Cavedére s.f. = Pentola.
Grossa pentola per cuocere la pasta ( ‘i maccarüne).
Il termine deriva dal latino calidarius = caldaia, pentola.
Una volta le facevano di rame. Per evitare avvelenamenti da ossido la parte interna veniva sempre coperta da un bagno di stagno fuso.
Passava un ambulante per le vie di Manfredonia, con la sua brava forgia portatile, e stagnava, le pentole di rame. A volte anche gli zingari girovaghi facevano questa operazione. Spesso passavano nello stagno fuso anche le posate di ferro perché non era ancora conosciuto l’acciaio inox.
Quando è proprio grande di chiama cavedaröne = marmitta, pentolone.
Se la massaia abbonda un po’ nel fare le porzioni della minestra si dice:
avàste! ne’mmettènne cchjó! Ha’ fatte ‘nu cavedaröne de pàste! Chi ca ce lu’ ha mangé? = Basta! Non metterne più! Hai fatto un calderone di pasta! Chi se la deve mangiare?
Per preparare il ragù si usa “ ‘a tièlle” o “a tjillózze”
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