóne ci cachete sotte, jute au sóle e ci assuchéte, jute a morte e c lo pegghijete, hi co fatte lu fasciste, Raffajóle u baccalà”…..
Integrazione nel mezzo:” júte a mere e ci lavete”… Poi si asciugó al sole…