Mese: Maggio 2018

Maccaröne

Maccaröne s.m. Pasta alimentare; Ghiozzo; Sempliciotto.

Generalmente il sostantivo è usato al plurale: ‘i maccarüne.

1) I maccheroni sono un tipo di pasta alimentare ottenuta impastando solo semola di grano duro e acqua.  Conditi in vari modi rappresentano un piatto tipico della cucina italiana.
Noi comunemente intendiamo una varietà  a forma di cannello cavo, piuttosto lungo (gli ziti), o anche fatta in casa usando un ferretto a sezione quadrata (clicca→ Mèzze-fainèlle).
In Abruzzo vengono chiamati Maccheroni alla chitarra certi spaghettoni (a sezione quadrata, somiglianti ai nostri “troccoli”), fatti in casa adoperando un telaio con tanti fili tesi a distanza pre-determinata. L’impasto, passando sopra la “cordiera”, viene tagliato con l’aiuto di un matterello.

Sentite cosa scrive l’Enclopedia Treccani: «forse dal greco μάκαρ (leggi màkar), ossia “beato”, epiteto che si dà ai morti: in origine si sarebbe indicato con questo nome un cibo che si consumava nei banchetti funebri.»
Insomma il nostro a bbun’àneme.

2) Pesce di scoglio dalla pelle scura, piuttosto comune in Adriatico (Ghiozzo niger o Ghiozzo paganellus). Facile da catturare. Una frittura di maccarüne è veramente molto invitante.

Nel Barese lo chiamano Goggione, Gobbione o Babbione, in Romagna Paganello, nel Napoletano Mazzone.
Tutti sinonimi di fessacchiotto.

3) Come aggettivo quindi vale sciocco, credulone, babbeo, tontolone, sempliciotto.

Giuà, sì pròprje ‘nu maccaröne = Giovanni, sei proprio un fessacchiotto

Filed under: MTagged with:

Maccàgne

Maccagne s.f. = Bonaccia

Totale assenza di vento. In italiano si dice bonaccia morta, così in dialetto è maccàgna morte e in tempi più recenti anche bunazza mòrte.

Gergo marinaresco. La bonaccia, nei tempi in cui la marineria si muoveva solo con trazione remo-velica, era temuta come la tempesta.
La prima perché non consentiva l’uscita per la battuta di pesca, né tantomeno il rientro a terra.
La seconda perché metteva a repentaglio la vita stessa dell’equipaggio.

Derivazione probabile dalla fusione di manganze (mancanza, assenza) e da majagne (magagna, carenza). Non ci giurerei su questa mia intuizione, come sempre. Ci sono fiori di linguisti che ne sanno molto più di me.
A voi la parola!

Un vecchio pescatore nonagenario ha sollevato un distinguo: maccagna morte indica la totale assenza  di vento, ragion per cui il mare è liscio come l’olio.  Invece con la bunazza morte il vento è appena appena percettibile ma non ha energia per gonfiale le vele, e il mare è lievemente increspato.

Filed under: MTagged with:

Macàcche

Macàcche sopr. = Macchinista-meccanico

Può essere una storpiature, o una deformazione di ‘macchinista-meccanico’, per canzonare i Montanari che usano termini come macanìste e macàneche.

Può significare anche: qlcu non molto grazioso, goffo e simile ad un Macaco (Macacus rhesus), scimmia nota perché su di essa furono condotti gli esperimenti per determinare il fattore RH del sangue umano.

Filed under: Soprannomi

Lupüne

Lupüne s.m. = Lupino

È una pianta annuale che attecchisce, grazie alla sua straordinaria adattabilità a terreni difficili, dove le altre leguminose falliscono.
Conosciuta fin dall’antichità nel bacino del Mediterraneo.

I lupini coltivati in Europa appartengono a tre specie: lupino bianco (Lupinus albus), lupino giallo (L. luteus) e lupino blu o azzurro (L. angustifolius).

Come tutti semi delle leguminose, quelli di lupino sono ricchi di proteine (fin oltre il 35%) anche se non privi di vari inconvenienti. Infatti essi contengono alcaloidi amari e/o velenosi che devono essere eliminati mediante prolungato lavaggio perché possano essere adoperati nell’alimentazione umana o animale.

I lupini, assieme ai semi di zucca, ai ceci arrostiti, alle fave abbrustolite, alle castagne lesse, erano venduti in cartocci di carta davanti ai cinema, ed erano noti anche con la voce generica di salatjille o spassatjimbe.

Filed under: LTagged with:

Luöre

Luöre  agg. = Vero

Che corrisponde alla realtà, alla verità, che è effettivo, reale.

Te sì accòrte ca quànne parléme ‘ndialètte allunghéme ‘i paröle? Veramèeeeende? Sìììì, jì luööööre!… = Ti sei accorto che quando parliamo in dialetto allunghiamo le parole? Sul serio?…Sììììì, è veeeeero!

– Jì luöre ca te sì accattéte ‘na chése? – Sì, jì luöre, agghje fatte ‘u dèbbete alla Banghe. – E bréve a jìsse! = È vero che ti sei comprato un appartamento? Sì, è vero, ho contratto un mutuo con la Banca. Sei stato inaspettatamente bravo.

Filed under: LTagged with:

Lunghètte

Lunghètte s.f. = Ago da reti

Ago da reti, è chiamato lunghètte perché è lungo e adatto a raccogliere le maglie rotte nell’operazione di rammagliatura (‘ngunacchjé o accumacchjé i rüte = rammendare le reti).

Viene chiamata anche lenguètte, per la sua lamella centrale per il suo aspetto piatto e sottile.

Si tratta di un attrezzo usato per rattoppare e rammagliare le reti da pesca. Generalmente è fatto a mano con legno di olivo, che è elastico e resistente. Credo che ora siano di plastica.
La parte superiore termina a punta e quella posteriore a coda di rondine.
Il filo viene passato tra il sostegno, la linguetta [ricavata incidendo il corpo della lunghètte tanto da formare un lungo “dente”] e la parte inferiore mediante numerosi avvolgimenti e viene rilasciato man mano che si procede alla rammagliatura della rete in riparazione.

Esiste anche quella metallica, formata da un’asticciola di ferro di circa 15 cm, con le due estremità terminanti a forchettina a due rebbi. Il filo è avvolto dall’una all’altra estremità, a matassa.

Filed under: LTagged with:

Lunedì de Sepònde

Lunedì de Sepònde avv. = Lunedì in Albis

In tutta Italia il Lunedì di Pasqua, detto familiarmente Pasquetta, viene dedicato tradizionalmente ad una scampagnata. Dopo l’inverno le prime giornate tiepide di primavera invogliano a stare all’aperto.

Il lunedì dopo Pasqua, per antonomasia, si chiama de Sepònde = di Siponto, perché per secolare tradizione, quel luogo così prossimo a Manfredonia, era ed è raggiungibile a piedi.

La visita alla Madonna era un irrinunciabile dovere spirituale Poi il resto della giornata era dedicata allo svago.

I ragazzotti si avventuravano a Škòppe – come veniva anche identificata Siponto – fin dal mattino, con un fagottino contenente un paio di fette di pane ed una frittatina premurosamente preparata dalla mamma, e una bottiglietta di acqua. Anche le donzelle, doverosamente accompagnate da qualche zia adulta, si portavano nella pineta di Siponto. Qualche giovanotto portava anche una fisarmonica… In questa atmosfera bucolica sbocciavano anche tenerissimi idilli e giuramenti d’amore.
Insomma una cosa schietta e all’insegna della serenità.

Le persone più anziane che non volevano rinunciare alla tradizione si servivano di una delle carrozzelle pubbliche, che allora fungevano da taxi a trazione animale, che sostavano in attesa di clienti vicino al binario tronco della ferrovia a Manfredonia-Città.

A Siponto, prevedendo l’arrivo della gran folla, si installavano di buon ora, nei pressi della Basilica, gli immancabili venditori di noccioline e gassose, nella speranza di fare lucrosi affari. In un periodo con scarsa moneta in tasca non credo che facessero quei grossi guadagni sperati….

Filed under: LTagged with:

Lumüne

Lumüne s.m. = Luminello  a olio

In italiano la voce lumino (simile al nostro lumüne) indica un cilindretto di cera con stoppino incorporato da noi detto ceròtte.
Con il nome di lumüne, si intende il luminello, formato da uno stoppino cerato passante per un supporto di carta e uno di sughero per consentirne il galleggiamento. La sua parte inferiore pescava nell’olio lampante (olio di oliva di infima qualità, immangiabile  e usato per alimentare lampade a olio, da cui il nome).

I luminelli una volta accesi piano piano consumavano l’olio su cui venivano posti. L’insieme, contenitore (di solito un bicchiere di vetro, acqua per 2/3  olio per 1/3 e luminello) era chiamato ‘a lambe (lumino a olio). Le nostre nonne l’accendevano davanti a immagini sacre o a foto di parenti defunti (..et lux perpetuam luceat eis…).

Galleggiando sull’olio il luminello innalzava la fiammella quasi al livello del bicchiere, evitando così di surriscaldarlo e scongiuravano il rischio di rottura del vetro.

Quanto tutto l’olio era consumato l’acqua sorbita dallo stoppino faceva sfrigolare per un po’ la fiammella, e subito dopo la smorzava. Si avvertiva un po’ di puzza, ma si annullava in questo modo anche il pericolo di incendi.

I lumini fino a pochi decenni fa erano confezionati rigorosamente a mano da qualche donnetta che ci guadagnava qualcosa vendendoli a dozzine. Poi sono stati messi in commercio i lumini industriali, formati dal solito stoppino che pesca nell’olio sorretto da una specie di treppiedi di alluminio e un dischetto di sughero, tuttora usato dalle nonne fondamentaliste, intransigenti sulle loro tradizioni.

Per il suffragio dei defunto – dicono – ci vuole l’olio, perché più efficace!
Che facciamo con questa moderna cera? Non parliamo poi dei lumini a pila!

Filed under: LTagged with:

Lüme-lüme

Lüme-lüme loc.avv. = Fiocamente, impercettibilmente

L’avverbio è riferito ad un ricordo non troppo nitido, ad una visione lontana dove gli oggetti messi a fuoco si percepiscono ma non sono distinguibili con certezza.

Presumo che derivi da lume, luce debole vista da lontano.

Ricordo che ‘u lume era la lampada a petrolio usata in passato per l’illuminazione domestica.

M’arrecòrde lüme-lüme a nanònne = Ho un ricordo molto vago di mia nonna.

Filed under: LTagged with:

Lulìzzje

Lulìzzje s.f.= Liquirizia

La liquirizia (Glycyrrhiza glabra) è un arbusto alto fino a due metri appartenente alla famiglia delle Leguminose.

Con lo stesso nome viene indicato l’estratto vegetale ottenuto dalla bollitura della sua radice ed usato nell’industria dolciaria per confezionare caramelle.

Quello di nostro interesse era un bastoncello ricavato tagliando un po’ della sua radice.

Si cercava la pianta nelle campagne di Siponto, e se ne estraeva un pezzo di radice tagliandolo con un coltellino. Questo stecco, pulito alla meglio e si masticava a lungo, sfilacciando le fibre (sputate a parte) e succhiando il suo sapore dolciastro e profumato.

Gli sputi erano vivacemente colorati di giallo…puah!

Filed under: LTagged with: