Cazze e chegghjüne e Mecalàngele müje

Cazze e chegghjüne e Mecalàngele müje

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Alla lettera: Cazzo e coglioni, e Michelangelo è mio.

Ossia gira e volta ma i guai sono i miei.

Una frase piena di amarezza. Può significare, ridiamo e scherziamo tutti, ma alla fine tocca a me risolvere i problemi.

Origine ipotetico del detto.

Una donna incinta, guarda con molta apprensione il suo futuro.

Il responsabile, come quasi tutti i maschietti irresponsabili, si è defilato e la poverina si è trovata con il figlioletto Michelangelo suo. Abbiamo giocato in due ma resto io da sola ad allevare il pupo.

Successivamente, passando di bocca in bocca, il suo pensiero sarebbe diventato un modo di dire.

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Càzze a ljitte e ciànne spjirte

Càzze a ljitte e ciànne spjirte

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Mentre l’uomo è in casa, la donna è fuori.

La traduzione letterale (scusate la volgarità, ma il detto è questo…): il cazzo (nel senso di lui) sta a letto e la vulva (nel senso di lei) è indaffarata fuori casa.

Si cita scherzosamente questo detto allorquando, entrando in casa di amici per un saluto, invece di trovarvi la coppia, ci si imbatte nel capo famiglia solo in casa, perché la consorte è uscita per sbrigare faccende, magari anche impegnative, incombenze che più opportunamente avrebbe dovuto svolgere lui.

E che facjüme quà, cazze a ljitte e ciànne spjirte? = E che facciamo qui, lui dentro e lei fuori?

Nessuno si offende e si finisce con una bella risata.

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Carnevéle uàste e aggióste !

Carnevéle uàste e aggióste !

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Carnevale guasta e ripara.

Il significato è abbastanza semplice: prendi tutto con calma!
Può sembrare che un evento porti nocumento (vi piace questa parola?) e invece si risolve bene.

Si chiude una porta e si apre un portone.
Il motto è indissolubilmente legato al carnevale di Manfredonia a causa di tutte le coppie che “scoppiavano” (si dividevano) e si formavano durante i festeggiamenti.

Nella foto di Bruno Mondelli compare “Ze Peppe”, il simbolo del Carnevale  manfredoniano.

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Cambéna sànde ca jìsse jì stéte

Cambéna sànde ca jìsse jì stéte

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(Il suono della) campana (santa, della chiesa, che sta giungendo proprio in questo momento, conferma i miei sospetti) che lui è stato (l’autore del misfatto).

Il Detto praticamente potrebbe tradursi con la locuzione: Ci puoi giurare

Quando si cerca il colpevole di qualche malefatta, e si esprimono dei sospetti, può capitare un evento ritenuto rivelatore che conferma le congetture espresse.
In questo caso è il suono il sopraggiunto concomitante suono della campana della chiesa, quindi un segnale sacro che viene dall’Alto.
Allora i sospetti sono davvero fondati! Il dubbio che diventa certezza, senza alcuna prova.

Roba da far inorridire qualsiasi giurista.

Grazie a Enzo Renato per lo spunto fornitomi su facebook

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Ca te vònn’acciüde

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Che ti vogliano uccidere.

È un’imprecazione (simile al romanesco va a morì ammazzato o morì-ammazzato) vivace e immediata contro qlcu che ci procura un danno, un dolore fisico, un inganno, ecc.

Esistono numerose varianti, naturalmente: ca t’anna acciüde, ca t’anna sparé, ca t’anna ‘mbènne = che ti debbano uccidere, che ti possano sparare, che ti vogliano appendere (nel senso di impiccare), ecc.

Per completare il simpatico augurio, segue immancabilmente la specificazione del destinatario, caso mai non si capisse bene: ‘stu desgrazzjéte!= questo farabutto!

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Ca jüje mandènghe e mandènghe…

Ca jüje mandènghe e mandènghe…

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Che io sopporto e sopporto…

Qlcu completa la frase rimasta intenzionalmente in sospeso:

e po’ te lu fazze vedì quante lu tènghe! = …e poi ti faccio vedere quanto lo tengo!

Che cosa? Il fegato ingrossato dalla rabbia repressa?

Ogni pazienza ha un limite!

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Bòngiorne ciócce chernüte…

Bòngiorne ciócce chernüte…

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Il Detto completo recita così:

Bòngiorne ciócce chernüte,
apprüme ha mangéte e pòje sì venüte!

Ossia: Buongiorno, asino cornuto, prima hai mangiato e poi sei venuto!

E’ il saluto un po’ sarcastico rivolto all’amico che, chiamato per un’impellenza, si è presentato solo dopo aver sbrigato le sue faccende.

Mi assale un ricordo dolce.
Mia madre mi sollecitava ad arrivare in orario alla Messa, altrimenti questo “rimprovero” (escluso l’aggettivo “cornuto”,  disdicevole per  un bambino) l’avrebbe pensato Nostro Signore, vedendomi arrivare in Chiesa quando la Celebrazione era già iniziata.

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Bbune-bbune e scàzze ì trùne

Bbune-bbune e scàzze ì trùne

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Questo Detto calza con il corrispondente italiano “Acqua cheta logora i ponti”.  Come per amonire di non fidarsi  di coloro che sembrano calmi e tranquilli perché sanno tirar fuori qualità impensate, sorprendenti.

Il soggetto bbune-bbune (tranquillo, silenzioso) schiaccia i tuoni.

È necessario spiegare alle nuove generazioni che i “tuoni” ‘i trùne in questo caso indicano dei potenti petardi (botte a muro) inesplosi.
Ebbene inaspettatamente il nostro soggetto li calpesta incurante del pericolo, mostrando coraggio e decisione.

Ovviamente si parla per metafora, come per evidenziare che quella persona, senza far strepito va direttamente al concreto.

È usata, con lo stesso significato, una seconda edizione di questo Detto: Cìtte-cìtte, scàzze ‘i trùne

Sono valide entrambe le versioni; la scelta dell’una o dell’altra dipende dal parlante e dalla maniera in cui l’ha memorizzata.

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Avì pavüre ca ‘u cüle arròbbe ‘a cammüse

Avì pavüre ca ‘u cüle arròbbe ‘a cammüse

Temere che il culo rubi la camicia.

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Ci sono due correnti di pensiero sul significato di questo detto:

1 – Essere sospettosi al massimo grado. Non infila nemmeno i lembi della camicia nei pantaloni per timore che vengano divorati dal suo culo…;

2 – Essere avaro, gretto, taccagno, spilorcio, sordido. Si tiene stretta la sua roba per paura di perderla.

Io propendo per la n. 1.
Chiedete alle nonne e replicate! Così si mantiene memoria storica della nostra parlata.

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