Sòrve s.f. = Sorba, sorbola.
Va pronunciata con la ò larga (‘a sòrve). Se invece si usa la ó stretta (‘u sórve) il significato, al maschile, cambia!: il sughero.
“Il Sorbo (Sorbus domestica) è un albero della famiglia delle Rosacee, che cresce anche spontaneo ai margini dei boschi nei Paesi del Bacino del Mediterraneo
Di questa specie esistono due varietà: una con frutti piriformi (simili a piccole pere), e l’altra con frutti rotondi (simili a piccole mele). I frutti di questa specie venivano in passato usati a scopo alimentare, ma oggi non vengono quasi più consumati. I frutti del sorbo sono chiamati sorbe o sorbole e hanno la particolarità di completare la maturazione dopo la raccolta, pertanto vanno conservati e lasciati maturare ulteriormente finché “ammezziscono”, cioè diventano morbidi e saporiti.”
Fin qui quello che riporta Wikipedia, testo e foto.
È opportuno aggiungere la solita nota fonetica. Diciamo sòrve, o anche sòreve perché, con retaggio del dominio spagnolo che ha lasciato tracce anche nella lingua parlata, la b e la v si pronunciano allo stesso modo. Esempi?: vràzze, varvjire, àreve = braccio, barbiere, albero.
Come è ormai consuetudine, inserisco un ricordo personale legato all’argomento trattato. Scendeva periodicamenmte dalla montagna un tizio che vendeva capperi, corbezzoli e sorbe, a seconda della stagione.
Lanciava il suo grido con voce squillante e possente. Chjapparììììììne! Mbriachèèèèèlle. Ca tènghe li sòòòòòrve! . Poi, inaspettatamente in italiano, gridava: “comprateli che sono buoni!”
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