Chi sté alla chése, böna fertüne li trése
Alla lettera: chi sta alla (propria) casa, buona fortuna gli entra. In italiano un po’ più corretto: “Chi resta in casa propria, guadagna buona fortuna”.
Ossia non si espone a pericoli: aggressioni, tumulti, piovaschi, litigi, incidenti, borseggi, cadute, ecc.
Quindi, per prudenza, sarebbe meglio rimanere tappati in casa. Troppo riduttivo e pessimista.
Ovviamente veniva enunciato a posteriori, ossia a disgrazia avvenuta, da qualcuno lì presente, al posto di esprimere parole di conforto, con significato di: “Avresti fatto bene a rimanere in casa!”….
Una specie di rimprovero/beffa. Il malcapitato, se ancora lucido, lo avrà mandato quel paese.
Questo proverbio è decisamente contraddittorio con quell’altro che dice: chi jì fèsse, stèsse alla chése.
Esiste la variante finale….. “böna jurnéte li trése” = guadagna una giornata, intesa come compenso di lavoro. Questo è riferito alle donzelle, che si applicherebbero alle faccende di casa invece di andare scussiànne!
Ringrazio il lettore Roberto Trotta per avermi dato lo spunto a redigere questo post.
Chi camìne allècch, chi n’n camìne assècch!
E’ il contrario di quanto sopra. Allora. quando si andava a far visita a qualche amico o parente, si uscivano taralli e pasticcini al momento e, a fine visita, si portavano a casa un fazzoletto pieno di taralli, puprète, scavétatille, oppure uova fresche da bere, un cesto di verdure di stagione, insomma si usciva a mani piene, con la considerazione finale che riconosceva la convenienza della visita fatta!!
Nei proverbi ci sono anche evidenti contraddizioni:
Ti ricordi che “L’abito non fa il monaco”? ebbene c’è il contrario “Vesti un ceppo che sembra un Barone” (Vjiste ceppöne ca pére baröne).