Škattjille

Škattjille o šcattjille  s.m. = Schiocco

Era un gioco infantile poverissimo che si svolgeva a coppie.

Si raccoglieva del fango, possibilmente argilloso, dopo una pioggia e si facevano due parti rigorosamente uguali per i due contendenti.

Con esso ognuno dei due plasmava una piccola tazza e alternativamente la sbatteva sul marciapiede con i bordi in giù: l’aria inglobata, per l’urto, faceva “sculacchiare” il fondo con un piccolo botto “pah!”(’u škattille).

L’avversario allora doveva togliere un pezzo del suo impasto, fare una pezza, e chiudere la lacerazione provocata dallo schiatto. Si rimpastava tutto e si ricominciava. Vinceva chi faceva i buchi più grossi al proprio manufatto in modo da costringere il contendente a ridurre sempre più il suo malloppo di fango.

Se l’impasto si asciugava…beh, una sputacchiata o due ogni tanto lo ammorbidiva convenientemente.

Immaginate le condizioni igieniche: fango raccolto dalle strade, battute da galline, asini, pecore e capre. Gli sputi erano la parte meno inquinante del cocktail della nostra “plastilina”.

Meno male che noi monelli di strada all’epoca avevamo gli anticorpi congeniti nel nostro DNA, altrimenti non staremmo qui a raccontare come si giocava allo škattjille.

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1 Comment

  1. U Škattjille era anche un giocattolo, una specie di origami, fatto con un foglio di carta, debitamente piegato, che quando veniva rapidamente mosso nell’aria si apriva facendo un rumore di schioppo.
    Škattjille era anche il soprannome di un mio amico di strada, Michele (non ricordo il cognome), forse ereditato dalla sua famiglia.


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