Ruàgne

Ruàgne s.m. = Cantero

Si tratta di un grosso contenitore cilindrico di terraglia smaltata con maniglie.  Era munito di flangia, sempre di terraglia, che fungeva da sedile circolare.

Sinonimi: prüse, cacatüre, càndere. Quest’ultimo è un termine derivato direttamente dello spagnolo càntaro = vaso, contenitore

Quando non esisteva la rete fognaria funzionava da W.C., con tanto di coperchio di legno.
Usato prevalentemente dalle donne e dagli anziani.

Gli uomini, per espletare le loro funzioni corporali (insomma per cacare),  si lanciavano nelle piantagioni di fichi d’india o negli anfratti della scogliera.
Il nostro storico vaso veniva posizionato in un punto ben nascosto della casa.

In tempi successivi fu messo in commercio il ruagne di ferro smaltato bianco col bordino blu (scusate il raffronto: aveva gli stessi colori dei piatti e dei tegami fatti col medesimo materiale detto firrefüse =ferro fuso)  forse perché, essendo più leggero, favoriva le ‘operazioni di spostamento, di svuotamento e di lavaggio.

Le donne lo portavano a svuotare la notte, quando passava per le che cittadine un nauseabondo carro-botte del Comune che immagazzinava tutti i contenuti dei ruagne e li versava fuori città, nei campi o direttamente in mare. Nella foto, tratta dalla pagina “Le Bellezze del Gargano” si vede una specie di imbuto per il  riempimento ma non il bocchettone posteriore per lo svuotamento.

L´amico Sandro Mondelli mi suggerisce che, con una sorta di rispetto, se l´oggetto doveva proprio essere nominato,  si usava aggiungere subito un deferente: pe reverènze = come dire con riverenza, con rispetto parlando.
Infatti chi nominava cose immonde (piedi o panni sporchi, porcilaia, corpo sudato, pidocchi, cesso, cacca ecc,) si affrettava ad aggiungere parlanne pe respètte.

A orecchio sembra il francese roi (leggi ruà) = Re. Chi ci sta seduto sopra sembra il Re sul trono.
Dicono che il Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone ricevesse i suoi ministri seduto pomposamente su questo simpatico oggetto.

Domenico Palmieri mi ha ricordato che scherzosamente ‘u ruagne  – a proposito di alte cariche – era chiamato anche ‘u monzegnöre, cioè usando l’appellativo con cui (sempre con tutti il rispetto) si identifica l’arcivescovo.

Luigi Beverelli mi suggerisce: «Le dimensioni del ruàgne non erano sempre uguali e famiglie numerose spesso erano costrette ad averne di dimensioni più grandi, e per citarne la capacità si indicava il numero di defecazioni che avrebbe potuto contenere, ad esempio: ruàgne da 36 cachéte.»

Ora, a questo proposito, mi piace trascrivere e recitare una poesia del compianto Michele Racioppa tratta dal volumetto «Nzinghe Nzelanghe» – Edito nel 1997 da “M. Armillotta & C. snc”

         ‘U RUAGNE
«Non pozze méje scurdé!
Cchiù de na volte non putive fé…
Grusse jöve lu fastidje,
tirarle före jöve defficile.
Ammuccéte sott’u fucarïle,
nen vedöve anema vïve;
jöve jirte nu mizze mètre,
pe döje màneche grussetèlle,
l’orle de quatte döte larje,
de cröta lócede e colore bianche.
T’assettive susperanne
“Oh, fisalmente söp’u ruagne!…»

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2 Comments

  1. Aggiungi all’elenco dei sinonimi “p’reverenze”.

  2. Fatto. Grazie Sandro.


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