Ndiscià sopr. = De Salvia
Secondo alcuni è una corruzione del cognome De Salvia, storpiato in dialetto passando di bocca in bocca per tante generazioni. Ma potrebbe significare anche “che vive nella zona Sciali, o che proviene da essa”.
Chiarisco subito che Sciale ( ‘u Scéle), nella toponomastica locale, significa terreno sabbioso costiero, una volta acquitrinoso e impaludato che si estendeva da Siponto a Zapponeta
Molta gente, prima della bonifica, traeva il suo sostentamento vitale da quella palude . In dialetto le persone che ogni giorno si recavano ‘nd’i scéle, venivano chiamati “scialajùle”. Costoro vivevano di caccia o più semplicemente catturando anguille, o tagliando giunchi per farne canestri, scope e fondi di sedie, o raccogliendo sanguisughe da vendere alla farmacia per taluni malanni che richiedevano il salasso.
Allora quidd’indiscià, possono essere sia i De Salvia, sia più genericamente “quelli che vivevano negli Sciali”. Rimarremo sempre in dubbio o in attesa di una smentita.
I membri della famiglia Ndiscià, i De Salvia, sono tutti musicanti, dall’orecchio e dal gusto musicale sopraffino, che hanno operato per tutto il Novecento, e tuttora Peppino, il figlio maggiore di Pietrino, è attivo col il mandolino e il violino ad allietarci nelle serate estive; l´altro, Tony, diplomato in clarinetto al Conservatorio, suona anche il sax, la chitarra e altri strumenti a corda.
Ricordo Jennére, Gesèppe e i suoi figli Ndenjócce, Petrüne, Lelüne.
Un certo Ze Luìgge, loro antenato, negli anni ’20 aveva allestito una scuola di ballo frequentato da pescatori che volevano imparare i passi fondamentali. Suonavano in casa la sera, lui, la moglie e i figli, per guadagnare qualche lira.
È proverbiale la risposta a tempo di musica, di Ze Luìgge ad un allievo ballerino che gli chiedeva di suonare, a credito, una ´bella mazurka`: “Te vògghje avì pròprje crèdde” = ti voglio proprio credere.
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